WINDMILL HILL, Cultura di
Cultura neolitica della Gran Bretagna. Prende nome dalla località presso Avebury (North Wiltshire) sede di importanti trovamenti. La cultura di W. H. segna l'inizio del Neolitico inglese, ed è diffusa nella parte meridionale e orientale della Gran Bretagna.
Nel 1954 S. Piggott pubblicò i risultati dei suoi studî sul Neolitico nelle Isole Britanniche, giungendo a tracciare un quadro della cultura di W. H. relativamente compiuto. Il Neolitico inglese veniva suddiviso in Primary e Secondary; la cultura di W. H. veniva attribuita al primo di questi due periodi, e la sua area di diffusione primaria veniva posta nel Sussex e Wessex. Nel Secondary Neolithic veniva posta la cultura di Peterborough, diffusa principalmente nel S dell'Inghilterra, i cui stili ceramici erano considerati di tradizione esterna, e la cui economia veniva riallacciata alla tradizione mesolitica locale piuttosto che all'economia di tipo neolitico (allevamento e agricoltura) di W. Hill. Tutto lo svolgimento veniva posto da Piggott entro la prima metà del II millennio a. C. A questo quadro iniziale sono state apportate sostanziali modifiche, soprattutto in seguito all'applicazione del metodo del radiocarbonio per le datazioni, e grazie ai lavori di I. Smith e di J. Clark. Attualmente il Neolitico inglese viene suddiviso in Antico, Medio e Recente, e il suo inizio viene posto nella seconda metà del IV millennio a. C. Al Neolitico Antico vengono oggi attribuite le più antiche manifestazioni della cultura di W. H., la cui area primaria di diffusione sembra essere la zona sud-occidentale della Gran Bretagna; mentre gli stili ceramici che Piggott riferiva alla cultura di Peterborough (stili di Ebbsfleet, Mortlake e Fengate) vengono spiegati come parte dello svolgimento locale insulare della cultura di W. H., con un inizio riferibile al Neolitico Medio. Fra i monumenti principali della cultura di W. H. i più noti sono i causewayed camps, campi circondati da uno o più fossati concentrici, circolari o ovali, con terrapieno dalla parte interna, interrotti in varî punti da tratti non scavati (causeways) e situati generalmente sulla sommità di colline di forma tondeggiante. Qualche confronto è possibile con strutture analoghe che compaiono nelle culture di Chassey (v. vol. ii, pag. 538) e Michelsberg (v. vol. iv, pag. 1117). Per l'assenza quasi completa di strutture lignee interpretabili come resti di abitazioni, e per la presenza di abbondanti ossa di animali, soprattutto vitelli, i recinti sono stati mizialmente spiegati dal Piggott come luoghi di raccolta stagionale del bestiame appartenente a varie tribù, che verso la fine dell'estate si riunivano con le loro mandrie procedendo all'uccisione della maggior parte degli animali giovani, che non potevano essere nutriti durante l'inverno a causa delle primitive condizioni dell'agricoltura. Questa pratica avrebbe portato come conseguenza la lavorazione in loco delle pelli degli animali uccisi; nei fossati sono stati infatti rinvenuti numerosi strumenti di osso e corno specializzati per la lavorazione delle pelli. In lavori più recenti Piggott appare però assai più incerto sul significato dei causewayed camps. I. Smith li interpreta invece come luoghi di riunione di genti appartenenti a varie tribù o gruppi, probabilmente per la celebrazione di feste a sfondo religioso. Sostanzialmente manca ancora una interpretazione del tutto soddisfacente di questa classe di monumenti, soprattutto perché, se si escludono appunto i causewayed camps, i resti di abitati attribuibili alla cultura di W. H. sono molto scarsi.
Un'altra testimonianza di essa sono i long barrows o tumuli allungati, monumenti funebri collettivi con gli scheletri (generalmente da 20 a 25) riuniti a uno degli estremi del tumulo. Manca qui la camera sepolcrale di pietra, che caratterizza le tombe megalitiche, mentre appaiono tracce di strutture lignee, probabilmente recinti che servivano per accogliere le deposizioni successive fino al momento in cui veniva innalzato il tumulo. Il numero relativamente limitato di deposizioni fa supporre che i long barrows siano monumenti funebri a carattere aristocratico, riservati a singole famiglie per qualche generazione. Qualche affinità sembra riscontrabile con monumenti funebri della cultura di Chassey in Bretagna, mentre appaiono meno chiari i confronti con la Polonia (tumuli allungati della Kujavia). Il terzo gruppo di monumenti che Piggott considerava distintivi della cultura di W. H. fin dai suoi inizî sono le miniere o cave di selce, gallerie e pozzi scavati nella roccia gessosa per raggiungere le vene di selce, in corrispondenza delle quali sono state spesso scoperte officine per la lavorazione della pietra estratta. Secondo studî più recenti sembra invece accertato che lo sfruttamento sistematico delle miniere di selce avvenne soltanto durante il Neolitico Recente; nelle fasi precedenti sembra che nell'area della cultura di W. H. la selce venisse importata, in particolare dalla Cornovaglia, ma non estratta su larga scala.
La ceramica della cultura di W. H. è generalmente di colore scuro, con superficie lisciata e spesso lucidata, e comprende poche forme per lo più a profilo continuo, meno spesso carenate o con collo distinto, con fondo arrotondato. Le prese sono di forme varie, forate o no, gli orli sono generalmente semplici e dritti nelle fasi iniziali, più tardi ingrossati, talvolta leggermente svasati. La decorazione, presente soprattutto nelle fasi avanzate, è costituita essenzialmente da punti o gruppi di linee incise o scanalate, disposte in bande o file orizzontali. In base ai caratteri stilistici essa è stata divisa dal Piggott in gruppi regionali, alcuni dei quali (Windmill Hill, Hembury) considerati più antichi e derivati direttamente dal Neolitico continentale, mentre altri venivano interpretati come sviluppi locali insulari. Gli studî successivi hanno invece mostrato che lo stile ceramico più antico della cultura di W. H. è quello che prende nome da Hembury, nel Devon; si tratta di uno stile estremamente semplice (vasi con profilo continuo e orli dritti, decorazione quasi del tutto assente) diffuso nell'Inghilterra di S-O. Le datazioni al radiocarbonio confermano che questa è l'area del primo sviluppo del Neolitico inglese. A Windmill Hill questo tipo di ceramica compare in una occupazione che precede la costruzione dei fossati. Lo stile di Hembury appartiene al Neolitico Antico. Durante il Neolitico Medio si sviluppano gli stili di Ebbsfleet (Kent), che Piggott attribuiva alla cultura di Peterborough, Abingdon (valle del Tamigi) e Windmill Hill vero e proprio, cui corrispondono nel Sussex lo stile di Whitehawk e in East Anglia quello di Mildenhall; le forme sono ancora molto semplici, ma gli orli sono spesso ingrossati, e la decorazione piuttosto frequente. Il causewayed camp di Windmill Hill viene costruito per la prima volta durante questa fase.
Con il Neolitico Tardo compare in Inghilterra il vaso campaniforme (v. vol. ii, pag. 302), che rappresenta un elemento di provenienza esterna nello svolgimento delle culture della Gran Bretagna; contemporaneamente dalla cultura di W. H., e in particolare dalla ceramica dello stile di Ebbsfleet, derivano gli stili di Mortlake e Fengate, nei quali si accentua la tendenza all'ingrossamento degli orli e all'uso frequente della decorazione.
L'industria litica comprende principalmente accette di selce scheggiata o in parte levigata, con tallone terminante a punta, punte di freccia e qualche punta di giavellotto. Numerosi strumenti in osso e corno di cervo: picconcini per lo scavo dei causewayed camps e dei long barrows, palette ricavate da scapole di cervo, maiale e bue, antler combs (strumenti specializzati in corno di cervo) e punteruoli per la lavorazione delle pelli. Con la roccia gessosa locale venivano prodotti tozzi pendenti ornamentali e simboli fallici, probabilmente con significato religioso; in gesso sono le rare rappresentazioni di figure umane.
L'economia della cultura di W. H. è basata essenzialmente sull'allevamento (prevalenza di bovini, poi pecore, capre, maiali, cani); meno importante la caccia. La pratica dell'agricoltura è attestata dalla presenza di chicchi carbonizzati e di impressioni sulla superficie dei vasi di frumento e orzo, da macine e da rari elementi di falce in selce. Il numero elevato di accette di selce sembra indicare una intensa attività di disboscamento.
Nella sua opera principale S. Piggott, come già prima di lui V. G. Childe, aveva sostenuto la derivazione della cultura di W. H. dalle culture del cosiddetto Neolitico Occidentale (cultura franco-svizzera di Cortaillod e cultura francese di Chassey), gruppo nel quale veniva compresa anche la cultura belga di Michelsberg; successivamente lo stesso autore ha ipotizzato la presenza di elementi culturali derivati da Est (culture T. R. B. dell'Europa settentrionale e centrale, v.) forse per il tramite della cultura di Michelsberg, la cui appartenenza al gruppo occidentale era stata messa in dubbio da E. Vogt. Infine, in un riesame della cultura di W. H., egli constata che, mentre risulta per il momento molto difficile una definizione delle componenti culturali di W. H. nella sua fase iniziale, la fase matura sembra manifestare una commistione di elementi che includono tradizioni neolitiche occidentali (in particolare della cultura di Chassey) accanto a elementi derivati dalle culture T. R. B. o dalla cultura di Michelsberg, o dall'una e dalle altre.
Bibl.: V. G. Childe, Prehistoric Communities of the British Isles, Londra 1942; G. Bailloud, P. Mieg de Boofzheim, Les Civilisations néolithiques de la France, Parigi 1955; S. Piggott, The Neolithic Cultures of the British Isles, Cambridge 1954; id., in Proceeding Prehist. Soc., XXI, 1955, p. 96; J. F. Stone, Wessex before the Celts, Londra 1958; R. R. Clarke, East Anglia, Londra 1960; S. Piggott, The British Neolithic Cultures in their continental Setting, L'Europe à la fin de l'âge de la pierre, Praga 1961; S. Piggott, in Proceeding Prehist. Soc., XXVIII, 1962, p. 237; I. F. Smith, Windmill Hill and Avebury: Excavations by Alexander Keiller 1925-1939, Londra 1965; J. G. D. Clark, in Proceeding Prehist. Soc., XXXI, 1965, p. 58; R. W. Ehrich, Chronologies in Old World Archaeology, Chicago 1965; H. L. Thomas, in St. Med. Arch., XVII, 1967, pp. 52.
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