WARTBURG
La W. è un castello arroccato situato su di un ripido pendio roccioso ad un'altezza di m 394, all'estremità nordoccidentale della foresta turingia, nei pressi della città di Eisenach.Sulle origini della W. si hanno notizie di carattere in gran parte leggendario e quindi la proprietà del terreno su cui venne edificato il castello può essere soltanto ipotizzata.Secondo la Eisenacher Chronik di Rothe, del sec. 15°, il castello sarebbe stato edificato dal conte Ludovico I il Saltatore nel 1067, usurpando una porzione di terreno situata nei possedimenti del monastero di Fulda. Una prima sicura citazione si ritrova tuttavia soltanto nel 1080 (Bruno di Merseburg, De bello Saxonico). Il castello divenne una roccaforte dei langravi di Turingia e fu fornito di una più ampia guarnigione.La W. raggiunse il suo pieno sviluppo con il langravio Ermanno I (1190-1217), un protettore delle arti che raccolse intorno a sé numerosi artisti. Nel 1203 vi sostò Wolfram von Eschenbach e vi compose una parte del Parzival. Il castello, ora permanente residenza dei langravi di Turingia, divenne centro del Minnesang tedesco e riprese la tradizione delle gare tra i trovatori, consueta in Provenza. All'età di quattro anni giunse alla W. Elisabetta di Turingia, che nel 1221 sposò il langravio Ludovico IV e soltanto dopo la morte del marito si trasferì a Marburgo. Nel 1406 morì nel castello l'ultimo langravio, Balthasar.La dimora dei langravi ha un ruolo di primo piano tra gli edifici del castello ed è anche la più alta espressione dell'architettura palatina e militare in Germania. Mentre generalmente gli ambienti principali di una residenza principesca nei palazzi imperiali tedeschi erano dislocati in edifici separati, nella W. essi sono situati all'interno un unico corpo architettonico. Quindi al di sotto di uno stesso tetto si trovano gli ambienti di abitazione, le sale del tesoro, le sale di rappresentanza e la cappella del castello. L'edificio si estende su tre piani ed è coronato, sul lato del cortile, da un'unica facciata con carattere di rappresentanza. All'interno, la suddivisione degli ambienti è funzionale e allo stesso tempo di grande qualità artistica.Rispetto ai palazzi imperiali, come Aquisgrana o Ingelheim, gli ambienti della W. sono di dimensioni minori, ma per questo presentano una concezione unitaria e hanno particolari architettonici più elaborati.La datazione del palazzo non è attestata dai documenti. I confronti con i palazzi imperiali di Federico Barbarossa e dei suoi successori non hanno portato ad alcun risultato soddisfacente. Una cronologia all'epoca di Ludovico II (1140-1172) è stata suggerita grazie al confronto stilistico tra la grande sala delle feste, strutturata a colonne, e i due piani inferiori ad arcate, con la doppia cappella di Schwarzrheindorf (portata a termine nel 1151), sicché è possibile ipotizzare una relazione di botteghe e cantieri. Secondo Voss (1917), invece, la costruzione sarebbe da mettere in relazione con l'accrescimento territoriale dell'Assia intorno al 1180.Di recente le indagini dendrocronologiche delle travi lignee della W. hanno reso possibile una datazione precisa del castello, il cui inizio (piano delle cantine) va posto intorno al 1157-1158. Le coperture al di sotto del piano terreno e del primo piano furono inserite intorno al 1162, fatto che testimonia una rapida successione tra i due piani, che dovettero avvicendarsi in un arco di tempo oscillante tra i sei mesi e i tre-dieci anni. Sulla fronte occidentale, al secondo piano, diverse commessure verticali, all'interno e all'esterno (una delle quali, posta un po' a S delle aperture delle arcate, si estende dall'altezza delle soglie delle arcate del piano terreno, lungo sette corsi murari, per un'altezza di m 2, 80, verso l'alto), alludono a un cambiamento di progetto. Una commessura molto simile si trova anche a N delle arcate. Forse il piano venne sopraelevato soltanto sotto Ludovico III (1172-1190).Il progetto originario prevedeva, dunque, per la facciata occidentale due risalti sporgenti e un muro esterno arretrato che poi, nel piano superiore, doveva essere ornato da arcate. Con il cambio di progetto, invece, il muro esterno venne spostato in avanti mentre le attuali arcate, in linea con la parte frontale dei risalti, vennero murate. Lo spazio tra il muro delle arcate e il muro occidentale propriamente fortificato fu ora occupato da lunghi corridoi, che tra l'altro avevano anche un carattere difensivo. I corpi architettonici previsti in origine sporgenti agli angoli possono essere fatti risalire all'architettura romana tardoantica delle ville. La tipologia della villa con portico con risalti angolari, che si sviluppa su una pianta rettangolare allungata e all'interno è articolata da suddivisioni trasversali in singoli ambienti interni, potrebbe essere stata alla base del progetto originario: a Colonia erano ancora in uso, nei secc. 12° e 13°, numerose architetture antiche, attraverso le quali si poteva studiare la disposizione della pianta e dell'alzato di tali impianti. Si deve ipotizzare che il cambio di progetto sia avvenuto intorno al 1160.La facciata del cortile è frutto di numerose campagne di restauro del 19° secolo. Essa consiste di tre piani, articolati da imponenti arcate. Al piano terreno dominano tre monumentali arcate doppie scalari, al primo si estendono finestre con arco a pieno centro, dal punto di vista ottico più leggere, articolate in cinque gruppi e sormontate da arcate cieche, e al secondo piano si ha una conclusione costituita da arcate a due o a quattro archi con colonne semplici o doppie. L'attuale aspetto rigidamente simmetrico non è da ritenere opera medievale. Le originarie arcate aperte e i portici vennero in seguito murati, forse dopo il grande incendio del 1318.Al piano terreno gli ambienti si dividevano in una sala da pranzo al centro e due ambienti esterni della stessa ampiezza, voltati a crociera, dei quali il sinistro costituiva la cucina e il destro la sala riservata alle donne (il gineceo di s. Elisabetta), alla quale era collegata, tramite uno stretto passaggio, la stanza da bagno. Il piano superiore ospitava a sinistra la stanza del langravio, la loggia, la stanza dei cantori e inoltre la cappella del palazzo, anch'essa voltata a crociera. La grande sala delle feste si estendeva per tutto il secondo piano.La decorazione architettonica della W. è particolarmente ricca per un edificio profano a N delle Alpi, e si è conservata relativamente intatta. Degli originari centotrenta capitelli, trenta sono ancora in situ. In essi non è tuttavia possibile individuare una successione cronologica o tematica. Il maggior numero di capitelli romanici si conserva sul lato occidentale del primo piano, la c.d. galleria di s. Elisabetta, e sul muro interno della galleria della sala delle feste. Nella maggior parte dei casi i capitelli presentano motivi fitomorfi, anche se in alcuni di essi si combinano scultura figurativa e decorazione fitomorfa. Particolarmente interessanti sono i capitelli con l'aquila nelle colonne centrali del gineceo di s. Elisabetta e della sala dei Cavalieri.
Bibl.: Fonti. - J. Rothe, Eisenacher Chronik, in J.G. Eccardus, Historia genealogica principum Saxoniae superioris, Leipzig 1722, pp. 351-468; Bruns Buch vom Sachsenkrieg, a cura di H.E. Lohmann, Leipzig 1937, p. 110; Regesta diplomatica necnon epistolaria historiae Thuringiae, a cura di O. Dobenecker, I-IV, Jena 1896-1939; Codex Diplomaticus Saxoniae Regiae, a cura di O. Posse, I-IV, Leipzig 1899-1941.Letteratura critica. - O. Posse, Die Lehre von den Privaturkunden, Leipzig 1887; Die Wartburg. Ein Denkmal deutscher Geschichte und Kunst, a cura di M. Baumgärtel, Berlin 1901; H.B. Meyer, Hof- und Zentralverwaltung der Wettiner in der Zeit einheitlicher Herrschaft über die meißnisch-thüringischen Lande 1248-1279, Leipzig 1902; G. Voss, Die Wartburg, in P. Lehfeld, G. Voss, Bau- und Kunstdenkmäler Thüringens. Grossherzogtum Sachsen-Weimar-Eisenach, III, 2, Jena 1917; K.M. Swoboda, Römische und romanische Paläste, Wien 1919, pp. 200-247; G. Ressel, Schwarzrheindorf und die frühstaufische Kapitellplastik am Niederrhein (Veröffentlichung der Abteilung Architektur des kunsthistorischen Instituts der Universität zu Köln, 13), Köln 1977; B. Streich, Zwischen Reiseherrschaft und Residenzbildung. Der wettinische Hof im späten Mittelalter (Mitteldeutsche Forschungen, 101), Köln-Wien 1989; Dendrochronologische Datierung der Wartburg und Aufbau einer Lokalchronologie für Eisenach/Thuringen, a cura di D. Eckstein, T. Eissling, P. Klein (Veröffentlichung der Abteilung Architekturgeschichte des kunsthistorischen Instituts der Universität zu Köln, 46), Köln 1992; T. Eissling, Dendrochronologische Datierung der Wartburg, Wartburg-Jahrbuch 1, 1992, pp. 51-62; M. Jacobs, Zur romanischen Kapitellplastik des Palas der Wartburg, ivi, pp. 63-73; E. Altwassers, Die Bauhistorische Untersuchungen an der Ostfassade des Palas der Wartburg. Ein Vorbericht, ivi, 2, 1993, pp. 40-53; id., Die Bauhistorische Untersuchungen an der Westfassade des Palas der Wartburg. Ein Vorbericht, ivi, 3, 1994, pp. 11-21; V. Kästner, ''Krayenburg-Säulen'' Zur Herkunft einiger romanischer Spolien auf der Wartburg, ivi, pp. 28-48. D. Klaua, Kanalsinter - ein besonderes Baumaterial für Säulen auf der Wartburg, ivi, pp. 49-51; H.J. Lehmann, Die Werterhaltung und Teilsanierung des Bergfrieds 1994, ivi, pp. 182-185; E. Altwassers, Methodische Anmerkungen zur aktuellen Bauforschung an der Wartburg, speziell im Bereich des Palas, in Forschungen zu Burgen und Schlössern, I, MünchenBerlin 1994, pp. 17-21.N.M. Zchomelidse