Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La musica di Mozart è il frutto di una mirabile sintesi degli stili musicali preesistenti. Dal 1762 al 1778, nel corso di continui viaggi e tournée, a cui lo spinge la sua fama di enfant prodige Mozart assorbe profondamente la tradizione musicale italiana, tedesca e francese. Negli anni seguenti affronta e rivoluziona tutti i generi esistenti: opera, musica da camera, sinfonia, musica sacra, e crea un nuovo ruolo per il pianoforte, sia nella sonata sia, soprattutto, nel concerto per pianoforte e orchestra.
Premessa
Nella triade del classicismo viennese, della quale fanno parte anche Haydn e Beethoven, Wolfgang Amadeus Mozart occupa il posto centrale non solo per una pura questione cronologica. Egli rappresenta un ponte tra passato e futuro, un punto d’equilibrio tra il Settecento, cui è più legato Haydn, e l’Ottocento romantico di cui Beethoven è considerato il primo esponente. La sua “genialità”, un termine che non si può fare a meno di adoperare in questo caso, consiste proprio nella capacità di assorbire, sintetizzare e sviluppare gli stili musicali esistenti. Ciò che deriva da questo processo di sintesi è un linguaggio totalmente nuovo, omogeneo e coerente; la tradizione precedente viene consumata e ricreata totalmente. Mozart scrive i massimi capolavori nello stile dell’opera buffa italiana e crea contemporaneamente l’opera nazionale tedesca; compone ed esegue concerti di brillante virtuosismo ma vi introduce elementi d’inquietudine drammatica – la sua famosa “malinconia” – che fanno presagire il romanticismo.
Le sue sinfonie, pur nel solco della tradizione creata da Haydn, “riscoprono” il contrappunto di Bach. All’inizio della precoce vita creativa di Mozart le linee generali di tendenza che si possono individuare nel panorama della musica europea sono, per il teatro, l’opera seria di tipo metastasiano e la tragédie lyrique di Gluck, l’opera buffa italiana nella forma fissata da Piccinni e Paisiello e il nascente genere popolare del Singspiel (in lingua tedesca, con dialoghi parlati al posto dei recitativi). Per quanto riguarda la musica strumentale, vige il cosiddetto stile galante nelle sue due varianti – la prima si caratterizza sia per la divisione tra melodia e accompagnamento sia per la preferenza per frasi musicali simmetriche e regolari, la seconda si collega generalmente al movimento letterario dello Sturm und Drang e manifesta la ricerca di un’espressività drammatica attraverso l’uso di tonalità minori e una ricerca armonica continua –. Sempre per quanto riguarda la musica strumentale, sono dominanti all’epoca lo stile orchestrale della scuola di Mannheim, la tecnica contrappuntistica (sia attraverso la tradizione austriaca della musica sacra, sia tramite la riscoperta dell’opera di Johann Sebastian Bach nel circolo del nobile viennese Godfried van Swieten) e la tecnica della variazione, rivista alla luce del principio dell’elaborazione tematica sviluppato da Haydn in quegli anni. La variazione (non più solo “variazione ornamentale” come nell’epoca barocca, ma tecnica, che consente di scavare a fondo nelle possibilità del materiale musicale usato) viene applicata da Mozart non solo alla musica strumentale, ma a tutta la sua produzione.
Gli anni dei viaggi: 1762-1778
La vita e l’opera di Mozart sarebbero state verosimilmente diverse se l’ambizione del padre Leopold non lo avesse spinto a intraprendere continui viaggi per tutta Europa, alla ricerca del successo e della fama. Anche egli musicista e autore di un metodo per l’insegnamento del violino, Leopold è un uomo discretamente colto. Sin dall’inizio è ben consapevole delle non comuni qualità del piccolo Wolfgang ed esercita un’influenza decisiva sulla sua vita. Il rapporto tra Mozart e suo padre, tra il piccolo genio e il suo educatore, è molto complesso. Leopold esercita un vero e proprio controllo sulla vita di Mozart sino alla maturità e gli inculca un forte senso del dovere verso la famiglia.
Il piccolo Mozart si esibisce insieme alla sorella Nannerl, già esperta suonatrice di clavicembalo, e stupisce innanzi tutto per le sue qualità di improvvisatore.
Le prime composizioni fanno parte del suo repertorio di bambino prodigio: sono sonate per clavicembalo in 3 tempi, cui il padre Leopold aggiunge la parte del violino, sinfonie che risentono dell’influsso di Johann Christian Bach. Si cimenta anche con il teatro: scrive per Salisburgo l’opera buffa La finta semplice e per Vienna il Singspiel Bastien und Bastienne.
Nelle sue peregrinazioni Mozart conosce potenti, nobili, regnanti, ma soprattutto tanti musicisti: entra così in contatto “dal vivo” con il mondo musicale europeo e le sue diverse tendenze. I quindici mesi di soggiorno a Londra nel 1764, attraverso l’influenza di Johann Christian Bach e Michael Haydn, gli aprono gli orizzonti dello stile galante. Rispettivamente a Milano e a Parigi incontra due esponenti dello stile sinfonico preclassico: Sammartini e Schobert. Nel 1770 a Milano conosce Piccinni, e nel 1771 a Torino Paisiello, cioè i due più importanti compositori di opere del momento, l’uno rappresentante del cosiddetto stile larmoyante, l’altro dell’opera buffa di scuola napoletana. A Bologna viene presentato al padre Giovan Battista Martini, dotto contrappuntista che gli fa conoscere probabilmente la musica italiana dei secoli passati.
Dai viaggi vengono a Mozart anche le prime commissioni importanti: le due opere serie Mitridate re del Ponto e Lucio Silla, entrambe per il Regio Ducal Teatro di Milano. In queste opere Mozart rivela influenze dell’opera di stampo metastasiano, accanto a caratteristiche personali quali il rilievo assegnato al coro. Quest’ultimo elemento, insieme all’uso di strumenti a fiato, fa pensare a Gluck, che Mozart ha ascoltato durante il soggiorno parigino. Ma le maggiori energie vengono, in questo momento, dedicate allo studio della musica strumentale: sinfonie, sonate, quartetti, i primi concerti per violino e orchestra, e per pianoforte e orchestra. Tra questi ultimi spicca il concerto K 271 detto Jeunehomme Konzert, dal nome della pianista francese che lo interpretò per prima (1777). I tre movimenti che lo compongono mostrano un’unità di fondo finora sconosciuta al genere e l’adagio in Do minore è il primo esempio della famosa “malinconia” mozartiana.
Gli anni di Salisburgo e Vienna: 1779-1791
Dopo il viaggio a Parigi nel 1778, segnato drammaticamente dalla morte della madre, Mozart interrompe il suo girovagare. Si ferma a Salisburgo dove ottiene il posto di organista del duomo. Ma l’ambiente salisburghese gli sembra provinciale e freme alla ricerca di nuovi orizzonti.
Nel 1781 Idomeneo re di Creta segna un importante traguardo nel campo operistico. Composta per il teatro di corte di Monaco, l’opera è accolta con successo.
Pur rispettando le regole dello stile monumentale di Gluck (il riferimento è soprattutto a Ifigenia in Aulide) Mozart, compone un’opera di grande continuità drammatica, senza interruzione tra una scena e l’altra, o tra recitativo e aria. Notevoli soprattutto la scrittura orchestrale, l’uso del recitativo accompagnato (“Spietatissimi dèi” nel primo atto) e del coro. Nel terzo atto, che Mozart ritiene il migliore, il coro “O voto tremendo” si distingue per intensità drammatica; la voce dell’oracolo, accompagnata da tromboni e corni, è sicuramente un tributo all’Alceste di Gluck, e prefigura l’apparizione del Commendatore nell’ultimo atto del Don Giovanni.
Negli anni successivi al 1781 si collocano importanti avvenimenti privati e artistici nella vita di Mozart: egli abbandona il posto di organista al servizio dell’arcivescovo di Salisburgo, Colloredo, e tenta di diventare un artista indipendente. Compone il Singspiel Il ratto dal serraglio, la sinfonia Haffner, i sei quartetti dedicati “al mio caro amico Haydn” (1785) e diversi concerti per pianoforte.
Ma dal 1782, come scrive in una lettera al padre, “quello che soprattutto mi interessa è l’opera”. Nel 1786 Mozart ha un incontro “fatale”: quello con il librettista Lorenzo Da Ponte. Insieme a questo strano personaggio, figura di avventuriero e libertino che finirà i suoi giorni a New York, Mozart crea tre capolavori del teatro musicale di ogni tempo: Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte.
Il genere cui questi capolavori appartengono è quello dell’opera buffa, ma Mozart sorpassa di gran lunga ogni modello, per contenuti e forma. La caratteristica che rende queste opere le più apprezzate, anche da coloro che solitamente non amano la musica operistica, è la capacità di Mozart di raffigurare attraverso la musica la psicologia dei personaggi, facendone uomini e donne in carne e ossa, e non tipi astratti.
Mozart riesce a ottenere questo risultato applicando all’opera uno dei principi della musica strumentale, l’uso della modulazione (cioè il cambiamento di tonalità) a fini espressivi e applicando i principi sinfonici all’opera nel suo complesso. I grandi finali tipici dell’opera buffa, in cui tutti i personaggi sono in scena e la tensione drammatica è sempre più crescente, sono strutturati come una sinfonia composta da più movimenti. Il senso di unità generale è assicurato dall’esistenza di uno schema tonale complessivo. Questo procedimento è già evidente nella prima di queste opere, Le nozze di Figaro, che si ispira alla commedia omonima di Beaumarchais, ma attenua i risvolti politici del contrasto tra il Conte e Figaro, esponente della nuova classe borghese.
Il Don Giovanni è forse l’opera più popolare di Mozart, per il fascino del protagonista e per l’interpretazione romantica che ne è stata data. È certamente un’opera buffa al di là delle regole, come indica il sottotitolo “dramma giocoso per musica” che Mozart e Da Ponte vollero darle. La presenza dell’elemento demoniaco in Don Giovanni e di quello soprannaturale nella figura del Commendatore ne faranno l’opera più apprezzata dai romantici, che ne accentueranno il lato tragico. Al contrario dell’interpretazione romantica, oggi è la compresenza di drammaticità e ironia a rendere l’opera così interessante per lo spettatore moderno.
Così fan tutte ossia la scuola degli amanti rappresenta per certi versi un passo indietro rispetto al Don Giovanni. La storia è più convenzionale: gli amanti di due sorelle napoletane fingono di partire per la guerra e tornano a corteggiarle sotto altre vesti, scoprendo che esse li tradirebbero facilmente. Malgrado questa prova, le coppie originali si ricompongono alla fine dell’opera, e gli amanti perdonano le fidanzate fedifraghe. Questo libretto è in realtà la quintessenza dell’opera buffa. I personaggi sono più delle “astrazioni” che delle figure concrete, senza la personalità che caratterizzava quelli delle due opere precedenti.
Fiordiligi e Dorabella come Ferrando e Guglielmo non hanno psicologia individuale, sono semplicemente il raddoppiamento della coppia di amanti tipica dell’opera buffa.
Gli ultimi anni della vita di Mozart sono un susseguirsi continuo di capolavori. Nel 1788, l’anno successivo al Don Giovanni, vedono la luce le tre ultime sinfonie: in Mi bemolle maggiore (K 543), Sol minore (K 550), e Do maggiore (K 551).
Quest’ultima, nota col soprannome di Jupiter, è l’apoteosi della grande sinfonia in Do maggiore, con corni e timpani, già coltivata da Haydn. Mozart vi aggiunge la riscoperta del contrappunto barocco nel grandioso finale.
Nel suo ultimo anno di vita, il 1791, Mozart raggiunge finalmente il pieno successo in campo teatrale – cosa che non era avvenuta con le opere precedenti, ritenute troppo “difficili” – e lo raggiunge con il primo esempio di opera nazionale tedesca, nobilitando il genere popolare del Singspiel. Per il piccolo Theater auf der Wieden, alla periferia di Vienna, compone Il flauto magico, tuttora la sua opera più misteriosa.
Scritta su libretto dell’attore e impresario Emanuel Schikaneder, che del teatro è il direttore, l’opera unisce all’atmosfera da fiaba un messaggio di fratellanza universale derivato dagli ideali massonici. Sia Mozart sia Schikaneder, infatti, appartengono alla loggia viennese “Speranza coronata”. Attraverso le vicende del giovane Tamino che tenta di liberare la bella Pamina, di cui è innamorato, dalle mani del sacerdote Sarastro, l’opera racconta l’eterna lotta tra il Bene e il Male. Sarastro non è però il Male, bensì il Bene, rappresentando un superiore ordine di valori morali cui Tamino può accedere solo dopo complicate prove d’iniziazione, ispirate ai rituali della massoneria. Solo alla fine del percorso Tamino conquista l’amore di Pamina, insieme a una nuova saggezza.
Per descrivere tutto ciò Mozart usa un linguaggio molto vario, adeguato ai diversi personaggi: lo stile dell’opera seria per la Regina della Notte, lo stile della canzone popolare tedesca per Papageno, un solenne stile corale per i sacerdoti. L’unità di fondo della partitura è assicurata ancora una volta dallo schema tonale (la tonalità di base è il Mi bemolle) e dal ripetersi di alcuni motivi musicali, come il triplice accordo in ritmo puntato dell’ouverture.