Vedi WARKA dell'anno: 1966 - 1997
WARKA (Uruk)
Località dell'Iraq meridionale, situata 20 km a N dell'Eufrate, corrispondente alla città sumerica di Uruk, che ha dato il nome ad una delle fasi della Preistoria mesopotamica, fra il 5000 e il 3000 a. C.
I resti della città, i quali si estendono su un'area di 5 km2, furono visitati nel 1850 e nel 1854 da W. K. Loftus, che vi rinvenne tessere musive, un tempio e sarcofagi di età parthica. Scavi regolari furono intrapresi a partire dal 1912 sotto gli auspici della Deutsche Orient-Gesellschaft di Berlino: in 11 campagne, dal 1928 al 1939, affiorarono reperti di grande valore che gettano viva luce sulla cultura preistorica e protostorica della Mesopotamia. Dopo la seconda guerra mondiale, gli scavi furono ripresi da J. H. Lenzen e continuano tutt'ora sotto la sua direzione.
Le più antiche testimonianze archeologiche di Uruk (la biblica Erech) cui la Lìsta dei re sumerica attribuisce 5 dinastie mitiche e che conta tra i suoi sovrani Tammuz e Gilgamesh (v.), datano al periodo di el-῾Ubaid (livelli XVIII-XV). La ceramica distintiva di questa fase, del tipo detto di ῾Ubaid I e che continua sporadicamente nei livelli successivi fino al VII con la varietà di ῾Ubaid II, è di colore chiaro, dal giallastro al rossiccio al grigiastro, ben cotta, fatta a mano o al tornio, con pittura nera o bruna. La decorazione dipinta, che diviene di tipo metopale nel livello XVII, comprende file di zig-zag tronchi che sembrano peculiari della località. Col livello XVI appaiono i primi frammenti di una nuova ceramica con ingubbiatura grigia e rossa: è la red and gray slipped ware caratteristica del periodo di Uruk (livelli XIV-IV; XIV-IX secondo la scuola di Chicago). Nella ceramica di questa fase, che è attestata anche a Tellō, a Ur, a Eridu, a ῾Uqair, predomina il tipo di colore chiaro (light-colored ware), di uso domestico, senza ingubbiatura né pittura, fatto indifferentemente al tornio o a mano. A partire dal livello VI, inizia anche il tipo con ingubbiatura rosso prugna (plain red slip) che diventa predominante nei successivi livelli (IV o di transizione, III-II o di Gemdet Naṣr). Una successione diversa degli strati e quindi una classificazione diversa delle classi ceramiche danno S. Lloyd, P. Delougaz e A. L. Perkihs; gli studiosi americani includono infatti nel periodo di Uruk i livelli XIV-IX, considerando quelli da VIII a III come facenti parte del Protoliterate, secondo il seguente schema:
Protoliterate a = Eanna VIII-VI e livello A della ziqqurat di Anu.
Protoliterate b = Eanna V-IV.
Protoliterate c = fine di Eanna IV (?).
Protoliterate d = Eanna III.
Le grandi costruzioni di Uruk continuano le tradizioni architettoniche già attestate ad Eridu all'epoca di el῾Ubaid. Si distinguono nella topografia della città tre zone sacre: l'Eanna, quella della ziqqurat di Anu e quella del Südbau.
La zona dell'Eanna era separata dal resto della città da una doppia cinta muraria a casematte, più volte rimaneggiata: il perimetro attuale è opera di Sargon II che si ispirò fedelmente al tracciato di Ur-Nammu, il sovrano della III dinastia di Ur. Tracce di muri appaiono già nei livelli VII e VI, senza che tuttavia si possano attribuire a strutture ben definibili. Nel livello V sorge un imponente edificio su fondamenta di pietra (il cosiddetto Kalksteintempel, m 76 × 30); alla stessa epoca risalgono due terrazze in mattoni crudi (la Pfeilerhallenterrasse e la Nordsüdterrasse), che sostenevano altri edifici, oggi scomparsi. Nel livello IV, suddiviso dagli scavatori in tre fasi, vengono costruiti i più importanti complessi monumentali di Uruk. Alla fase IV b risalgono molti templi di piccoli mattoni crudi (del tipo a sezione quadrata, detto Riemchen): il Tempio Rosso, costruito sopra il tempio in pietra calcarea, il Tempio A e il Tempio B sulla Terrazza nord-sud, la Sala dalle Grandi Colonne e il contiguo Cortile a pilastri, entrambi rivestiti di mosaici di coni d'argilla disposti in disegni geometrici. Poi tutti questi edifici vengono demoliti intenzionalmente (giacché non esistono tracce di distruzioni violente) e sul nuovo terrapieno così ottenuto si innalzano, nella fase IV a, altri due edifici, il Tempio C (m 54,20 × 22,20) e il Tempio D (m 16,60 × 22,60), quest'ultimo, come già il Kalksteintempel, con le pareti ravvivate da profonde sporgenze e rientranze. Tutti questi templi arcaici di W. sono orientati agli angoli ed hanno una pianta rettangolare con struttura tripartita, costituita da un ambiente centrale, stretto e allungato (non sappiamo se coperto da una vòlta o meno), il quale è fiancheggiato sui due lati da altre camere contenenti le scale d'accesso al tetto-terrazza. Singolare è la pianta del Tempio C, costruito interamente in mattoni crudi del tipo Riemchen, che, pur non allontanandosi da questo schema canonico, mostra in modo evidente di esser sorta dalla giustapposizione di due complessi sacrali: un piccolo tempio che prolunga il grande, essendo girato di 90° rispetto a quest'ultimo ed essendo stato privato di tutta l'ala destra.
Secondo il Lenzen, tutti questi santuarî erano stati concepiti appaiati. Poiché da testimonianze epigrafiche sappiamo che l'Eanna era la sede della dea Inanna (v. ishtar), il Lenzen postula, sulle orme del Moortgat che ha riconosciuto Inanna e Tammuz (v.) nella scena cultuale del vaso d'alabastro di W., che nella zona dell'Eanna fosse adorata la stessa coppia divina, contemporaneamente nel Kalksteintempel e nel Tempio A nei livelli V-IV b e nei Templi C e D nel livello IV a. Tuttavia si tratta di una semplice ipotesi, data l'incerta interpretazione della scena sul vaso d'alabastro (museo di Bagdad). È solo un'ipotesi anche quella che attribuisce al dio Anu (v.) la ziqqurat che sorge nell'altro quartiere sacro di Uruk, e nella quale sono stati individuati otto stadi architettonici, designati - dall'alto in basso - con le lettere A-G e X.
L'altra e più importante ziqqurat di W. fu edificata nell'Eanna. Già esisteva in questa zona, nel periodo di Gemdet Nasr, un tempio su un'alta terrazza, costruita in mattoni crudi del tipo Riemchen e decorata da mezze colonne sulla facciata N-E; a S-O della terrazza si rinvennero le tracce di istallazioni sacrificali in forma di fosse allungate, tosto raggruppate in una serie di sette camerette rettangolari. Assai rovinata in seguito all'occupazione accadica, la ziqqurat dell'Eanna fu ricostruita all'epoca della III dinastia di Ur. Ad Ur-Nammu si deve la nuova costruzione di base rettangolare (m 56 × 52,50), composta di mattoni crudi intramezzati di strati di canne, con una scalinata centrale e due laterali d'accesso sulla facciata N-E. La ziqqurat (che sarebbe più esatto chiamare con il Lenzen Hochterrasse, giacché era costituita da un solo piano) soltanto in epoca assai più tarda acquista due templi inferiori, eretti sul versante N-E probabilmente all'epoca di Marduk-apal-iddin II (fine dell'VIII sec. a. C.). Durante il periodo cassita il re Karaindash (1445-1427 a. C.) costruì nella parte N-E del tèmenos della ziqqurat un tempio dedicato a Inanna-Ishtar; l'edificio era interamente in mattoni cotti, con un'antecella e una cella fiancheggiate sui lati da stretti ambienti. Esternamente il santuario era decorato da un fregio in mattoni a rilievo rappresentanti divinità maschili e femminili con in mano il vaso delle acque zampillanti, simbolo di fecondità.
La terza zona sacra di W., quella del Südbau (costruzione meridionale), che sorgeva sul tell detto dagli Arabi Ba'as, era occupata da un santuario di età seleucide, in mattoni crudi, di imponenti dimensioni (m 107 × 81), che è stato identificato con l'Irigal menzionato in un testo contemporaneo (AO 6451), cioè con il tempio di Ishtar e Nana, costruito da un non altrimenti noto Anu-uballit. Completano il panorama degli edifici monumentali di W. gli scarsi resti del palazzo di Singashid, di età paleo-babilonese, il tempio di Ningishzida risalente al periodo neo-babilonese, e due templi di età parthica, l'uno dedicato ai dio Gareus, l'altro, fuori le mura della città, consacrato alle feste dell'anno nuovo (bī akītu). Fra i ritrovamenti fatti a W. occorre ricordare i numerosi vasi in pietra, talora con incrostazioni di conchiglia ovvero con decorazioni a rilievo, provenienti per la maggior parte dagli strati intermedî fra i livelli C e D della ziqqurat di Anu e dal livello III a del recinto dell'Eanna, che ha dato anche il già ricordato vaso d'alabastro, con tre registri raffiguranti una cerimonia d'offerta, ora al museo di Bagdad. La scena illustrata su questo vaso viene ripetuta in numerose impronte di sigilli a cilindro nello stile detto appunto di Uruk, che provengono per la maggior parte dai livelli V e IV a-b dell'Eanna. Assai tipici di questa fase glittica sono inoltre gli animali araldici, reali o immaginarî, con le zampe e i lunghi colli serpentiformi intrecciati e vegetali ed anfore nel campo del sigillo, gli animali passanti o in scene di lotta, la pastura del gregge sacro di Inanna, scene di guerra, con personaggi nudi dalle mani legate dietro il dorso condotti alla presenza di una figura barbata sorreggente una lancia dalla punta rivolta in basso (verosimilmente il re della città). Il potente realismo e il vigoroso modellato di queste raffigurazioni si ritrovano nelle opere di scultura trovate a W., risalenti all'epoca di Gemdet Naṣr (Protoliterate): la Stele di caccia in basalto, in cui il Frankfort vide la commemorazione di un'impresa del re (il quale è rappresentato due volte in due momenti differenti - da intendersi come successivi nel tempo - dell'azione di lotta), la testa femminile marmorea dal livello III dell'Eanna, un busto maschile; più tarda è la statua di Salakh.
Bibl.: W. K. Loftus, Travels and Researches in Chaldaea and Susiana, with An Account of Excavations at Warka, Londra 1857; id., Warka, its Ruins and Remains, in Transactions of the Royal Society of Literature, VI, 1859, pp. 1-64; J. Jordan-C. Preusser, Uruk-Warka, Lipsia 1928; Vorläufiger Bericht über die von der Notgemeinschaft der Deutschen Wissenschaft in Uruk-Warka unternommenen Ausgrabungen, I-XVIII, Berlino 1930-1961; Ausgrabungen der Deutschen Forschungsgemeinschaft in Uruk-Warka: I) E. Heinrich, Kleinfunde asu den archaischen te Tempelschichten in Uruk, Lipsia 1936; II) A. Falkenstein, Archaische Texte aus Uruk, Lipsia 1936; III) id., Topographie von Uruk. I. Teil. Uruk zur Seleukidenzeit, Lipsia 1941; IV) H. J. Lenzen, Die Entwicklung der Zikurrat von ihren Anfängen bis zur Zeit der III Dynastie von Ur, Lipsia 1942. Studî particolari su W. e sul "periodo di Uruk": W. Andrae, The Story of Uruk, in Antiquity, X, 1936, pp. 133-45; C. H. Bohtz, In den Ruinen von Warka, Lipsia 1941; G. Goossens, Au déclin de la civilisation-babylonienne: Uruk sous les Séleucides, in Bulletin de la Classe des Lettres de l'Académie Royale de Belgique, XXVII, 1941, pp. 222-44; A. Moortgat, Die Entstehung der Sumerischen Hochkultur, Lipsia 1945, pp. 54-94; A. Parrot, Archéologie mésopotamienne, I. Les étapes, Parigi 1946, pp. 331-54; II. Technique et problèmes, Parigi 1953, pp. 212-45; S. Lloyd, Uruk Pottery, in Sumer, IV, 1948, pp. 39-51; H. J. Lenzen, Die Tempel der Schicht Archaisch IV in Uruk, in Zeitschrift für Assyriologie, XLIX, 1949, pp. 1-20; E. Heinrich, Die Stellung der Uruktempel in der Baugeschichte, ibid., pp. 21-44; H. J. Lenzen, Zur Datierung der Anu-Zikurrat in Warka, in Mitteilungen d. Deutsch. Orient-Gesellschaft, LXXXIII, 1951, pp. 1-32; R. North, Status of the Warka Expedition, in Orientalia, XXVI, 1957, pp. 185-256; A. L. Perkins, The Comparative Archaeology of Early Mesopotamia, Chicago 19592; H. J. Lenzen, Bericht über die XIX Warka Kampagne, in Sumer, XVII, 1961, pp. 13-17; id., Arch. Anz., 1961, c. 11-27; 1965, c. 168 ss.