HERMANS, Willem Frederik
Poeta, romanziere, saggista nederlandese, nato ad Amsterdam il 1° settembre 1921. Più che la sua poesia, espressione cerebrale di una personalità vulnerabile, la sua prosa sulle orme del romanzo tradizionale con accento naturalistico rispecchia l'assurdità dell'esistenza, l'alienazione e la solitudine dell'uomo, motivi nei quali si riconoscono influssi di Kafka e di Camus. Ne è esempio l'opera magistrale De donkere kamer van Damocles ("La camera oscura di Damocle", 1958), che si svolge - come anche i romanzi De tranen der acacia's ("Le lacrime delle acacie", 1949) e Herinneringen van een engelbewaarder "Memorie di un angelo custode", 1971) - durante la seconda guerra mondiale e in cui l'apparente oggettività si dissolve verso la fine, gettando ombre di dubbio sui ruoli effettivi svolti dai protagonisti. In Nooit meer slapen "Non dormire mai più", 1966) è rappresentata la vanità di ogni tentativo umano; Onder Professoren ("Tra professori", 1975) coglie malignamente aspetti del mondo universitario moderno. Si mostra corrosivo distruttore di reputazioni consolidate nella raccolta Mandarijnen op zwavelzuur ("Mandarini in acido solforico", 1964) e acuto saggista per i suoi lavori letterari su L. Wittgenstein, fra cui la traduzione annotata, nel 1975, del Tractatus logico-philosoficus.
Bibl.: H.U. Jessurun d'Oliveira, Scheppen riep hij..., Amsterdam 1965; J. Weverbergh, Aandachtig luisteren en rustig antwoorden, in Bokboek, ivi 1965; J. J. Oversteegen, in Literair lustrum, I, ivi 1967; J. Fontijn, in Literair lustrum, II, ivi 1973; Raster, V, n. 2 (1971), numero dedicato interamente a Hermans, includente una bibliografia delle sue opere.