THACKERAY, William Makepeace
Romanziere inglese, nato a Calcutta il 18 luglio 1811 e morto nella notte dal 23 al 24 dicembre 1863. Avendo perduto a quattro anni il padre (che, seguendo la tradizione familiare, s'avviava a far fortuna al servizio dell'India Company), il Th. fu mandato a educare in Inghilterra (nel viaggio la nave toccò Sant'Elena, e il bimbo fu condotto da un servo negro a vedere Napoleone). Affidato a delle parenti, il Th. passò la fanciullezza in compagnia quasi esclusivamente di donne, e ciò lo rese incapace di mescolarsi coi coetanei a Charterhouse, dove fu dal 1822 al 1828: il senso d'isolamento e di vera e propria disperazione che provò in questi anni di collegio non dovette essere senza effetto sul suo atteggiamento futuro di fronte al mondo. La brutalità di certi aspetti della vita di public school inglese lasciò nel Th. una traccia indelebile, ché nella zuffa con un compagno (George Stovin Venables, che del resto fu suo amico per tutta la vita) ebbe rotto il naso, rimanendone sfigurato. Dopo una breve residenza in famiglia (la madre nel 1818 aveva sposato un maggiore del genio del Bengala, H. W. Carmichael Smyth, era tornata in Inghilterra nel 1821 e si era stabilita col maritò prima a Addiscombe, poi a Ottery St Mary, dove la raggiunse il Th. che descrisse questa residenza in Pendennis), nel febbraio 1829 fu il Th. immatricolato a Trinity College, Cambridge. A quella università rimase soltanto fino alle vacanze pasquali del 1830, poco profittando di studî ai quali non si sentiva attirato; vi conobbe alcuni contemporanei destinati a diventar famosi, specialmente il Tennyson e Edward Fitz Gerald; si dilettò di conversazioni e dibattiti letterarî, e collaborò con versi umoristici a un giornale universitario, lo Snob (questo termine indicava a Cambridge la popolazione della città contrapposta a quella studentesca). Le vacanze estive del 1829 le aveva passate a Parigi a studiare il francese e il tedesco; nel 1830 fu a Colonia e soprattutto a Weimar, dove rimase alcuni mesi, godendo della semplicità e dell'affabilità di quella piccola corte, e venendo a contatto col Goethe, ma più ammirando lo Schiller "la cui religione e la cui moralità erano impeccabili". Pensò a una carriera diplomatica, ma si risolvette per la forense.
Tornato in Inghilterra nel 1831, iniziò gli studî legali al Middle Temple, ma a quegli studî preferiva la società di letterati e di artisti, sicché dopo che nel 1832 fu venuto in possesso del proprio patrimonio, acquistò e diresse un giornale letterario íil National Standard and Journal of Literature, ecc.), al quale collaborò con lettere da Parigi. Parte in questa sfortunata intrapresa (il giornale cessò di pubblicarsi nel febbraio del 1834, dopo un anno di vita), e più ancora al giuoco, perse quasi tutto il patrimonio ereditato dal padre, e fu ridotto a campare del suo talento di giornalista e di caricaturista. Offrì al Dickens, dopo la morte di Robert Seymour nell'aprile del 1836, d'illustrare i Pickwick Papers, ma senza esito; nello stesso anno pubblicò il suo primo volumetto (Londra e Parigi): Flore et Zéphyr, otto disegni satirici litografati, e divenne corrispondente parigino del Constitutional, giornale ultraliberale che suo patrigno aveva contribuito a fondare. Fidando nello stipendio del giornale, il Th. sposò in quell'anno Isabella Gethin Creagh Shawe, figlia d'un colonnello irlandese che aveva prestato servizio in India. Ma il giornale fallì dopo sei mesi, rovinando quasi il suo finanziatore (lo Smyth, prototipo del colonnello Newcome del romanzo The Newcomes, somigliava all'eroe del romanzo anche nella sua debolezza per speculazioni assurde); il Th. si volle sobbarcare a pagare i debiti in cui il patrigno era incorso in quella disgraziata speculazione, ma poté riuscirvi completamente solo col successo di Vanity Fair, poiché le prime opere, quali The Yellowplush Papers, scritti per il Fraser's Magazine nel 1838 (ove il gran mondo è visto attraverso la mentalità d'un servitore, Mr. Yellowplush) e The Paris Sketchbook (1840, con lo pseudonimo di Mr. Titmarsh) non ebbero largo seguito. A render più penosa la situazione del Th. sopravvenne nel 1840 una tragedia domestica: dopo aver data alla luce una terza bambina (la seconda era morta nel 1839), la moglie fu colta da alienazione mentale, e, nonostante ripetuti tentativi di cure - il Th. la condusse a Parigi, poi in Germania - non ricuperò la ragione per tutto il resto della vita (visse fino al 1894).
Separatosi dalla moglie, affidate le figlie alla cura dei nonni, il Th. cercò di mantenersi coi proventi giornalistici, pubblicando in varî giornali e riviste (tra cui in Punch, al quale fu invitato a collaborare nel 1842, l'anno seguente alla sua fondazione), sotto diversi pseudonimi, articoli di critica, fantasie, bozzetti e romanzi; tra i bozzetti i più famosi son quelli che, apparsi in Punch nel 1846-47 (The Snobs of England, by One oj Themselves), vennero ristampati nel 1848 come The Book of Snobs, ove, sotto il comune denominatore di "snobismo" (fu il Th. a dare a snob il senso di: persona che grettamente e volgarmente ammira e cerca d'imitare e di frequentare i più ricchi e altolocati; chi desidera d'essere considerato importante socialmente), il Th. satireggia con aspra minuzia quasi tutti i difetti inglesi, o addirittura umani (l'autore concludeva essere forse impossibile per un Britanno di non essere uno snob in qualche misura). Benché il Th. s'atteggi a umorista, c'è ben poco umore e meno ancora buonumore in questi schizzi tracciati con penna arida ed esasperata; meglio meritò quel nome per le parodie dei romanzieri apparse in Punch nel 1847 (i Prize Novelists), per le operette burlesche A Legend of the Rhine (1845), Rebecca and Rowena: a Romance upon Romance (1850: rielaborazione di Proposals for a Continuation of "Ivanhoe", pubblicato nel Fraser's Magazine del 1846), per la fiaba grottesca The Rose and the Ring, or the History of Prince Giglio and Prince Bulbo: a Fireside Pantomime for great and small Children (1851), e per i suoi versi comici, sebbene i migliori di questi, la Ballad of Bouillabaisse (pubbl. in Punch, 1849), sulle memorie rievocate dall'angolo d'una locanda parigina dove il poeta con la sua giovine moglie e gli amici soleva mangiare la bouillabaisse, siano più amari che giocosi. In verità, in tutta la migliore opera del Th. il humour non è mai schietto: la satira, il melanconico moraleggiare prendono il sopravvento; come ha notato un romanziere moderno, J. B. Priestley, "il riso non è ancor finito, che si vede l'autore scrollare il capo".
Il primo romanzo del Th., The Luck of Barry Lyndon (con questo titolo apparve nel Fraser's Magazine del 1844; fu poi intitolato The Memoirs of Barry Lyndon Esq., bv Himself), scritto in reazione alla romantica raffigurazione dei delinquenti che continuava, sulle orme di Byron, in Bulwer Lytton e altri, non ebbe successo: come il Jonathan Wild del Fielding, il protagonista del romanzo del Th., uno sfrontato irlandese, racconta le gesta della sua carriera d'avventuriero e di furfante come se fossero le cose più naturali del mondo. Un'avventuriera è anche la figura centrale del romanzo che rese il Th. celebre, Vanity Fair, pubblicato a puntate mensili dal gennaio 1847 al luglio 1848, secondo il sistema messo in voga dal Dickens.
Nel romanzo (dal sottotitolo: A Novel wit?hout a Hero) sono messe a contrasto la carriera di Becky Sharp, intelligente e perfida arrivista, e quella della virtuosa, graziosa e sciocca Amelia Sedley. Il ritratto di Becky è tracciato con tutto l'acume d'osservazione a cui l'esempio della scienza e il razionalismo imperante andavano avvezzando i romanzieri. Suo padre era un artista ubriacone e squattrinato, sua madre una ballerina francese (il Th. si preoccupa di dar sangue non inglese ai suoi avventurieri; si noti che Barry Lyndon era irlandese); fino da piccola Becky aveva appreso a dissimulare e a piaggiare per ottenere favori dalla gente; inoltre l'esperienza dell'ambiente artistico nei primi anni le fa disprezzare il gretto decoro della scuola di miss Pinkerton dove entra come tirocinante di francese, e poi il convenzionalismo e la moralità della borghesia, e l'inettitudine delle classi alte con cui viene successivamente a contatto. Becky si dà quindi senza scrupoli a far fortuna sfruttando coloro che le sono socialmente superiori. Dapprima cerca di accalappiare il fratello di Amelia, la ragazza di buona famiglia che ha conosciuto a scuola, poi, divenuta governante nella casa del vecchio cinico sir Pitt Crawley, s'insinua nelle grazie di costui e della sua ricca sorella miss Crawley; il baronetto, alla morte di sua moglie, offre di sposarla, e allora viene in luce che Becky si è già segretamente sposata con Rawdon, secondo figlio di sir Pitt e beniamino di miss Crawley, ufficiale di cavalleria, giocatore e spadaccino: codesto passo falso di Becky provoca l'ira del vecchio, e fa perdere a Rawdon l'eredità della zia. Più tardi Becky se la intende con George Osborne, un altro ufficiale, che ha sposato Amelia dietro le insistenze del commilitone capitano Dobbin, quando già non voleva più saperne perché il vecchio Osborne, intesa la catastrofe finanziaria dei Sedley, aveva vietato al figlio quel matrimonio. La tresca di Becky con George, che sua moglie ama ciecamente, avviene alla vigilia di Waterloo, in cui George trova la morte.
A dispetto della povertà e delle basse origini, Becky riesce a far strada nell'alta società di Parigi e di Londra; si lascia mantenere da lord Steyne a insaputa del marito che, sorpresili, fa una scenata e rompe i rapporti con Becky. Dopo una vita randagia in luoghi continentali di fama sospetta, l'avventuriera ritrova il fratello d'Amelia, il grasso Jos Sedley, sua antica fiamma, e gli si mette attorno come infermiera, finché costui, che ne ha una terribile paura, le lascia parte del suo patrimonio morendo; Becky, assunta la maschera della rispettabilità, della devozione e della filantropia, è ben accolta nella società di Bath e di Cheltenham, ove è creduta una vittima. Amelia vive una vita di povertà e d'umiliazione, eonfortata dal fedele Dobbin, che consente finalmente a sposare quando Becky le scopre il tradimento del defunto George, la cui memoria essa venerava.
Il successo di Vanity Fair fu graduale; i contemporanei misurarono i meriti del Th. e quelli di Dickens, e mentre quest'ultimo rimase di gran lunga il romanziere più popolare, il Th. fece appello al pubblico più colto e alla critica; il confronto tra i due, divenuto tradizionale, non ha veramente ragione d'essere.
Nel maggio del 1848 il Th. conseguì il titolo di barrister, probabilmente con l'intenzione d'ottenere un posto nella magistratura con l'aiuto dell'amico Monckton Milnes (poi lord Houghton); avrebbe così seguito le orme del Fielding. Ma essendo necessaria per la nomina una pratica forense di sette anni, il disegno non ebbe seguito. Il Th., ridotta la collaborazione a Punch, che venne a cessare nel 1854 (nel 1851 dissentì dal giornale per gli attacchi di questo a Napoleone III), si dedicò alla composizione di romanzi.
A Vanitv Fair seguì Pendennis (pubblicato a puntate, 1848-50), in cui il Th. rielabora fantasticamente le esperienze dei suoi anni giovanili (per es., Ottery St Mary diventa Clavering St Mary, ecc.), non però fino al punto di permettere una perfetta identificazione di personaggi; altro romanzo di vita contemporanea è The Newcomes (1853-55), in cui è uno dei pochi episodî schiettamente patetici dell'opera del Th., la morte del colonnello Newcome, anima generosa e nobile, ma ingenua come quella di un fancíullo: il romanzo, al solito, è piuttosto la narrazione d'una vasta porzione della storia d'una famiglia che una vicenda dal definito intreccio. Romanzi storici sono invece Henry Esmond (1851-52, autobiografia d'un uomo divenuto maturo durante il regno della regina Anna, opera mirabile per l'esattezza della prospettiva storica) e il suo seguito, The Virginians (1857-59). Col successo di questi romanzi venne la prosperità e il Th. fu accolto con entusiasmo da quello stesso mondo contro cui la sua satira era diretta; nel 1851 fu eletto membro dell'Athenaeum Club, di cui divenne figura familiare. Per lasciare una dote alle figlie, seguì l'esempio del Dickens tenendo lucrativi cicli di conferenze in Inghilterra (The English Humourists of the Eighteenth Century, 1851, pubbl. in vol. nel 1853) e in America (1852-53 e 1855-56: in questo secondo giro lesse i saggi su The Four Georges, pubbl. 1860). Nel 1853 il Th. si recò a Roma, dove, per divertire le figlie, fece i disegni che poi dovevano apparire ampliati in The Rose and the Ring (v. sopra); un attacco di malaria rese ancor più cagionevole la sua salute, che non era stata più buona dopo una malattia del 1849. Di questo deperimento risentono le opere successive, come The Virginians, mancante della consueta robustezza, e più ancora gli ultimi romanzi che apparvero nel Cornhill Magazine. Questa rivista, nata nel 1860, ebbe il Th. a direttore fino all'aprile 1862, quando il romanziere dovette abbandonare il posto per motivi di salute. In essa apparvero anche alcuni dei migliori saggi del Th., i Roundabout Papers.
Tipico rappresentante del compromesso vittoriano (v. inghilterra: Letteratura), ironista per represso romanticismo, ancorato saldamente nell'eticità borghese predominante, traendo materia di caricatura dal suo moralistico aborrimento di ogni eccesso, il Th. mira a tornare alla lucida arte, al romanzo di "umori" o tipi del Fielding (e sugli umoristi del Settecento scrive il suo miglior libro di critica). Per paziente finezza e finitezza d'osservazione l'arte del Th. ha uno stampo di classicità che certamente manca al Dickens, ma se in Dickens l'esuberanza è spesso un difetto, il vizio opposto, di mancanza d'abbandono che s'inasprisce in sarcasmo (il Th. è stato definito a torto un cinico) dà alle pagine del Th. una qualità gelida che ci fa sospettare di trovarci in presenza d'un genio creativo singolarmente distorto da una repressione. Il continuo sorvegliarsi la mano nel muovere i personaggi attira troppo l'attenzione del lettore sui fili di questo ingegnoso teatro di marionette: il corso degli eventi è costantemente inceppato da digressioni il cui solo scopo sembra quello di provare che l'autore è troppo intelligente per lasciarsi prender la mano e mettere in mezzo dalle sue creature. Solo nell'analisi degli amori del protagonista in Esmond egli riesce a liberarsi in parte dai gretti limiti della sua arte.
Bibl.: Delle molte edizioni citiamo quella di Oxford (The Oxford Thackeray), a cura di G. Saintsbury, in 20 o 17 volumi (a seconda del tipo); la prima edizione collettiva apparve a Londra nel 1867-69, in 22 volumi. Vers. ital.: Il libro degli snob, a cura di G. Guerrini, Roma 1924, di S. Spaventa Filippi, Milano 1927; La Fiera della vanità, trad. G. B. Martelli, Roma 1882, A. Kerbaker, Milano 1916; Il ballo della signora Perkins, trad. M. Farina, Firenze 1929. - Biogr. e critica: A. Trollope, Thackeray, Londra 1879 (English Men of Letters); L. Melville, W. M. Th., ivi 1927 (1a ed. 1889); G. Saintsbury, A Consideration of Th., Oxford 1931; M. Elwin, Th.: a Personality, Londra 1932; R. Las Vergnas, W. M. Th.: l'homme, le penseur, le romancier, Parigi 1932; H. S. Gulliver, Th.'s Literary Apprenticeship; a Study of the Early Newpaper and Magazine Work of W. M. Th., Valdosta, Ga. 1934; L. Baucke, Die Erzählkunst in Th.'s. Vanity Fair, Amburgo 1932.