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WILLIRAM

di Vittorio Santoli - Enciclopedia Italiana (1937)
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WILLIRAM

Vittorio Santoli

Ecclesiastico tedesco. Discendente da illustre famiglia francone, entrò nel 1020 nel monastero di Fulda, diresse la scuola conventuale di S. Michele a Bamberga, divenne nel 1048 abate del modesto convento di Ebersberg nella Baviera superiore, dove morì nel 1085.

Il suo nome è affidato alla traduzione e al commento del Canti dei Cantici (1065 circa). L'opera è ordinata come un trittico: a lato della versione della Vulgata, assai efficace, in prosa. rimata francone orientale, si dispongono il commento latino, in versi leonini e il commento tedesco, in una prosa (che in questo si riallaccia a Notkero e, in generale, alla tradizione monastica) tutta costellata di parole e di espressioni latine, sia per gravità dottrinale sia per ottenere effetti retorici (anche questa prosa esegetica è ritmata). L'interpretazione allegorica del Cantico era ormai, in certo modo, fissa: l'originalità di W. è perciò i ricercarsi soltanto nella tendenza sistematica (per la quale egli si stacca decisamente dal commento, da lui largamente utilizzato, di Haimo), nell'indirizzo intellettuale (W. è antipagano e antiumanista; celebra la Chiesa come quella che sola può ridurre a salute l'anima del credente), e soprattutto nel senso formale. Ebbe infatti W. non vigoria ma senso letterario, intese di proposito scriver bene. E la sua opera di versione e commento del Cantico dei Cantici, sia per l'interesse della materia sia per la rispondenza alle nuove tendenze, piacque e si diffuse largamente, fin nel sec. XIII, come poche o forse nessun'altra fra le alto-tedesche antiche.

Ediz.: Edizione principe a cura di Paulus Merula, Leida 1598; ed. critica a cura di J. Seemüller, Strasburgo 1878 (su cui cfr. P. Pietzsch, Zeitschr. f. deutsche Philol., . X, 1879, pp. 214-27).

Bibl.: W. Scherer, Leben W.s, nei Sitz.-Berichte di Vienna, LIII (1866), pp. 197-303; J. Seemüller, Die Hss. u. Quellen von W.s deutscher Paraphrase des Hohen Liedes, Strasburgo 1877 (cfr. Zs. f. deutsche Philol., IX, pp. 227-40); G. Ehrismann, Gesch. d. deutschen Literatur bis zum Ausgang des Mittelalters, II, i, Monaco 1922, pp. 18-29; E. Brodführer, Beiträge zur Syntax W.s, Halle 1906; F. Leimbach, Die Sprache Notkers u. W.s, Gottinga 1934.

Vedi anche
abate Superiore di un monastero autonomo (sui iuris), proprio degli ordini benedettini e delle loro varie ramificazioni. Il nome deriva dalla parola aramaica ābā, (➔ abba) intesa come «padre». Latino Pacato Drepànio Pacato Drepànio, Latino (lat. Latinius Pacatus Drepanius). - Retore gallo (sec. 4º d. C.), amico di Ausonio e di Simmaco; capo di una legazione a Roma (389), pronunciò un panegirico di Teodosio, a noi giunto, interessante come documento storico. Fulda Città della Germania (Assia; 64.097 ab. nel 2007). Sorta nell’8° sec. attorno all’abbazia sulla strada Magonza-Turingia, acquistò importanza commerciale nell’11° sec. con la concessione agli abati dei diritti di mercato. Fortificata ed elevata a città nel 1208, subì gli effetti destabilizzanti della ... Vulgata (o Volgata) Nome della versione latina della Bibbia, nel testo adottato dalla Chiesa latina. ● Nel 4° e 5° sec. si chiamava Vulgata la versione greca dei Settanta e quella latina da essa derivata; il termine Vulgata per intendere la versione latina di s. Girolamo fu adottato dagli inizi del 16° sec. ...
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