JEVONS, William Stanley
Filosofo ed economista inglese, nato a Liverpool, il 1ª settembre 1835, morto annegato a Galley Hill (Bulverhythe) presso Hastings, il 13 agosto 1882. La sua tempra di scienziato si venne foggiando attraverso studî fisici e matematici in un primo tempo e attraverso studî filosofici e morali in un secondo, dopo un breve intervallo d'attività pratica in Australia alla zecca di Sydney. Professò logica ed economia successivamente a Manchester (1863-1876) e a Londra (1876-1881); la sua fervida vita fu stroncata improvvisamente nel pieno della sua maturità di uomo e di scienziato.
La sua opera filosofica, connessa intimamente alla sua opera multiforme di economista e di statistico, da cui attinge valore, è rilevante per l'influenza pratica esercitata, le cui tracce persistono tuttora, specie in Inghilterra. La sua logica ha natura meccanicistica: al processo deduttivo è riconosciuta una validítà obiettiva, a sé stante; la matematica è chiarita come una forma particolare di logica; il problema delle probabilità è impostato nettamente secondo i criterî della statistica metodologica moderna. La sua filosofia della pratica, non espressa esplicitamente ma implicita in molti suoi scritti, implica una piena adesione alle correnti utilitaristiche, sia all'etica utilitaria sia alla psicologia edonistica: J., conscio, naturalmente, a differenza di alcuni suoi epigoni, dei presupposti di siffatte correnti, che, con la sete di certezza, rappresentano tanta parte dello spirito inglese, oltre che della vita dei suoi tempi, le applica di proposito all'"economia razionale", o pura, tentando di fondere tra loro dottrina utilitaria, considerata nei suoi presupposti subiettivi, e dottrina economica, secondo un ordine d'idee poi ripreso da F.Y. Edgeworth e da M. Pantaleoni. Dal puuto di vista della teoria economica siffatto ordine d' idee rappresenta una reazione contro la concezione obiettiva della scienza ricardiana, rappresentata ai tempi di J. da J. Stuart Mill e da I.E. Cairnes, che fa del valore di scambio il centro dell'economia, e contro le concezioni critiche storicistiche, che l'impostazione ricardiana pareva, di per sé, incapace ad abbattere.
La sua opera economica di natura teorica, per quanto appaia talora frammentaria e asistematica, conforme all'indole ardente e inquieta della sua anima, è della più alta importanza e tale da porre il J. tra gli economisti maggiori. Arduo è un giudizio preciso, non soltanto perché egli ha avuto dei precursori, sia pur senza saperlo inizialmente (per quanto almeno concerne i più importanti o meno remoti quali H. H. Gossen e È.-I. Dupuit) e dei contemporanei (L. Walras e K. Menger), che si aggirano nella sua stessa orbita, ma anche perché il sistema, da lui delineato, ma non svolto compiutamente, è stato assimilato dagli studiosi posteriori in misura maggiore di quanto sia avvenuto per altri grandi, quali, ad esempio, Ricardo, A.-A. Cournot e Walras. Seguaci, sia immediati sia mediati, hanno visto nella sua opera ora meno, ora più di quanto egli stesso, ben conscio del resto del proprio valore, pretendesse. Egli ha un potere straordinario nel suscitare nuovi quesiti senza risolverli (A. Young); d'altra parte, appare benconscio dei limiti della tesi che pone innanzi (H. Mayer), grazie, certo, alla preparazione acquisita riegli studî di logica e negli studî dei problemi economici concreti. Sono da ricordare tra i primi le seguenti opere: Primer of Logic (1876), Pure Logic and other minor works (1890) et Principles of Science (1874); tra i secondi The coal question (3ª ed 1906) e i saggi compresi in The State in relation to Labour (1882) e in due altri volumi postumi ricordati più innanzi.
Nella Theory of Political Economy (1ª ed. 1871; 2ª ed. 1879), a cui è particolarmente legata la sua fama di economista, sono svolte alcune tesi, poste innanzi, nelle linee generali, fin dal 1860-62. L'atteggiamento di J. è quello di un rivoluzionario: egli vuole mutare le basi su cui poggia la scienza economica del suo tempo, sintesi del sapere dell'età ricardiana. Se ed entro quali limiti la sua opera abbia realmente una portata rivoluzionaria è controverso e continuerà a esserlo, probabilmente, in avvenire in relazione agli sviluppi futuri della scienza economica: una tesi, che è venuta sempre più prevalendo, specie tra gl'Inglesi e gl'Italiani, vede nel suo sistema un importante complemento, variamente inteso dai diversi studiosi, del sistema di Ricardo (Pantaleoni, A. Marshall, Edgeworth, Young). E del pari controverso entro quali limiti egli abbia precorso le tendenze più moderne del pensiero economico (teoria dell'equilibrio generale). Alla stregua delle sue idee direttive i singoli problemi trattati dagli economisti precedenti s'impostano tutti su di una base nuova: in ciò si rivela in certo modo, la compiutezza ideale del sistema, di cui egli ha posto alcune delle basi principali (G. Del vecchio). J. sposta lo studio dell'economia dallo studio del valore allo studio dell'utilità e, rendendo quantitativo quest'ultimo concetto (mostrando cioè che l'utilità dipende dalla quantità), pone in rilievo l'importanza della distinzione fra l'utilità che un bene, complessivamente considerato, ha per un singolo individuo (utilità totale) e l'utilità che hanno per lui le singole dosi di questo bene e, in particolare, l'ultima dose, d'infima dimensione, conseguita o attesa o, comunque, sperata (grado finale di utilità). La considerazione del grado finale di utilità, che è l'equivalente esatto dell'ofelimità elementare di Pareto e della rarità di Walras, è, per molti problemi, più importante della considerazione dell'utilità totale: J. mostra come le varie questioni risultino precisate: come si determinino, in altri termini, varî punti di equilibrio, in quanto è appunto siffatto grado finale di utilità quello che gli uomini, consciamente o inconsciamente, considerano nelle loro decisioni. Un singolo problema particolare - distribuzione di un bene tra varî usi -, che si risolve tenendo conto del grado finale di utilità del bene stesso in tali usi, diviene la chiave di vòlta dell'economia e giova a porre su una base nuova tutti i prohlemi della produzione, dello scambio, della distribuzione e, in parte, della circolazione.
Altri concetti, oltre a quelli fondamentali, inseriti nella trattazione sono stati elaborati più tardi o attendono ancora in parte di essere elaborati; quali, ad esempio, quelli di previsione, di capitale e di dimensíoni delle quantità economiche (quest'ultimo aggiunto nella 2ª ed., l'ultima pubblicata prima della morte dell'autore).
J. non è soltanto un economista teorico, ma è anche uno statistico di prim'ordine, precursore di metodi moderni. I suoi studî di logica lo soccorrono: e gli giovano pure per esprimere la propria opinione sull'eterno conflitto tra storia e teoria. Le Investigations in Currency and Finance, raccolta di saggi pubblicata postuma (1884) secondo un disegno da lui prestabilito, conservano una freschezza non comune. La raccolta comprende trattazioni relative alle fluttuazioni periodiche dei prezzi e trattazioni relative a singole questioni monetarie. Altri suoi scritti minori, ora un po' dimenticati, quali quelli compresi in una seconda raccolta postuma di saggi (Methods of Social Reform, 1883), contengono impostazioni originali di problemi attinenti all'economia del lavoro e alle finanze pubbliche; la loro influenza sul pensiero posteriore appare però assai limitata, forse perché in tal campo altri indirizzi specie per quanto concerne la scienza delle finanze a cui si è voluto dare un carattere più astratto di quello implicitamente propugnato da J., stavano prevalendo.
Un elenco completo delle opere di J. è apparso in appendice alle Letters and Journal, pubblicate a cura della moglie (1886).
Bibl.: Scarsa è l'importanza teorica degli apprezzamenti che dell'opera del J. diedero varî contemporanei, incapaci di valutarla adeguatamente: caratteristica l'incomprensione del Cairnes. Una valutazione più equanime, ma tuttavia inadeguata, è quella di A. Marshall: recensione della Theory (in Academy, I, 1872), ristampata con un'aggiunta nei Memorials of A. M., Londra 1925, p. 93 segg.; tale recensione contiene in germe tutto il sistema teorico di Marshall.
Tra i giudizî più autorevoli sono da ricordare quelli di P. H. Wicksteed in Palgrave's Dictionary of Political Economy, Londra 1926; A. Young, Jevons' "Theory of Political Economy", in Economic Problems new and old, Boston 1927; G. Del Vecchio, Lezioni di economia pura, Padova 1932; H. Mayer, Der Erkenntniswert der funktionellen Preistheorien, in Wirtschaftstheorie der Gegenwart, II, Vienna 1932, pp. 177-188.