Organizzazione mondiale del commercio
L’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) rappresenta attualmente il più importante foro negoziale per le relazioni commerciali multilaterali a livello internazionale, in ambiti che si estendono non solo al commercio di beni ma anche ai servizi e agli aspetti commerciali della proprietà intellettuale. Il Wto è oggi composto da 153 membri che contano per circa il 97% del commercio mondiale. La Cina è membro dal 2001 e circa trenta paesi stanno negoziando l’adesione all’Organizzazione, tra i quali la Russia che, pur avendone fatto richiesta nel 1993, non ha ancora concluso i negoziati bilaterali con tutti i membri.
Secondo l’atto istitutivo del Wto, l’Organizzazione fornisce un quadro istituzionale comune per i negoziati commerciali tra i suoi membri, al fine di permettere a questi ultimi di condurre le proprie relazioni commerciali con l’obiettivo di accrescere il tenore di vita dei propri cittadini, assicurare la piena occupazione e un volume crescente di reddito, espandere il commercio di beni e servizi salvaguardando un uso ottimale delle risorse mondiali compatibile con la tutela dell’ambiente. Esso riconosce inoltre la necessità di garantire che i paesi in via di sviluppo si assicurino una quota nella crescita del commercio internazionale commisurata alle proprie esigenze di sviluppo economico.
L’Organizzazione ha raccolto l’eredità del precedente Accordo generale sulle tariffe e sul commercio (Gatt ’47), accordo che nel 1948 era stato stralciato dalla Carta de L’Havana che mirava a creare l’Ito (International Trade Organization). Tale organizzazione, pensata come un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite che avrebbe dovuto affiancare la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, non vide infatti la luce in quanto alcuni governi, e in particolare gli Stati Uniti, non ratificarono la Carta. Alla base del Gatt ’47 vi era un’impostazione liberale che sosteneva i benefici dell’apertura commerciale. Tale approccio si sostanziò nel principio della ‘nazione più favorita’, in base al quale i vantaggi concessi da un membro a prodotti diretti o provenienti da un altro membro in materia di dazi (e misure di effetto equivalente) devono essere concessi anche alle merci di tutti gli altri membri. A complemento di tale norma vi era poi il principio di ‘non discriminazione’ dei beni nazionali, per cui le imposte e le regolamentazioni interne a ciascuno stato non devono essere applicate in modo da favorire la produzione nazionale. Inizialmente i cosiddetti ‘round’ commerciali tra i membri miravano soprattutto a ridurre le barriere tariffarie, rispetto alle quali il Gatt registrò un chiaro successo (con una riduzione globale di circa il 40%), mentre dagli anni Settanta l’accento è stato posto soprattutto sulle barriere non tariffarie, ovvero le barriere non consistenti in dazi – quali misure antidumping o sovvenzioni – più complesse da individuare e ridurre. Con l’Uruguay Round (1986-94) gli allora 123 membri hanno deciso di creare il Wto, rafforzando la struttura istituzionale del Gatt e estendendo l’ambito di competenza dell’Organizzazione. Il Wto non è un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, ma ha concluso un accordo di cooperazione con la medesima.
Principali compiti del Wto sono quelli di agevolare l’attuazione e la gestione degli accordi multilaterali in campo commerciale, fornire un foro negoziale per la discussione e amministrare la soluzione delle controversie. Oltre alle tematiche più strettamente legate al commercio di beni e servizi, il Wto è un foro negoziale internazionale di rilievo anche per quanto concerne le tematiche ambientali, i diritti dei lavoratori, i diritti culturali e, più in generale, le cosiddette ‘non trade issues’ che in vario modo sono collegate al commercio di beni o servizi.
L’organismo per la soluzione delle controversie commerciali internazionali rappresenta un meccanismo di enforcement degli accordi molto sviluppato rispetto alle organizzazioni internazionali tradizionali in quanto, nel caso constati che una misura nazionale violi gli accordi, esso raccomanda che la misura sia resa compatibile con gli accordi e, pur non potendo comminare sanzioni, vigila sull’attuazione delle raccomandazioni.
Dopo la Conferenza ministeriale di Seattle nel 1999, che avrebbe lanciato il cosiddetto ‘Millennium Round’, ma che è fallita a causa del mancato accordo tra paesi industrializzati e in via di sviluppo e delle proteste da parte del movimento ‘no global’, è stato poi lanciato a Doha nel 2001, a due mesi dall’11 settembre, il ‘round sullo sviluppo’. Tale esigenza riflette il fatto che la maggioranza dei membri del Wto è composta oggi da paesi scarsamente sviluppati, per i quali il commercio internazionale rappresenta la possibile via d’uscita da una condizione di povertà. Tuttavia il negoziato non è stato ancora concluso a causa delle profonde divergenze tra i membri, in particolare tra paesi industrializzati – Eu, Stati Uniti e Giappone – e paesi emergenti ed in via di sviluppo, rappresentati soprattutto da Brasile, India, Cina, Sudafrica. Tra i principali punti di conflitto vi sono gli elevati dazi sui prodotti agricoli e i sussidi all’agricoltura concessi all’interno dei paesi industrializzati, che penalizzano le esportazioni agricole dei paesi in via di sviluppo.
Il maggiore organo decisionale del Wto è la Conferenza ministeriale, composta da un rappresentante per stato membro a livello ministeriale. Essa si riunisce almeno ogni due anni. Il Consiglio generale, composto da ambasciatori e rappresentanti delle delegazioni di ogni paese membro, esercita le medesime competenze della Conferenza ministeriale nell’arco temporale in cui questa non si riunisce. Il Consiglio generale esercita inoltre le funzioni di organo per la soluzione delle controversie e meccanismo di revisione delle politiche commerciali. Le decisioni sono prese generalmente sulla base del consensus; nel caso di votazione ogni paese ha un voto, mentre l’Unione Europea (Eu) rappresenta 27 voti, non essendovi il voto ponderato come nel Fondo monetario internazionale.
Vi sono poi numerosi consigli che si occupano delle diverse materie trattate, come il Consiglio dei servizi o quello sulla proprietà intellettuale.
Il Segretariato è guidato dal direttore generale, attualmente il francese Pascal Lamy, e si avvale di circa 600 funzionari. Esso non ha potere decisionale, ma offre sostegno tecnico per i fori negoziali e fornisce assistenza tecnica ai paesi in via di sviluppo.
Albania, Angola, Antigua e Barbuda, Arabia saudita, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Bahrain, Bangladesh, Barbados, Belgio, Belize, Benin, Bolivia, Botswana, Brasile, Brunei, Bulgaria, Burkina Faso, Burundi, Cambogia, Camerun, Canada, Capo Verde, Ciad, Cile, Cina, Colombia, Congo (Repubblica), Congo (Repubblica democratica), Corea (Repubblica), Costa Rica, Costa d’Avorio, Croazia, Cuba, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Dominica, Gibuti, Ecuador, Egitto, El Salvador, Emirati Arabi Uniti, Estonia, Eu, Figi, Filippine, Finlandia, Francia, Gabon, Gambia, Georgia, Germania, Ghana, Giamaica, Giappone, Giordania, Grecia, Grenada, Guatemala, Guinea, Guinea Bissau, Guyana, Haiti, Honduras, Hong Kong, Islanda, India, Indonesia, Irlanda, Israele, Italia, Kenya, Kuwait, Kirghizistan, Lettonia, Lesotho, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macao, Macedonia, Madagascar, Malawi, Malaysia, Maldive, Mali, Malta, Mauritania, Maurizio, Messico, Moldavia, Mongolia, Marocco, Mozambico, Myanmar, Namibia, Nepal, Nuova Zelanda, Nicaragua, Niger, Nigeria, Norvegia, Oman, Paesi Bassi, Pakistan, Panamá, Papua Nuova Guinea, Paraguay, Perù, Polonia, Portogallo, Qatar, Repubblica Centrafricana, Regno Unito, Repubblica Dominicana, Romania, Ruanda, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadines, Senegal, Sierra Leone, Singapore, Slovacchia, Slovenia, Isole Salomone, Sudafrica, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti, Suriname, Swaziland, Svezia, Svizzera, Taiwan, Tanzania, Thailandia, Togo, Tonga, Trinidad e Tobago, Tunisia, Turchia, Ucraina, Uganda, Ungheria, Uruguay, Venezuela, Vietnam, Zambia, Zimbabwe.