WARMONDO
– Data di nascita e origine restano sconosciute; risalgono solo al Cinquecento o a Seicento le tesi sulla provenienza da Pavia e sull’appartenenza alla famiglia vercellese degli Arborio (Ab Ecclesia, 1645, p. 82; Maritano, 2000, p. 78 nota 4; Mattalucci, 2017, pp. 169-175).
Rimane impregiudicata l’identificazione con «Vuarimundus camerarius et avocatus» di Ottone I attestato a Pavia il 27 settembre 962 (I placiti del «Regnum Italiae», a cura di C. Manaresi, II, 1, 1957, n. 148, p. 22), benché accolta da alcuni (Benedetto, 1942, p. 22; contrario Schwartz, 1913, p. 116) e invero non peregrina considerando i successivi attestati rapporti di Warmondo con la corte ottoniana.
La prima notizia su Warmondo vescovo di Ivrea è la sottoscrizione da lui apposta, in data imprecisata, ma certamente anteriore al 18 luglio 985, agli atti del sinodo provinciale ambrosiano riunito a Milano nel 969 (tra 26 maggio e 17 ottobre; I placiti del «Regnum Italiae», cit., n. 206, p. 245).
Nel decreto sinodale si afferma che per ragioni di salute non intervennero alla assemblea quattro vescovi suffraganei, uno dei quali era proprio il presule eporediese, di cui non viene peraltro indicato il nome, e dato che non si hanno informazioni sui titolari della diocesi di Ivrea dopo il 935 (Settia, 1995, pp. 251 s.) è lecito dubitare che il vescovo ammalato e assente sia stato un ignoto predecessore, successivamente defunto, piuttosto che Warmondo. Il documento, corredato della sottoscrizione di Warmondo, fu ostenso in occasione del placito svoltosi a Pavia appunto nel 985 (I placiti del «Regnum Italiae», cit., n. 206, pp. 240-252). Poco aiutano a stabilire il tempo della nomina altri elementi. Il primo è l’ordinazione episcopale ricevuta il 7 marzo di un anno imprecisato, secondo la nota vergata su un codice di Ivrea (G. Borghezio, I necrologi del Capitolo d’Ivrea, 1925, p. 3): se, nel rispetto della tradizione antica, per la cerimonia fosse stata scelta una domenica, Warmondo potrebbe essere stato ordinato il 7 marzo 969 o 975 oppure 980 (Lucioni, 1998, p. 120). Il secondo è la dichiarazione del presule di aver ottenuto la diocesi da Cristo tramite l’imperatore («a Christo [...] collata est per nostri senioris imperatoris concessionem») contenuta in un testo di condanna contro Arduino marchese d’Ivrea databile al 997-998 (Provana, 1844, p. 340): se si trattasse dell’imperatore vivente al momento della stesura, giacché non si usano espressioni esplicitamente riferibili a un defunto, allora Warmondo sarebbe stato designato da Ottone III, ossia tra l’incoronazione regia nel dicembre del 983 e il summenzionato placito del 18 luglio 985; se invece le parole adoperate vanno intese in senso meno stringente, potrebbero alludere sia a Ottone I sia a Ottone II, ampliando al ventennio 962-983 l’arco temporale entro cui collocare la nomina.
Dopo un periodo in cui ebbe come interlocutore in Ivrea il marchese Corrado Conone, figura debole in quanto figlio del re Berengario II sconfitto da Ottone I, a partire dal 989-990 o al più dal 995 (Lucioni, 2018, p. 39) Warmondo dovette confrontarsi con il nuovo marchese Arduino, pure lui designato dagli ambienti di corte. La volontà di Arduino di restaurare il potere marchionale entrò in conflitto con il programma warmondiano volto a restituire prestigio all’autorità vescovile, probabilmente appannatasi negli oscuri decenni precedenti, e a irrobustire la struttura materiale della Chiesa a lui affidata riorganizzando la proprietà fondiaria e sottoponendo a maggior controllo la vassallità episcopale (ne fa fede il modello di giuramento vassallatico a Warmondo conservato in un codice di Ivrea: Mazzoli Casagrande, 1971-1974, p. 127 nota 76) anche mediante una revisione delle concessioni beneficiarie, in maniera non dissimile da come operavano a Vercelli e a Novara gli altri due vescovi della marca.
Ne sortì un violento scontro nel corso del quale l’opposizione costituita dai vassalli ecclesiastici, preoccupati dall’agire del vescovo, unì le forze a quelle del marchese come informa il dossier di documenti relativi al conflitto trascritto in due codici della Biblioteca Capitolare di Ivrea; testi che, sebbene privi di datazione, sono convincentemente attribuiti al biennio 997-998 (Provana, 1844, pp. 334-345) e consentono di seguire il crescendo della lotta che vide schierati con il marchese (resosi indirettamente responsabile dell’assassinio di Pietro vescovo di Vercelli nel marzo del 997) anche cittadini e chierici di Ivrea.
Nel febbraio del 997 Warmondo partecipò a un concilio riunito a Pavia da papa Gregorio V, dove si sottoscrisse nell’enigmatica forma «Blinwarmundus» (H. Zimmermann, Papsturkunden 896-1046, II, 1985, n. 341, p. 666); in questi anni fu costretto a stare lontano dalla città, forse per lunghi periodi come si evince dallo scritto indirizzato ad Arduino dove afferma che la Chiesa di Ivrea rimase a lungo privata del pastore (Concilia aevi Saxonici, a cura di E.-D. Hehl, 2007, p. 566). Minacciò allora il marchese di scomunica se non avesse mutato atteggiamento e infine lo scomunicò (Provana, 1844, pp. 335 s., 340-341). Poco dopo un gruppo di vescovi pedemontani invocò l’intervento di Gregorio V, lamentando il disinteresse della corte imperiale; alla richiesta seguì nel tardo 998 l’intimazione del pontefice al marchese di smettere di devastare la Chiesa eporediese pena la scomunica e infine giunse la condanna a una vita raminga di dura penitenza o in alternativa il ritiro in monastero stabilita da un sinodo romano presieduto da Silvestro II e Ottone III nell’aprile del 999 (Concilia aevi Saxonici, cit., pp. 566 s., 582 s.).
Warmondo era probabilmente a Pavia il 9 luglio 1000 quando ottenne da Ottone III per la sua Chiesa il «districtum» su Ivrea e su tre miglia attorno alle mura, assieme a due corti, con un diploma di discussa autenticità, benché sia ritenuto confezionato sulla base di un atto genuino (Ottonis III Diplomata, a cura di Th. Sickel, II, 1893, n. 376, pp. 803 s.); fu inoltre presente al placito imperiale del 14 ottobre 1001 nella stessa città (I placiti del «Regnum Italiae», cit., n. 266, p. 476).
I due dati testimoniano frequentazione e vicinanza di Warmondo alla corte ottoniana, che dovette sostenerlo contro Arduino come si ricava dai versi posti a commento della raffigurazione della Vergine che incorona l’imperatore miniata nel Sacramentario commissionato per la cattedrale: «Pro bene defenso Warmundo praesule facto / Munere te dono, Caesar, diadematis, Otto» (Poetae latini Medii Aevi, V, a cura di K. Strecker, 1939, n. 30/1, p. 460).
Durante il suo episcopato mise mano alla ristrutturazione della cattedrale, come attesta un’epigrafe (ibid., n. 30/5, p. 462), ispirandosi al modello ottoniano delle chiese ad absidi contrapposte. Nella cripta della rinnovata cattedrale Warmondo depose i corpi dei santi Tegolo (da lui rinvenuto), Savino e Besso. Da presumere collegato ai lavori edilizi fu l’ambizioso progetto di dotare la chiesa di codici riccamente adornati destinati alle celebrazioni liturgiche: ne sopravvivono una decina attribuibili con certezza o deduttivamente alla committenza di Warmondo, prodotti nello scriptorium episcopale dove chiamò a operare copisti e miniatori dall’area milanese; in essi si colgono le tracce di un rinnovamento liturgico che si avvalse di tradizione diverse, anche oltrealpine.
Le informazioni su Warmondo diventano sfuggenti dopo la scomparsa di Ottone III e l’elezione regia di Arduino nei primi mesi del 1002, e ne è stata ipotizzata la morte in quel torno di tempo.
Secondo Fedele Savio (che ignorava il placito dell’ottobre 1001) Warmondo sarebbe morto nell’agosto 1001 o 1002 (Savio, 1898, p. 198); la sua scomparsa è in effetti collocata al 1° agosto in due obituari (G. Borghezio, I necrologi..., cit., p. 3 e n. 342, p. 97; Ivrea, Biblioteca capitolare, LII, f. 31r; ma in un calendario si fa riferimento al 14 marzo). Per questa ipotesi ci si basa soprattutto sulla presenza, alla posa della prima pietra dell’abbazia di S. Benigno di Fruttuaria in diocesi di Ivrea il 3 febbraio 1003, di un vescovo Ottobiano (senza riferimento peraltro alla titolarità eporediese; Settia, 1995, p. 254; Pessotto, 2004, pp. 505-516); circostanza che ha fatto pensare alla sostituzione di Warmondo con un presule filoarduinico. La notizia di una lettera (vista nel Seicento e ora introvabile: Torino, Biblioteca reale, Storia patria, 173: F.A. Della Chiesa, Descrittione del Piemonte, p. 96; Ab Ecclesia, 1645, p. 83; Lucioni, 2010, pp. 266-268) con la quale nel 1005 re Enrico II chiese a Warmondo e ad altri vescovi e laici di proteggere l’abbazia fruttuariense in costruzione induce però a ritenere che il vescovo di Ivrea fosse ancora vivo. In effetti va collocato in quegli anni l’atto, sottoscritto da molti presuli, con cui Warmondo concesse la libertà all’abbazia di S. Benigno menzionato genericamente come «episcopale decretum» da papa Giovanni XVIII il 2 dicembre 1006 e confermato in sinodo il 3 gennaio 1015 da Benedetto VIII con attribuzione a Warmondo (H. Zimmermann, Papsturkunden 896-1046, cit., n. 429, p. 823; n. 495, p. 937).
Warmondo morì forse il 14 marzo o il 1° agosto 1005 o 1006.
La citazione sinodale ora menzionata è stata talvolta usata come prova dell’esistenza in vita di Warmondo ancora nel 1015 (Gabotto, 1900, p. 29; Benedetto, 1942, p. 25), ma essa riguarda la concessione che Giovanni XVIII menziona nel 1006, e in tale occasione il papa non lo elenca tra i quattro vescovi incaricati di consacrare l’abbazia fruttuariense (H. Zimmermann, Papsturkunden 896-1046, cit., p. 824); ciò rende verosimile che fosse defunto. Sulla tomba in cattedrale fu posta un’epigrafe contenente una professione di fede trinitaria (Poetae latini Medii Aevi, cit., n. 30/4, p. 462). Un culto locale sorse forse in età vicina alla morte, ma è difficile seguirne lo sviluppo. Di sue raffigurazioni come santo, di un altare a lui dedicato e del ritrovamento delle sue reliquie si ha notizia nel Cinquecento o nel Seicento; nel 1857 fu riconosciuto il culto ab immemorabili da Pio IX, limitato alle diocesi di Vercelli e Ivrea, e solo in quest’ultima la festa liturgica è celebrata il 9 agosto (Crovella, 1969, col. 1032; Mattalucci, 2017, pp. 176-190).
Fonti e Bibl.: Ivrea, Biblioteca capitolare, LII (89), f. 31r; Torino, Biblioteca reale, Storia Patria, 173: F.A. Della Chiesa, Descrittione del Piemonte, IV, p. 96, ms., sec. XVII; Ottonis III Diplomata, a cura di Th. Sickel, in MGH, Diplomata regum et imperatorum Germaniae, II, Hannoverae 1893, n. 376, pp. 803 s.; G. Borghezio, I necrologi del Capitolo d’Ivrea, Torino 1925, pp. 3, 97; Poetae latini Medii Aevi, V, a cura di K. Strecker, in MGH, Antiquitates, Berolini 1939, n. 30/I-V, pp. 458-462; I placiti del «Regnum Italiae», a cura di C. Manaresi, II, 1, Roma 1957, n. 148, pp. 19-24; n. 206, pp. 241-245; nr. 266, p. 476; H. Zimmermann, Papsturkunden 896-1046, II, Wien 1985, n. 341, p. 666; nn. 429 s., pp. 822-824; n. 495, p. 937; Concilia aevi Saxonici DCCCCXVI-MI, in MGH, Concilia, VI/2: 962-1001, a cura di E.-D. Hehl, Hannoverae 2007, n. 58A-B, pp. 557-567; n. 60A-B-C, pp. 579-585.
F.A. Ab Ecclesia, S.R.E. cardinalium, archiepiscoporum, episcoporum et abbatum Pedemontanae regionis chronologica historia, Augustae Taurinorum 1645, pp. 82 s.; L.G. Provana, Studi critici sovra la storia d’Italia a’ tempi del re Ardoino, Torino 1844; [L. Moreno], Vita di San Veremondo Arborio vescovo d’Ivrea nel secolo X, Ivrea 1858; F. Savio, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni. Il Piemonte, Torino 1898, pp. 190-198; F. Gabotto, Un millennio di storia eporediese (356-1357), in G. Nigra et al., Eporediensia, Pinerolo 1900, pp. 1-262; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salischen Kaisern mit den Listen der Bischöfe, 951-1122, Leipzig - Berlin 1913, p. 116; C. Benedetto, I vescovi d’Ivrea, 451-1941, Torino 1942, pp. 22-25; E. Crovella, Veramondo (Varmondo), in Bibliotheca sanctorum, XII, Roma 1969, col. 1032; F. Dell’Oro, Le Benedictiones episcopales del codice warmondiano (Ivrea, Bibl. Capit., Cod. 10[XX]), in Archiv für Liturgiewissenschaft, XII (1970), pp. 148-254; R. Deshman, Otto III and the Warmund Sacramentary. A study in political Theology, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXXIV (1971), pp. 1-20; M.A. Mazzoli Casagrande, I codici warmondiani e la cultura a Ivrea fra IX e XI secolo, in Ricerche medievali, VI-IX (1971-1974), pp. 89-139; B. Baroffio - F. Dell’Oro, L’«Ordo Missae» del vescovo Varmondo d’Ivrea, in Studi medievali s. 3, XVI (1975), pp. 795-823; A. Peroni, Il ruolo della committenza vescovile alle soglie del Mille: il caso di Varmondo di Ivrea, in Committenti e produzione artistico-letteraria nell’alto medioevo occidentale. XIX Settimana del Centro italiano di studi sull’alto medioevo... 1991, I, Spoleto 1992, pp. 256 s.; A.A. Settia, Cronotassi dei vescovi di Ivrea (sec. V - 1198), in Bollettino storico-bibliografico subalpino, XCIII (1995), pp. 245-263; S. Gavinelli, Alle origini della Biblioteca Capitolare in Storia della Chiesa di Ivrea dalle origini al XV secolo, a cura di G. Cracco, Roma 1998, pp. 535-544; A. Lucioni, Da W. a Ogerio, ibid., pp. 119-140; C. Maritano, W. d’Ivrea. Vescovo e committente, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, XCVIII (2000), pp. 77-104; F. Crivello, Le miniature del Benedizionale di Ivrea, una scena di martirio ed alcune osservazioni sullo scriptorium warmondiano, in Monastica et humanistica. Scritti in onore di Gregorio Penco O.S.B., a cura di F.B. Trolese, II, Cesena 2003, pp. 591-606; C. Maritano, I miniatori del vescovo W. d’Ivrea, in Atti della Accademia delle Scienze di Torino. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, CXXXVII (2003), pp. 43-73; F. Pessotto, Una discussa presenza vescovile nella storia di Ivrea all’inizio del secolo XI: Ottobiano, in Bollettino storico-bibliografico subalpino, CII (2004), pp. 505-516; A. Lucioni, L’abbazia, l’episcopato, il papato e la formazione della rete monastica di S. Benigno di Fruttuaria nel secolo XI, in Il monachesimo del secolo XI nell’Italia nordoccidentale. Atti dell’VIII Convegno di studi storici sull’Italia benedettina, a cura di A. Lucioni, Cesena 2010, pp. 237-308; L. Mattalucci, Il beato W.: le determinanti politiche di un culto, in Bollettino Associazione di storia e arte canavesana, XVII (2017), pp. 165-198, A. Lucioni, Re Arduino e il contesto religioso: monachesimo e vescovi fra inimicizie e protezioni, in Arduino fra storia e mito, a cura di G. Sergi, Bologna 2018, pp. 25-84.