Menzies, William Cameron
Scenografo, regista e produttore statunitense, nato a New Haven (Connecticut) il 29 luglio 1896 e morto a Los Angeles il 5 marzo 1957. Viene considerato uno dei fondatori della scenografia cinematografica moderna, intesa come ideazione e costruzione di uno spazio globale, con un attento controllo di tutti gli elementi tecnici e figurativi, ma anche degli aspetti storico-culturali.
Dopo aver frequentato la Yale University, l'università di Edimburgo e la Art Students League di New York, prestò servizio militare durante la Prima guerra mondiale. Al suo ritorno conobbe lo scenografo Anton Grot, che lo assunse come assistente presso la Famous Players-Lasky di New York: questo incontro, e il conseguente avvicinamento a un tipo di scenografia espressionista e visionaria, fu determinante per la sua carriera. Con Grot, M. creò alcune ambientazioni di grande suggestione, come quelle orientaleggianti in The Naulahka (1918) di George Fitzmaurice. Dal 1920 lavorò a Hollywood come scenografo indipendente, uno dei pochi del cinema americano negli anni Venti e Trenta; curò tra l'altro The deep purple (1920) e The oath (1921) di Raoul Walsh. Nel 1923 firmò le imponenti scene di Rosita (1923) di Ernst Lubitsch, nelle quali ricostruì un intero quartiere di Siviglia; l'anno successivo, in The thief of Bagdad (1924; Il ladro di Bagdad) di Raoul Walsh, da un racconto di Le mille e una notte, M. ricreò magistralmente, in collaborazione con Grot, il mondo fastoso e fiabesco dell'antica città. Nel 1929 vinse il primo Oscar per la categoria 'miglior scenografia e arredamento', appena istituita, per The dove (1927; La colomba) di Roland West e Tempest (1928; Nella tempesta) di Sam Taylor, opere storico-avventurose nelle quali si riconoscono i segni di un grande mestiere, ma che meno di altre rappresentano le caratteristiche tipiche del suo talento, più incline a ricostruzioni fiabesche o addirittura fantascientifiche. È questo il caso di Alice in Wonderland (1933), di Norman Z. McLeod, per il quale fu sia scenografo (con Robert Odell) sia sceneggiatore (con Joseph L. Mankiewicz). Divenne però famoso per un film che era lontano dai suoi filoni favoriti, Gone with the wind (1939; Via col vento) di Victor Fleming, che gli valse l'Oscar nel 1940. Insieme a Lyle Wheeler, ricostruì la vita opulenta del Sud degli Stati Uniti prima della guerra di Secessione: fedele al dettaglio storico, coordinò scene e costumi, assumendo il titolo di production designer (ideatore e supervisore scenografico), termine coniato per lui proprio in questa occasione. Dal 1939 firmò diversi film importanti, sempre come production designer, tra cui: Intermezzo (1939) di Gregory Ratoff, con Wheeler; For whom the bell tolls (1943; Per chi suona la campana) di Sam Wood, con Hans Dreier; Arch of triumph (1948, Arco di trionfo) di Lewis Milestone; e The black book (1949; Il regno del terrore) di Anthony Mann. All'attività di scenografo affiancò quella di regista; tra le prime opere da lui dirette vanno segnalate Chandu the magician (1932), dal taglio decisamente espressionista, e soprattutto Things to come (1936; La vita futura), su sceneggiatura di Herbert G. Wells, considerato il suo miglior film, per il quale, con Vincent Korda, disegnò alcuni dei più suggestivi e famosi set nella storia del cinema di fantascienza, con evidenti richiami all'Art déco. Diresse anche The maze e un altro film di fantascienza, Invaders from Mars (Gli invasori spaziali), entrambi del 1953.
A. Harmetz, On the road to Tara: the making of Gone with the wind, New York 1996, passim; M.L. Stephens, Art directors in cinema, Jefferson (NC)-London 1998, ad vocem; R. Menarini, A. Meneghelli, Fantascienza in cento film, Recco 2000, pp. 36-42 e 61-64.