WILAMOWITZ MÖLLENDORFF, Ulrich von
Filologo, nato a Markowitz in Posnania il 22 dicembre 1848, morto a Charlottenburg (Berlino) il 25 aprile 1931.
Studiò a Bonn e a Berlino, dove si laureò; prese parte alla campagna di Francia. Sposò la figlia di Teodoro Mommsen, Maria. Libero docente a Berlino (1874), professore a Greifswald (1876), Gottinga (1883), Berlino (1897), fu maestro di grande efficacia; stampò il suggello della propria personalità su scolari numerosi, tra i quali alcuni, come lo Schwartz, l'Arnim, il Keil, il Traube, il Bethe, il Jacoby, il Pohlenz, il Friedländer, il Jaeger, si sono dimostrati filologi di grande valore.
Il suo concetto dell'antichità classica fu integrale e storico, anzi storicistico. A tacere dei latini, di molti dei quali egli trattò con originalità (memorabili le pagine su Catullo e Orazio), non v'è, si può dire, autore greco alla cui intelligenza egli non abbia contribuito. E non si limitò agli scrittori d'arte, ma trattò parimenti i tecnici: antiquarî, geografi, medici; anche documenti papiracei dell'Egitto ellenistico e romano e, con particolare predilezione, epigrafi. Libri prettamente storici, quali Staat und Gesellschaft der Griechen e Aristoteles und Athen (a questo diede occasione la scoperta della Repubblica degli Ateniesi), l'articolo monumentale sui Demotika der attischen Metöken, ricerche sulla topografia di Atene, di Tebe, dei campi di battaglia descritti da Tucidide o dei santuarî descritti da Pausania, tengono nella sua opera complessiva parte non minore dei lavori più propriamente filologici o letteraî. Nella modesta forma di recensione a raccolte di iscrizioni tracciò esemplari storie di città, Magnesia al Meandro e Mileto. Insegnò a ricavare dalla leggenda storia, ricostruendo le condizioni politiche e culturali che essa leggenda presuppone, con metodo ben più raffinato del suo grande predecessore K.O. Müller. Scrisse la storia della filologia, la storia della lingua greca (questa per vero solo in rapido riassunto; ma in un articolo precedente aveva illuminato il problema fondamentale della lingua letteraria dell'impero, la relazione tra asianismo e atticismo), la storia dell'arte metrica dei Greci (tentativo più significativo di ogni altro, perché sino a lui la metrica era sempre stata trattata quale disciplina sistematica), la storia della loro religione (in un'opera uscita postuma e incompiuta). Instaurò, dopo tentativi sporadici di altri, una disciplina storica nuova, la storia dei testi, e ne diede esempî insigni, trattando i lirici e i bucolici.
Nella sua Storia della letteratura greca, il periodo ellenistico e quello romano occupano più spazio di quello classico: non a caso. A lui toccò il compito di distruggere i Greci della fable convenue classicistica e quelli del mito romantico. Egli non misurò la letteratura di altri tempi alla stregua di quella del periodo classico, con la quale per lo più non è commensurabile, ma considerò ogni età in sé, nella sua individualità, e cercò in ciascuna il criterio immanente per valutarla. Mostrò in concreto che anche l'età classica è storicamente condizionata, e scorse fisionomie umane fortemente caratterizzate là dove la generazione precedente aveva veduto volti eroici stilizzati e idealizzati, e perciò appunto privati della personalità, che è sempre umanità. Ha messo in luce che ciascuno dei grandi scrittori ebbe i suoi problemi, non solo estetici, ma etici e religiosi. In una parola, egli ha rituffato la letteratura nella cultura, cioè nella storia.
Nota fondamentale del suo ingegno fu l'amore e l'intelligenza per la personalità. E questo amore spiega come i suoi libri maggiori s'intitolino ad Aristotele, a Saffo e Simonide, a Platone, a Pindaro, e anche a uomini di secondo o quarto ordine, Antigono di Caristo e Isillo di Epidauro. Intelligenza della personalità, conoscenza mirabile della lingua, senso acuto per ciò che in sintassi, stile, metrica è tradizionale o è nuovo, si rispecchiano - come in tutte le altre opere - in quello che del W. è forse il capolavoro, il commento all'Eracle d'Euripide, uscito in prima edizione nel 1889.
Per la tragedia attica egli sentì speciale congenialità: alla prima edizione dell'Eracle va innanzi una Introduzione alla tragedia attica, ancora oggi viva; e molti drammi egli tradusse in versi tedeschi. Ma non si deve tacere neppure delle sue analisi omeriche, le quali segnano uno stadio importante nella storia di una questione, checché se ne dica, sempre viva: qui egli non si lasciò tentare da superficiali dottrine sull'irrazionalità inerente a ogni forma d'arte; ma, superando il romanticismo, non credette neppure a creazione collettiva inconscia. La sua ricerca mira a determinare e distinguere personalità di poeti, dei quali uno si chiamò Omero, nome di un uomo di carne e ossa, e non simbolo.
Aver letto e tenere presente e distinto il greco di ogni età e di ogni cerchia letteraria (egli poté tradurre brani dei Nibelungi in esametri omerici e drammi weimariani in trimetri tragici e nella lingua e nello stile adeguati al metro) lo qualificarono a editore di testi letterarî nuovi scoperti in papiri. Specialmente notevoli le edizioni della Repubblica degli Ateniesi di Aristotele, del difficilissimo Timoteo, di brani nuovi di Callimaco. Ma degl'inni ed epigrammi di Callimaco stesso egli aveva già dato un testo notevole per recensio ed emendatio, come pure dei bucolici, di Eschilo, delle vite antiche di Omero ed Esiodo.
Opere Principali: Non possiamo dare se non un elenco delle principalissime: una bibliografia completa fino al 1929 (Wilamowitz-Bibliographie 1868 bis 1929, Berlino) comprendeva già 763 numeri.
Observationes criticae in comoediam graecam (1870); Zukunftsphilologie, I-II (1872-73); Analecta Euripidea (1875); Die Thukydideslegende (1877); Antigonos von Karystos (1881); Callimachi hymni et epigrammata (1882; 4ª ed., 1925); Homerische Untersuchungen (1884); Isyllos von Epidauros (1886); Demotika der attischen Metöken (1887); Euripides Herakles (1889; 2ª ed., 1895; la Einleitung in die griechische Tragödie ristampata a parte, 1907); Aristoteles ‛Αϑηναίων πολιγεία, in collaborazione con G. Kaibel (1891); Euripides Hippolytos (1891); Aristoteles und Athen (1893); Aischylos Orestie, II (1896); Griechische Tragödien übersetzt (dal 1899); Textgeschichte der griechischen Lyriker (1900); Asianismus und Atticismus (1900); Reden und Vorträge (1901; edizioni più recenti mutate e ampliate), Griechisches Lesebuch (1902, ristampato spesso); Timotheos, die Perser (1903); Griechische Literatur des Altertums (1905; edizioni posteriori mutate e ampliate); Bucolici graeci (1905); Textgeschichte der griechischen Bukoliker (1906); Thukydides VIII (1908); Nordionische Steine (1909); Staat und Gesellschaft der Griechen (1910); Sappho und Simonides (1913); Aeschyli tragoediae (1914); Aischylos- Interpretationen (1914); Ilias und Homer (1916); Vitae Homeri et Hesiodi (1916); Platon (1919); Griechische Verskunst (1921); Geschichte der Philologie (1921); Pindaros (1922); Hellenistische Dichtung (1924); Menander, Das Schiedsgericht (1925); Storia italica (1925); Euripides Ion (1926), Die Heimkehr des Odysseus (1927); Aristophanes Lysistrate (1927); Heilige Gesetze (1927); Hesiodos Erga (1928); Geschichte der griechischen Sprache (1928); Glaube der Hellenen (1931-32).
È in corso di pubblicazione - secondo criterî indicati dal W. stesso - una scelta delle Kleine Schriften. Sono usciti per ora il volume I, su poesia greca classica, e il V, in due parti, su storia, epigrafia, archeologia, religione e saga (Berlino 1935).
Il maggiore dei figli, Tycho, caduto nella guerra mondiale, è autore d'un importante libro sulla tecnica drammatica di Sofocle (Die dram. Technik des Sophokles, Berlino 1917).
Bibl.: Della vita è documento prezioso l'autobiografia, Erinnerungen 1848-1914, Lipsia 1928. Sulle sue relazioni con il maestro Usener (riconciliazione cordiale dopo un periodo di freddezza) e con il suocero Mommsen (fortissima partecipazione allo Staatsrecht e al vol. V della Storia romana) hanno gettato luce i carteggi: Usener-W., Ein Briefwechsel 1870-1905, Lipsia 1934, e Mommsen und W., Briefwechsel 1872-1903, Berlino 1935. La valutazione più estesa dell'opera del W., in G. Pasquali, Pagine stravaganti, Lanciano 1933, pp. 111-159; sui suoi ricordi italiani (nelle Erinnerungen), ibid., p. 93 segg.