Oates, Warren
Attore cinematografico statunitense, nato a Depoy (Kentucky) il 5 luglio 1928 e morto a Los Angeles il 3 aprile 1982. Affermato caratterista di western e di film noir e interprete, grazie all'aspetto rude e stralunato, di personaggi spesso folli e brutali, fu utilizzato da Sam Peckinpah, che seppe valorizzarne al meglio le potenzialità recitative, in Ride the high country (1962; Sfida nell'Alta Sierra) e The wild bunch (1969; Il mucchio selvaggio), prima d'affidargli un memorabile ruolo di protagonista in Bring me the head of Alfredo Garcia (1974; Voglio la testa di Garcia). La sua naturale ed efficace ruvidezza emerse anche in film di genere ma decisamente anomali, come The shooting (1971; La sparatoria) di Monte Hellman o Dillinger (1973) di John Milius, nei quali seppe sollecitare con successo corde notevolmente più cupe, intense e universali.
Nato nella remota cittadina di Depoy, O. frequentò le scuole superiori a Louisville e proseguì gli studi all'Università del Kentucky. Effettuato il servizio militare nel corpo dei Marines, si stabilì a New York dove frequentò corsi d'arte drammatica mantenendosi con lavori occasionali. Alla fine degli anni Cinquanta, dopo aver esordito nei popolari live dramas della televisione, si trasferì a Hollywood dove divenne ben presto uno dei 'cattivi' più richiesti dalla fiorente produzione western. Nel 1960 in The rise and fall of Legs Diamond (Jack Diamond gangster) fu il fratello tubercolotico del protagonista rievocato con stile documentaristico da Budd Boetticher e l'inquietante delinquente faulkneriano di Private property diretto da Leslie Stevens.
L'incontro decisivo fu quello con l'emergente regista Peckinpah, che entrò subito in sintonia con la sua personalità aggressiva e anticonformista e gli affidò importanti ruoli di supporto nel western elegiaco Ride the high country, in cui è uno dei cinque fratelli Hammond, selvaggi abitanti di un villaggio minerario e rabbiosi nemici dei fuggiaschi Gil Westrum (Randolph Scott) e Steve Judd (Joel McCrea), nel crudo e anti-fordiano Major Dundee (1965; Sierra Charriba) e soprattutto in The wild bunch, parossistica epopea di perdenti nella quale vengono annulati tutti i miti della frontiera. Notevole fu anche l'inserimento nel quartetto di personaggi al centro dell'essenziale ed enigmatico The shooting, ideato da un altro regista-complice come Hellman per intrecciare il tema della caccia all'uomo con il motivo della vendetta: più del sornione cliché di Jack Nicholson risulta cruciale proprio il personaggio di O., che nello sdoppiamento finale inseguitore-inseguito introduce una moderna prospettiva psicoanalitica. Meno intrigante, ma ugualmente significativa, apparve la sua presenza in altri film indipendenti come Two-lane blacktop (1971; Strada a doppia corsia) sempre di Hellman, dove è il pilota di una Ferrari Gto che partecipa a sfide clandestine sulle strade d'America e The hired hand (1971; Il ritorno di Harry Collings) di Peter Fonda. Per Dillinger ottenne un primo ruolo da protagonista da Milius, che lo volle gangster sbruffone e romantico in un contesto di efferata e tuttavia stilizzata violenza; ma fu ancora Peckinpah a offrirgli la chance d'interpretare in Bring me the head of Alfredo Garcia il reietto Bennie, che cerca di guadagnarsi in qualunque modo la taglia messa in palio da un fazendero messicano in cambio della testa del dipendente che ha messo incinta sua figlia. Registrato l'insuccesso del film ‒ che fu stroncato dai critici nonostante le sue eccezionali qualità di poema barocco, mortuario e ossessivo ‒ O. rinsaldò l'amicizia con il regista, con cui condivise ogni genere di esperienza, in un periodo difficile della sua vita.La sua carriera proseguì, intanto, con nuove interpretazioni da folle a risoluto uomo d'azione (il colonnello Madman Maddox di 1941, 1979, 1941 ‒ Allarme a Hollywood, di Steven Spielberg; il capitano di Blue thunder, 1983, Tuono blu, di John Badham) e sbrigativi cammei, anche in film non statunitensi (Sleeping dogs, 1977, Unica regola: vincere, di Roger Donaldson, in Nuova Zelanda; China 9, Liberty 37, 1978, Amore piombo e furore, di Tony Brandt e Monte Hellman, in Italia), e con una divertita riproposizione in chiave grottesca della propria 'maschera' di attore (Stripes, 1981, Stripes ‒ Un plotone di svitati, di Ivan Reitman).
J.-P. Coursodon, B. Tavernier, Trente ans de cinéma américain, Paris 1970.