Witelo (dim. di Wito o Wido «Guido»; latinizz. Vitellio, it. Vitellione) Filosofo e matematico (n. in Slesia 1220-30 ca
m. dopo il 1277). Dopo aver studiato filosofia, matematica e fisica a Padova, fu a Viterbo, amico di Gugliemo di Moerbeke. Tra i suoi scritti, oltre alla Perspectiva, De elementatis conclusionibus («Sulle conclusioni tratte dagli Elementi di Euclide»), si ricordano De philosophia naturali, Scientia motuum caelestium, De ordine entium, De natura daemonum. W. ha sviluppato – in rapporto alla tradizione di Roberto Grossatesta e di R. Bacone – la metafisica della luce sul piano della ricerca «matematica» e della «dimostrazione naturale». Tra i riferimenti di W., oltre l’Ottica di Alhazen, gli Elementi di Euclide (nella traduzione di Campano da Novara), l’Ottica, la Catottrica e le Coniche di Apollonio di Perge, la Catottrica di Erone di Alessandria (attribuita a Tolomeo, nella trad. di Guglielmo di Moerbeke), altri matematici greci e infine Proclo. Dalla tradizione neoplatonica W. deriva i presupposti metafisici ove la discesa dall’uno al molteplice trova la sua continuità nella luce, attraverso cui le forme si diffondono e si adattano alle singole nature. Si comprende l’importanza, nella fisica, della luce (lumen) e della visione (visus), oggetto della Perspectiva: in questa opera la causalità efficiente delle cause naturali è studiata «con dimostrazione matematica e fisica» riconducendola ai «vari modi di visione» e cioè secondo schemi presi dalla propagazione della luce secondo raggi diretti, riflessi e rifratti. Nello sviluppo di questa analisi viene posta in primo piano una spiegazione matematico-sperimentale dei fenomeni ottici, con una forte attenzione alla tecnica di costruzione e utilizzazione degli strumenti ottici. Andrà in proposito ricordato che W. compì importanti esperienze e misurazioni, relative alla riproduzione, alla costruzione di specchi e di lenti, allo spettro dei colori.