WACKENRODER, Wilhelm Heinrich
Scrittore, nato a Berlino il 13 luglio 1773, ivi morto il 20 gennaio 1798. Figlio di persone agiate (il padre era un alto magistrato prussiano, la madre una delicata figura di donna), W. visse quasi sempre a Berlino, non allontanandosene che per seguire i corsi universitarî, durante qualche semestre, a Erlangen e a Gottinga o per brevi viaggi a Dresda, Lipsia, Norimberga, Bamberga, Amburgo, nelle quali città, come già nella sua nativa, ebbe occasione di visite frequenti a musei e gallerie d'arte e di ascoltare musica. Suoi maestri principali furono: K. Ph. Moritz, che influì in senso classico; E. J. Koch, che aprì a W. il mondo della letteratura tedesca medievale e lo mise a contatto con le idee di Herder; G. D. Fiorillo per lo studio della pittura italiana e l'avviamento alla lettura del Vasari. Spiritualmente e cronologicamente, W. appartenne al primo gruppo romantico del cosiddetto "cenacolo di Jena" con Federico e Augusto Guglielmo Schlegel, Novalis, e L. Tieck. Ma nel commercio della vita pratica W. visse quasi isolato: unico legame con gli altri fu il Tieck, di cui W. fu amicissimo e col quale esiste un interessante Epistolario (1792-93). Sole opere di W. furono: Herzensergiessungen eines kunstliebenden Klosterbruders (1797) e Phantasien über die Kunst (pubblicato postumo dal Tieck, 1799).
Già nell'Epistolario, anche per effetto del tipico contrasto con Tieck, il lettore assiste al formarsi di un'anima delicata, sensibilissima alle variazioni dell'esterno, alle simpatie del tempo, ma anche timida, diffidente di fronte alle complicazioni e esagerazioni, ardente nel desiderio di fare, d'istruirsi, di creare artisticamente e insieme timorosa di lasciarsi deviare, presagendo la salvezza solo nella sensibilità del proprio temperamento. Da questa nascono, così chiare e decise, nonostante tanta timidità e tormento, le due affemiazioni nelle Herzensergiessungen, che avrebbero poi avuto storicamente la loro importanza: l'affermazione, nel campo teorico, dell'arte come miracolo, inaccessibile alla ragione, e l'indicazione, che al suo tempo fu una scoperta o almeno una rivalutazione importante, dell'arte medievale tedesca, specialmente di Dürer. Senza dubbio nella prima affermazione ebbero influenza molte delle teorie, le quali, piuttosto che esser contemporanee di W., lo precedettero di qualche anno: sopra tutte l'irrazionalismo di Hamann. Ma la radice è da cercare in un temperamento genuinamente religioso, nella posizione personale di W. che sentiva l'arte come folgoramento divino, al quale disperava di poter arrivare. Affermazione ingenua che di fatto negava la possibilità d'ogni critica, ma che, come espressione del tempo e come contrasto all'intellettualismo che per altra via e contemporaneamente si andava formando, riassume nettamente uno degli aspetti del romanticismo: quello del sentimento o meglio della sensibilità per l'arte. Così nell'amore per Dürer e per l'arte tedesca, W. diede espressione tra i primissimi, forse senza saperlo, a una delle aspirazioni che oscuramente s'agitavano (anche in senso nazionalistico) fra i suoi compatrioti; ma la simpatia verso l'arte "umana, sana, forte" di Dürer e in genere per un mondo, quello medievale tedesco, che la storia e più la fantasia romantica dicevano semplice, costumato, timoroso di Dio, trovò l'humus più adatto nel temperamento stesso dell'autore, sensibilissimo ma sano.
Questa sensibilità doveva cercare e trovare le sue forme più originali parlando di musica, nelle Phantasien Über die Kunst. Nonostante che l'affascinante delicatezza, propria dell'autore, sia sempre conservata, W. arrivò in questa operetta a intuizioni audaci che discutendo sulla natura dell'arte dei suoni, precedettero quanto avrebbe poi affermato la critica musicale posteriore per es., sui contatti tra sentimenti umani e musica, tra colori e suoni, sull'impressione di "delittuosa innocenza" che qualche volta proviamo udendo una sinfonia, quasi che il concetto di bene e di male fosse superato. Ma di fronte a questa audacia la sensibilità di W. s'arrestò come dinnanzi a un abisso e invocò la "liberazione delle parole", quali espressioni inadeguate di ciò che voleva dire. Eppure proprio nelle parole - giacché i pezzi di musica, che pare egli componesse, sono andati perduti - W. lasciò un segno di ciò che poteva, anche artisticamente; e già nell'opera precedente, perfino nelle pagine dove seguì quasi pedissequamente il Vasari raccontando la vita di alcuni pittori italiani, erano bastate alcune aggiunte o variazioni perché la sua anima desse alla prosa tedesca un colore e un tono inconfondibili.
Ediz.: Werke und Briefe, voll. 2, a cura di Fr. von der Leyen, Jena 1910. Trad. ital. Opere e lettere, a cura di G. Martegiani, Lanciano 1916; Scritti di poesia e di estetica, a cura di B. Tecchi (con introd.), Roma [1934].
Bibl.: E. Dessauer, W.'s Herzenserg., in ihrem Verhältnis zu Vasari, in Studien z. vergl. Literaturgesch., VI e VII (Berlino 1906 e 1907); H. Hartmann, Kunst un Religion in d. Frühromantik, Solingen 1916; F. Gundolf, Romantiker, Lipsia 1932; P. Koldewey, W. und sein Einfluss auf Tieck, Lipsia 1904; R. Köpke, Ludwig Tieck. Erinnerungen... nach dessen mündlichen und schriftlichen Mitteilungen, Lipsia 1855; O. Walzel, Vom Geistesleben alter und neuer Zeit, ivi 1922; R. Wenzel, W.'s Weltanschauung, Münster 1925; H. Wölfflin, in studien zur Literaturgeschichte, M. Bernays gewidmet, Amburgo 1893; I. Majone, Profili della Germania romantica, Torino 1935; V. Santoli, W. e il misticismo estetico, Rieti 1930; B. Tecchi, Wackenroder, Firenze 1927.