workfare
<u̯ë'ëkfeë> s. ingl., usato in it. al masch. – Modello socio-assistenziale che rappresenta uno scambio tra una prestazione assistenziale previdenziale percepita da un soggetto privato e una prestazione lavorativa resa da questo stesso lavoratore in favore della collettività (contrazione dell'ingl. work for welfare). Fu introdotto dall’attivista per i diritti civili statunitense James Charles Evers nel 1968 ed è alla base dei programmi di assistenza sociale negli Stati Uniti avviati sin dagli anni Settanta, che subordinano la corresponsione degli aiuti all’obbligo di lavorare. Il principio di responsabilità individuale su cui si basa tale modello è quello di sollecitare una partecipazione attiva nella società per contrastare l’atteggiamento di dipendenza dalla prestazione assistenziale e di attesa passiva. Infatti, mentre in un sistema di welfare la prestazione è legata esclusivamente all’esistenza di specifici presupposti che fanno capo al soggetto, come per es. la condizione di disoccupazione, il w. prevede che il beneficio venga corrisposto soltanto a condizione che chi lo deve ricevere svolga delle attività che ne favoriscano il reinserimento lavorativo (come la partecipazione a programmi di formazione, di istruzione, di training, ecc.) o che siano di utilità sociale. In tal modo anche in una condizione di disoccupazione si continua a contribuire alla produzione di reddito collettivo e si consente al beneficiario della prestazione di restare inserito in un circuito lavorativo e di apprendimento. La corresponsione di sussidi e altre prestazioni restano quindi collegate al concorso attivo del beneficiario, che in tal modo ha anche la possibilità di conservare un ruolo sociale. Le modalità di applicazione del w. variano da paese a paese: in Italia ne è espressione lo svolgimento dei cosiddetti lavori socialmente utili (d. lgs. 468/1997), ma può assumere anche la forma di inserimento diretto nella realtà lavorativa, come avviene per es. nei paesi meno industrializzati, dove può consistere nell’offerta di giorni lavorativi regolarmente retribuiti con l’obiettivo prioritario di contrastare le forme di povertà assoluta.