Has, Wojciech Jerzy
Regista cinematografico polacco, nato a Cracovia il 1° aprile 1925 e morto a Łódź il 3 ottobre 2000. Esponente della 'scuola polacca', caratterizzata dall'interesse per il problema nazionale e portatrice di un cinema intimo e personale, H. scelse di non approfondire le tematiche sociali o morali, ma, artista dalla vena surreale e fantastica, elaborò in maniera del tutto personale gli argomenti dominanti tra i registi della sua generazione, conducendo i protagonisti dei suoi film verso una strada di non ritorno, in un territorio al confine tra realtà e immaginazione. Fu sempre affascinato dai progetti destinati a non essere realizzati, dagli individui che si oppongono inutilmente agli avvenimenti, dai tempi che non possono ritornare. Diventato famoso in Occidente soprattutto per Rękopis znaleziony w Saragossie (1965; Il manoscritto trovato a Saragozza), ricevette riconoscimenti nei festival di San Sebastián, Edimburgo e Sitges, nonché un premio della giuria al Festival di Cannes per Sanatorium pod klepsydrą (1973; La clessidra). A Cracovia, tra il 1945 e il 1947, studiò pittura all'Akademia Sztuk Pięknych (Accademia di belle arti) e regia all'Instytut Filmowym (Istituto di cinematografia). Nel 1946 fu aiuto regista presso gli studi cinematografici di Łódź; quindi lavorò dal 1947 al 1950 alla Wytwórni Filmów Dokumentalnych (Casa di produzione dei documentari) di Varsavia, per la quale realizzò cinque documentari (sull'arte e sulla sua città natale), e dal 1950 al 1955 alla Wytwórni Filmów Oświatowych (Casa di produzione dei film didattici) di Łódź, girando una decina di film educativi, soprattutto sul mondo industriale. Il suo debutto nel cinema a soggetto avvenne con il lungometraggio Pętla (1957, Nodo scorsoio), dal romanzo di M. Hłasko: il percorso di un alcolizzato verso il suicidio, raccontato non secondo lo stile realistico dello scrittore, ma con un espressionismo che suggerisce le proiezioni mentali del protagonista. Pożegnania (1958, Gli addii), premiato al Festival di Locarno, è tratto dal romanzo di S. Dygat: il protagonista è un intellettuale che vorrebbe emergere, ma non ha le capacità per farlo, e assume quindi un comportamento annoiato e distaccato per dissimulare il suo fallimento. H. tornò sul tema degli intellettuali velleitari in Wspólny pokój (1960, La camera comune), dal romanzo di Z. Uniłowski: il film, ritratto della vita di bohème a Varsavia negli anni Trenta, racconta le vicende di un gruppo di giovani che vivono in una sola stanza, tra progetti non portati a termine e il vuoto interiore. Il cinema polacco si stava allontanando sempre più dall'impegno morale dei primi anni del dopoguerra e le tematiche si facevano più personali: Rozstanie (1961, La separazione), dal racconto di J. Żlyńska, premiato dai critici polacchi, è una 'commedia dei sentimenti' su una donna che ritorna per pochi giorni nella piccola città dov'è nata. Lo sguardo di H. risulta rivolto al passato anche in film di ambientazione moderna come Złoto (1962, L'oro), sulla vita degli operai di un grande complesso industriale, o Jak być kochaną (1963, Come essere amata), dal romanzo di K. Brandys, dove un'attrice in viaggio su un aereo ricorda le sofferenze subite sotto l'occupazione tedesca. Rękopis znaleziony w Saragossie è forse il film più famoso di H.: superproduzione storica, è un originale adattamento di un romanzo del 19° sec. del polacco J. Potocki, Manuscrit trouvé à Saragosse. H. vi mantiene un tono di divertimento intellettuale, lontano dal tipico romanticismo dei registi della sua generazione, portando innovazione e ironia nel panorama dei kolossal storici coevi nel suo Paese. Il protagonista Alfons van Worden (Zbigniew Cybulski, suo attore preferito), capitano della guardia reale, in epoca napoleonica viaggia dall'Andalusia a Madrid, tra incredibili e affascinanti avventure. Vennero in seguito Szyfry (1966, Cifre), dal racconto di A. Kijowski, sulle ferite non rimarginate della guerra, e Lalka (1968, La bambola), tratto da un romanzo di B. Prus, sull'infelice amore di un mercante per un'aristocratica. Sanatorium pod klepsydrą, a sua volta tratto dal ciclo di racconti di B. Schulz, è invece il ritratto di una comunità ebraica del Sud della Polonia: il protagonista arriva in un ospedale, dove incontra il padre morto da tempo, rivive quel che ha già vissuto, ma quando torna al villaggio trova che tutto è stato distrutto per sempre e ormai quel popolo non esiste più. Le tematiche della morte e del senso della vita caratterizzano anche i successivi film di H.: Nieciekawa historia (1983, Una storia banale); Pismak (1985, Lo scrittore); Osobisty pamiętnik grzesznika (1986, Diario intimo di un peccatore scritto da lui stesso), avventura onirica ambientata nella Scozia del 18° sec.; mentre l'ultimo, Niezwykła podróż Baltazara Kobera (1988, L'insolito viaggio di Baltazar Kober), attraverso l'odissea di un giovane nella Germania del 16° secolo, porta uno sguardo fantastico sulla vita come sogno oppure come incubo. Dal 1974 H. insegnò regia alla scuola di cinema di Łódź, dove diresse (1981-1987) l'unità produttiva Rondo (Tesa), e di cui fu rettore (1990-1996).
Ph. Haudiguet, Nouveaux cinéastes polonais, in "Premier plan", 1963, 27, nr. speciale, pp. 99-103.
K. Eberhardt, Wojciech Has, Warszawa 1967.
J. Fuksiewicz, Le cinéma et la télévision en Pologne, Varsovie 1976, pp. 33-34, 44, 59.
Le cinéma polonais, sous la direction de B. Michalek, Centre Georges Pompidou, Paris 1992 (catalogo della mostra), passim.