WANYAMWESI (anche, Banyangwezi, Banyamwezi)
Popolazione bantu stanziata nella regione dell'Unyamwesi del territorio del Tanganica (Africa orientale).
Appartengono alla razza negra, sono di statura media, muscolosi, generalmente di pelle oscura, il viso è relativamente sottile. Il naso e le labbra sottili rivelano infiltrazioni di elementi camitici (Wahima, Watussi), evidenti particolarmente nelle famiglie dei capi. Attualmente quasi tutte le tribù si dedicano principalmente all'agricoltura alla zappa e all'allevamento del bestiame, per lo meno là dove la mosca tsè-tsè non l'ha distrutto. La sorveglianza degli armenti di zebù viene generalmente affidata a pastori Wahuma, immigrati dall'Urundie dall'Uha. I Wanyamwesi abitano in capanne cilindriche con tetti sferici, spesso di ampie dimensioni, o in costruzioni a forma di tembe (la temba più semplice, alta due metri, profonda al massimo tre e di varia lunghezza, ha la forma di un carro da trasporto ricoperto da un tetto a vòlta o ad uno spiovente. Le pareti sono di travi, ricoperte di un intreccio rivestito d'argilla. Il cortile della "temba" serve da chiuso al bestiame. Prima che venissero introdotti tessuti europei, gli uomini portavano un grembiule di cuoio pendente davanti e di dietro, le donne uno scialle di corteccia avvolto ai fianchi; nelle regioni meridionali si confezionavano anche grezze stoffe di cotone tessute a mano.
La vita sociale assume presso i Wanyamwesi forme patriarcali o matriarcali. La religione si compone principalmente di un culto intensivo degli antenati, con rappresentazioni totemiste. Possedere lo stesso totem è considerato un impedimento al matrimonio (esogamia); i totem vengono anche venerati. Oltre al culto degli avi, la fede nella magia sotto varie forme ha grande importanza nella vita religiosa.
Bibl.: F. Stuhlmann, Mit Emin Pascha ins Herz von Afrika, Berlino 1894; id., Beiträge zur Kulturgeschichte von Ostafrika, ivi 1909; P. Fr. Bösch, Les Banyamwezi, Münster in W. 1930; W. Blohm, Die Nyamwezi, I, Land und Wirtschaft, Amburgo 1931; II, Gesellschaft und Weltbild, ivi 1933.