Jakubowska, Wanda
Regista cinematografica polacca, di origine ebraica, nata a Varsavia il 10 novembre 1907 e morta ivi il 25 febbraio 1998. Prima donna regista del suo Paese, svolse un ruolo decisivo, sia sul piano artistico sia su quello organizzativo, nelle due fasi di rinascita del cinema polacco, all'inizio degli anni Trenta e alla fine degli anni Quaranta; di notevole rilievo fu anche il suo lavoro didattico. Il suo nome è tuttavia legato soprattutto a Ostatni etap (1948; L'ultima tappa), il primo film incentrato sul tema dei lager.
Laureatasi in storia dell'arte all'università di Varsavia, nel 1929 fu tra i fondatori della START (Associazione dei sostenitori del film artistico), molto vicina al partito comunista, che aveva come obiettivo principale il sostegno al cinema di qualità e il finanziamento di cortometraggi di avanguardia. Nonostante la sua breve vita (si sarebbe infatti sciolta nel 1935), l'associazione offrì un notevole contributo al rinnovamento e alla sprovincializzazione di un cinema nazionale che, con l'avvento del sonoro, era entrato in una grave crisi produttiva e di idee: tra i suoi membri si contano infatti quasi tutti i principali registi dei primi anni del dopoguerra. Fu in quest'ambito che la J. si dedicò alla regia come documentarista, quasi sempre in collaborazione con altri, secondo principi di lavoro collettivo e di rigoroso realismo direttamente ispirati alla scuola documentaristica britannica di quel periodo. Girò così diversi cortometraggi, tra cui due dallo stesso titolo, Reportaż aktualności (Cronaca di attualità), entrambi del 1932, con Eugeniusz Cękalski e Jerzy Zarzycki, e Budujemy (1934, Costruiamo), ancora con Cękalski. Nello stesso anno passò al lungometraggio a soggetto con il film Przebudzenie (Risveglio), diretto insieme ad Aleksander Ford. Nel 1937 fu tra i fondatori della SAF (Cooperativa di autori di film), che riprese il programma della START. Poté così girare nel 1939, insieme a Karol Szolowski, il suo primo lungometraggio documentario, Nad Niemnen (Sul Niemnen). Di tutte queste opere non rimane alcuna copia perché, all'indomani dello scoppio della Seconda guerra mondiale, le pellicole furono distrutte dai bombardamenti tedeschi. Nel 1942 fu arrestata dai nazisti e rinchiusa prima nel campo di sterminio di Auschwitz e poi in quello di concentramento femminile di Ravensbrück; riuscì a stento a sopravvivere. Da questa esperienza nacque Ostatni etap, che descrive con crudo verismo la condizione delle donne detenute ad Auschwitz. Il film fu interpretato dalle stesse sopravvissute, alcune delle quali furono persino costrette, per mancanza di comparse disponibili, a indossare le divise delle guardiane del campo; non erano attrici professioniste, per cui fu usato spesso un linguaggio vicino al parlato, o addirittura dialettale. Il tono della narrazione è quindi di tipo quasi documentaristico, fortemente influenzato dalle teorie di Vsevolod I. Pudovkin (che la J. considerò sempre il suo maestro). L'efficacia della denuncia, tuttavia, è in parte compromessa da alcuni eccessi di retorica, e da un ottimismo semplicistico evidente soprattutto nel finale (peraltro molto criticato), che riecheggia quelli del cinema russo del tempo; i condizionamenti politici dell'epoca sono palesi anche nell'esaltazione del ruolo dell'Armata rossa, e nel fatto che la persecuzione subita dagli ebrei venga messa nettamente in secondo piano rispetto a quella degli antinazisti. Ostatni etap richiese un impegno enorme alle esangui forze del Paese (nei tre anni precedenti si erano potuti produrre solo due lungometraggi), e per la logistica si dovette chiedere l'aiuto dell'esercito sovietico. Primo film polacco a essere distribuito all'estero, ebbe un grande successo e ricevette premi in molti Paesi. Pur nei suoi limiti, rimane tuttora uno dei pochissimi a trattare con austera semplicità e con sincera ma misurata commozione un argomento che in Occidente sarebbe stato affrontato in seguito in maniera ben più superficiale. La sua importanza, grande sul piano internazionale, fu decisiva per la rinascita del cinema polacco, e pari a quella del contemporaneo Ulica graniczna (1948; Fiamme su Varsavia) di A. Ford.
Nel 1949 la J. divenne insegnante alla scuola di cinematografia di Łódź. Se sul piano didattico e organizzativo nella prima metà degli anni Cinquanta la sua attività continuò a essere di grande rilievo, non altrettanto avvenne per quanto riguarda l'opera strettamente registica. Lo stretto controllo esercitato dal governo la costrinse a limitarsi a piatte biografie di personalità eroiche del passato, la principale delle quali fu Żołnierz zwycięstwa (1953, Il soldato della vittoria), la storia di Karol Świerczewski, detto 'il generale Walter', celebre comandante delle Brigate internazionali nella guerra civile spagnola (1936-1939). La liberalizzazione seguita alla morte di Stalin (1953) permise una certa autonomia sul piano delle idee e un relativo decentramento; la casa di produzione statale Film Polski fu quindi suddivisa nel 1955 in otto zespóly filmowe ("gruppi filmici"), dotati di forte libertà: la J. fu nominata direttrice di uno dei più importanti, che venne chiamato START in ricordo dell'associazione degli anni Trenta. La qualità dei film da lei diretti si giovò immediatamente di questo nuovo clima: è del 1955 Opowieść atlantycka (Confidenze), la vicenda di un soldato tedesco che ritorna nei luoghi dove aveva combattuto, un soggetto che sarebbe stato impensabile pochi anni prima. Nel 1958 una nuova svolta autoritaria comportò la chiusura dello START e un parziale ritorno alla centralizzazione. Sul piano artistico, tuttavia, in quegli anni il controllo governativo non fu mai, nemmeno nei momenti peggiori, rigido come nel periodo staliniano; i successivi film della J., anche se ben lontani dalla forza di Ostatni etap, riuscirono perciò a mantenersi su livelli dignitosi, soprattutto i due che formano con quest'ultimo una sorta di ideale 'trilogia dei lager': Spotkanie w mroku (1960, Incontro nelle tenebre) e Koniec naszego świata (1964, La fine del nostro mondo). Il suo lavoro come insegnante nella scuola di Łódź, che non aveva mai subito limitazioni, fu messo in discussione in occasione della campagna antisemita seguita ai moti studenteschi del marzo 1968: insieme ad altri professori di origine ebraica fu costretta a dimettersi. Riammessa nel 1971, in conseguenza del ricambio ai vertici del partito provocato dalla rivolta operaia di Danzica, la nuova stretta del 1974 la costrinse però ancora una volta, e definitivamente, a lasciare la scuola. Da allora, fino al suo ritiro nel 1988, poté dirigere, con grandi difficoltà, soltanto tre film di scarso rilievo.
Il ritorno della Polonia alla democrazia, dopo il 1989, comportò anche la riabilitazione ufficiale dei cineasti emarginati nel periodo precedente: alla J., in particolare, la televisione pubblica dedicò, nel 1993-94, due documentari biografici di Andrzej Czekalski, Notacjia ‒ Wanda Jakubowska (Nota ‒ Wanda Jakubowska) e Kino kino kino (Cinema cinema cinema).
D. Karcz, Wanda Jakubowska, Berlin 1967; G.A. Foster, Women film directors, Westport (CT)-London 1995, ad vocem.