GIUSTI, Wolfango (Wolf)
Nacque a Firenze, il 2 ott. 1901, da Ugo e Margarete Loose. Compì gli studi a Firenze ove si laureò in lettere, nel 1922, con una tesi di storia sotto la guida di G. Salvemini.
Negli anni che seguirono, usufruendo di borse di studio, fu a lungo in Cecoslovacchia, in Polonia e anche nell'Unione Sovietica. Delle esperienze da lui riportate ci testimoniano le pagine di Note dall'Europa Orientale, Lanciano 1925. Fu questo un periodo fecondo di studi e di incontri, determinante per la formazione del G., sia come uomo e studioso di ampi orizzonti culturali e di grande curiosità intellettuale, sia come slavista a tutto campo.
Tornato in Italia nel 1929, dopo altri soggiorni all'estero, iniziò quello stesso anno, su invito di G. Gentile, la sua collaborazione con l'Enciclopedia italiana, dove rimase fino al 1937; nel dopoguerra, dal 1945 al 1954, collaborò con l'Enciclopedia cattolica. L'8 febbr. 1930 aveva ottenuto la libera docenza; nel 1947 venne chiamato, come professore ordinario, alla cattedra di lingua e letteratura russa dell'Università di Trieste, dove tenne anche l'incarico di filologia slava. Passato alla facoltà di magistero di Roma nel 1967, vi restò fino al 1977, quando andò in pensione. Il 27 giugno 1945 aveva sposato Letizia Callari, da cui ebbe la figlia Vera.
Intensa fu anche la sua attività di pubblicista su quotidiani e periodici, tra cui Il Giornale d'Italia, Il Borghese e Vita sera. Dal 1950 al 1980 scrisse numerosi saggi su scrittori e pensatori slavi per la Strenna dei romanisti.
Il G. morì a Roma il 24 genn. 1980.
Egli rappresenta un esempio eloquente di quella slavistica "eclettica e totale" che si affermò in Italia nel periodo fra le due guerre. La notevole preparazione e la versatilità gli permisero di spaziare in ampi e vari settori di ricerca - dalla boemistica, alla russistica, alla polonistica e in altri ancora -, che egli indagò con l'acume e la finezza che gli erano propri. Gli aspetti fondamentali sui quali il G. concentrò di preferenza i suoi studi furono il movimento delle idee e la storia, analizzati, in specifico, attraverso le loro manifestazioni letterarie; infatti egli "nella storia trovava il primo momento di ogni conoscenza, il quando il perché il come, la chiave indispensabile della letteratura" (Satta Boschian).
La parte più cospicua della sua produzione riguarda la cultura russa; di questa il G. analizzò non solo le grandi figure ma anche le meno note, sempre collocandole sullo sfondo della cultura coeva, spaziando dalla Russia, e dal mondo slavo, alle comuni matrici e alle comuni correnti europee. E così per le figure di rilievo abbiamo, tra gli altri: Dostoevskij e il mondo russo dell'Ottocento (Napoli 1952), Il demone e l'angelo. Lermontov e la Russia del suo tempo (Messina 1968), Tra Pietroburgo e Roma: annotazioni su Gogol´ (Firenze 1978); mentre per i minori si annoverano saggi brevi e monografie come quella su L'ultimo controrivoluzionario russo: K. Pobedonoscev, Roma 1974. A ciò si aggiungono impegnati studi panoramici quali La grande stagione del romanzo russo (Roma 1957), Il secolo d'oro della poesia russa (Napoli 1961; intendendo dagli inizi dell'Ottocento alla rivoluzione del 1917), Russi dell'Ottocento (Roma 1970; analisi delle due grandi correnti di pensiero russe di quel secolo: occidentalismo e slavofilismo).
Grande attrazione esercitò su di lui la cultura ceca - anch'essa ripercorsa secondo i criteri di indagine su esposti - cui dedicò lavori di ampio respiro quali: Studi sulla cultura ceca contemporanea, Roma 1932; La Cecoslovacchia, ibid. 1945; Pagine boeme, ibid. 1970. Ma ne mise in rilievo anche le connessioni con la letteratura italiana: Vrchlický e Carducci, o anche Riflessi italiani negli scritti di Neruda (entrambi in Rivista di letterature slave, I [1926], 1-2, pp. 86-100, 114-195). Diversamente dalla stessa critica ceca, fu il primo in Italia ad apprezzare Le avventure del buon soldato Švejk di J. Hašek, che recensì e di cui fornì ampie sintesi in una serie di lavori apparsi sempre sulla Rivista di letterature slave: II (1927), pp. 148-151; III (1928), pp. 148-159; IV (1929), pp. 238-243; VII (1932), pp. 296-299; XX (1945), pp. 57-65.
Decisamente minore è l'attenzione che il G. riservò alla letteratura polacca scrivendo, negli anni Venti, sempre sulla Rivista di letterature slave, alcuni articoli, il più importante dei quali è Aspetti della poesia polacca contemporanea, ibid., VI (1931), pp. 223-246. Alla Polonia si interessò, come vedremo, soprattutto da un punto di vista storico-politico limitatamente ai rapporti tra l'Italia e le "nazioni" slave in epoca risorgimentale.
All'Ucraina e alla sua letteratura dedicò alcuni studi, tutti degli anni Venti, che costituiscono, e non solo in Italia, un unicum, in un momento storico in cui questo paese non aveva ancora acquistato, agli occhi dell'Occidente, una sua precisa individualità storica e culturale, a testimonianza, ancora una volta, dell'ampiezza di orizzonti e della feconda curiosità dello studioso, che toccò, fugacemente, anche la civiltà polaba (I Polabi del Luneburgo, in L'Europa orientale, V [1925], pp. 679-692).
Particolare attenzione il G. riservò ai legami degli Slavi con l'Italia (influssi esercitati da una parte, suggestioni ricevute dall'altra) e, soprattutto, con Roma. In Bastione Wern (Roma 1954; dal nome del capitano polacco caduto durante l'assedio del 1849), sono riuniti gli appunti presi nel corso di molti anni su polacchi e russi il cui nome è legato alla Roma di metà Ottocento: i polacchi A. Mickiewicz e Z. Krasiński, i russi N. Gogol´, E. Baratynskij, F. Tjučev, A.I. Herzen. La presenza di Roma nella letteratura russa viene ripresa e ampliata in un altro lavoro del 1969, I riflessi di Roma nella letteratura russa, in Studi romani, XVII (1969), 2, pp. 172-185.
Una serie di studi è dedicata alle connessioni tra il Risorgimento italiano e il mondo slavo. Fra questi ricordiamo: A.I. Herzen e i suoi rapporti con Mazzini e l'Italia, in L'Europa orientale, XVI (1935), pp. 3-71; Mazzini e gli Slavi, Milano 1940; il primo capitolo del su ricordato Bastione Wern; Polonia e Roma: annotazioni intorno ad alcuni scritti del Tommaseo, in Ricerche slavistiche, III (1954), pp. 257-267; C. Balbo e i problemi del mondo slavo, Trieste 1957; C. Cattaneo di fronte all'Austria e il mondo slavo, ibid. 1958. Dall'ampia e puntuale disamina operata dal G. emerge con chiarezza la diversa temperie emotiva e culturale, oltre che la diversa dimensione politica, che assunsero i rapporti che unirono l'Italia con la Russia da una parte e con la Polonia dall'altra. Per la Russia ottocentesca l'Italia fu fonte di svariate sollecitazioni intellettuali, ma non ebbe mai un rilevante ruolo specifico al di fuori del quadro generale caratteristico del romanticismo europeo. Più specifici, e più rilevanti, i legami fra Italia e Polonia: si è già accennato a quelli dei Polacchi con l'Italia; ma non minore è l'interesse che il G. riserva a quello degli Italiani con la Polonia prendendo in esame le posizioni, in primo luogo, di Mazzini e poi di N. Tommaseo, per cui la Polonia rappresentava la realizzazione di una possibile sintesi fra ideale religioso e ideale nazionale; più in generale, la Polonia fu insomma in certo modo vicina a tutte le correnti risorgimentali italiane, comprese quelle che facevano capo a Cavour, Balbo e Cattaneo.
Anche in questo caso è evidente come il filone privilegiato dal G., proprio perché a lui particolarmente congeniale, fu quello storico-politico. In esso egli unisce - ed è caratteristica fondamentale del suo trattare la storia - l'esplorazione del fatto storico, seguito nella completezza del suo svolgersi, con l'analisi dei suoi significati e delle sue implicazioni ideologiche: si veda, al riguardo, una prima Storia della Russia (dalle origini alla rivoluzione), che riprenderà dopo circa trent'anni e ripubblicherà ampliata e prolungata: Storia della Russia 988-1974, Roma 1975. Sull'altro e più impegnativo versante, particolare significato rivestono due monografie di storia delle idee: Due secoli di pensiero politico russo. Le correnti "progressiste", Firenze 1943, e Il panslavismo, Roma 1941 (quest'ultima è stata riedita con un'ampia introduzione a cura di D. Caccamo, ibid. 1993). Nella prima il G. esamina quelle correnti di pensiero ("progressiste" nella particolare accezione che il G. poteva dare a questo termine) che, a partire dall'epoca di Pietro I il Grande (1672-1725), si svilupparono fino al 1917, che "segna il vertice di una lunga tradizione rivoluzionaria" (p. 339); e ripercorre i principali avvenimenti che hanno radicalmente mutato la cultura politica della terra russa, fino ad arrivare alla Russia moderna dove, accanto a una "tradizione autocratico-bizantina e mistica esiste ormai da tempo una tradizione rivoluzionaria, materialista, progressista" (ibid.), ponendo altresì in evidenza il carattere "nazionale" che in Russia viene privilegiato, da un regime come quello sovietico, anche nell'ambito del filone progressista rivoluzionario.
Il volume sul panslavismo è un'attenta e precisa analisi della storia di questo movimento e "ha il merito - come osserva Caccamo - di presentare le diverse varianti del panslavismo come miti politici, o funzionali ai risorgimenti delle singole nazionalità (e quindi destinati a risolversi in una fase più matura nella coscienza polacca, ceca, ecc.) o strumentali alla potenza e all'espansione della Russia" (p. 7). Il G., difatti, prende in esame i vari panslavismi nazionali separatamente, proprio per correggere l'errore della supposta unità del movimento, dovuto a un'equivoca accettazione dell'idea dell'"immensa famiglia slava". Nel processo di revisione di quell'idea egli ha avuto il merito di mettere in rilievo l'esistenza di due correnti trasversali all'interno dei movimenti panslavisti: una progressista, da riportare alla Rivoluzione francese, e una reazionaria ispirata all'idealismo tedesco. Il rifiuto di qualsiasi assunzione dogmatica, la vivacità d'indagine, la capillare e lucida problematicità, fanno dello studio del G. uno strumento di lavoro quanto mai attuale, specie in considerazione della sua visione europeistica.
Oltre alle opere già citate nel testo, dell'abbondante produzione del G. si ricordano ancora: Annotazioni sul pensiero russo, Roma 1936; Il pensiero politico russo dal decabrismo alla guerra mondiale, Milano 1938; Studi sul pensiero illuministico e liberale russo nei secoli XVIII-XIX, Roma 1938; Il congresso slavo di Praga, Trieste 1948; Annotazioni a Dostoevskij, ibid. 1967; I compagni di Dostoevskij rivoluzionario, Roma 1976.
Per la bibliografia, si vedano inoltre: A. Cronia, La conoscenza del mondo slavo in Italia. Bilancio storico-bibliografico di un millennio, Padova 1958, pp. 367, 380, 388, 391, 395, 398, 608 ss., 636, 652, 663, 667, 669, 679-687, 689, 691, 694, 711; A. Wildova Tosi, Bibliografia degli studi italiani sulla Cecoslovacchia (1918-1978), Roma 1980, p. 287; Saggio di bibliografia polonistica italiana del secondo dopoguerra 1945-1979, a cura di J. Křesalkova, in S. Graciotti - K. Zaboklicki, La polonistica in Italia e l'italianistica in Polonia 1945-1979, Wroclav 1983, pp. 40 s.; La slavistica in Italia. Cinquant'anni di studi (1940-1990), a cura di G. Brogi Bercoff - G. Dell'Agata - P. Marchesani - R. Picchio, Roma 1994, pp. 99, 101, 112 s., 194, 201, 243, 252, 266, 314, 345-349, 354, 363.
Fonti e Bibl.: Necr. in Strenna dei romanisti, n. dedicato al Natale di Roma MMDCCXXXIII, 24 apr. 198o, p. 543; L. Satta Boschian, Ricordo di W. G. (1901-1980), in Ricerche slavistiche, XXIX-XXXI (1982-84), pp. 7 ss.; La slavistica in Italia. Cinquant'anni di studi (1940-1990), cit., pp. 5, 99, 101, 172, 175 s., 184, 194, 213, 216 s., 252, 314, 340, 345-349, 354; D. Caccamo, Prefazione a W. Giusti, Il panslavismo, cit., pp. 7-18.