BERKELEY, William
Cavaliere, nato a Londra pare nel mese di luglio del 1608, morto a Twickenham (Inghilterra) l'11 luglio 1677. Figlio secondogenito del cavaliere Maurizio B., si laureò ad Oxford nel 1629. Per qualche anno frequentò la corte degli Stuart a Londra, distinguendosi fra i "beaux esprits" d'allora per la sua elegante e spiritosa mondanità. Compose perfino una commedia, The Lost Lady. Nel 1632 fu nominato commissario regio per il Canada e nel 1642, divenuto oramai un esperto nelle cose del Nuovo Mondo, andò governatore regio nella Virginia. Della popolarità che vi acquistò, ponendo fine alle scorrerie degli Indiani, si valse scaltramente e da fedele servo della corona per reagire alle tendenze democratiche che già facevano capolino nella regione da lui amministrata in base all'antica carta coloniale. Difatti, nei dieci anni, susseguenti, il B. ridusse all'impotenza la cosiddetta Camera dei Borghesi virginiana e, di fronte ad intrusioni calvinistiche, mantenne la religione di stato entro i confini d'un anglicanismo intransigente. Dopo il 1645 il B. fece qualche viaggio a Londra nell'interesse della Virginia e, in occasione d'una tale visita, combatté sotto il re Carlo I, in una battaglia della rivoluzione puritana. Tornato nella Virginia, si arricchì con l'acquisto, per donazione reale, di un vasto latifondo a Green Spring e con larghe relazioni di affari (commercio di pelliccerie) con gl'Indiani. Dopo la caduta di Carlo I nel 1651, il B. negò il riconoscimento personale alla repubblica di Cromwell e, all'arrivo in America d'una flotta "regicida", si ritirò nelle sue proprietà in una specie d'aventinismo monarchico che gli valse lode e gloria tra gli emigrati stuardiani d'allora, ch'egli continuava ad ospitare con signorile splendore nella sua casa baronale a Green Spring.
Il ritorno degli Stuart al trono d'Inghilterra nel 1660 fu un trionfo per il fedele B. che si vide richiamato a rioccupare il governo del Dominio, che doveva amministrare per quindici anni ancora con principî di assolutismo personale. Ma pare che il B. avesse cominciato a soffrire di una specie di disintegrazione morale. Il suo carattere resse male alla gloria ricuperata. In questa terza fase della sua carriera si rivela uomo d'una crudele superbia - "laccio e scudiscio" - e di un'avarizia senza limiti. Un tale regime non poteva durare. Elementi nuovi penetravano da ogni parte nella Virginia, soprattutto nell'ovest, e ricreavano l'opposizione democratica al B. Un pretesto specifico di lotta sorse intorno alla politica da seguire verso gl'Indiani. Il B., per interesse personale, si diceva, voleva la pace a qualsiasi condizione e si rifiutò di organizzare una difesa militare lungo le frontiere. Gli elementi popolari allora si organizzarono indipendentemente sotto la guida di Nathaniel Bacon, ricco cavaliere, che si rivelò presto un capo militare di prim'ordine. Nel 1657 il Bacon attaccò gl'Indiani con un migliaio d'uomini. Dichiarato ribelle dal B., il Bacon marciò allora contro Jamestown (capitale della colonia) e destituì "il tiranno". La ribellione sembrava trionfare quando, inaspettatamente, il Bacon morì. Il B. colse il momento favorevole e, corrompendo i nuovi capi dei Baconiani con laute offerte di denaro, tornò al potere. Ma la sua cinica e scherzosa crudeltà verso i vinti, che impiccava a frotte, íece inorridire anche i fautori più spinti della reazione. Accusato formalmente alla corte a Londra, il B. corse in Inghilterra per difendersi. Il sovrano, però, non volle riceverlo, e il cuore del vecchio lealista non resse alla rabbia e alla delusione. Egli morì qualche giorno dopo di un attacco cardiaco.
Bibl.: Andrews, Original Narratives of the (American) Insurrections, New York 1915, pp. 1-141; Neill, Virginia Carolorum, Albany 1886, cap. VI. Sugli atti ufficiali del B., Bruce, Institutional History of Virginia, New York 1901. Sulla vita di B. a Green Spring, si veda la narrazione contemporanea di Norwood, Voyages, Londra 1649.