WU LIANG CI
È il più importante e famoso fra i monumenti funerarî eretti intorno alla metà del II sec. d.C. (c.a 145-170) dalla famiglia Wu nel distretto di Jiaxiang (Shandong sud-occidentale). Segnalato per alcuni suoi manufatti già in cataloghi epigrafici di epoca Song (Jigulu; Jinshilu), il sito fu teatro negli anni 1786-89 dei primi scavi archeologici pianificati della storia cinese, ivi condotti in due riprese dall'antiquario Huang Yi e dai suoi collaboratori Li Kezheng e Liu Zhaoyong.
Il loro lavoro e una serie di altri ritrovamenti, succedutisi a partire dal 1871, hanno riportato alla luce un totale di sessantaquattro reperti, tra cui spiccano cinquanta lastre di pietra scolpite a bassorilievo e due colonne originariamente poste all'ingresso dell'area funeraria e ornate alla base da un leone a tutto tondo; a ciò vanno aggiunte quattro iscrizioni datate su pietra in cui vengono menzionati Wu Liang (151 d.C.), suo fratello Wu Kaiming (145 d.C.) e i figli di quest'ultimo: Wu Ban (147 d.C.) e Wu Rong (167 d.C.).
Un acceso dibattito critico non ancora giunto a conclusioni definitive ha condotto gli studiosi a ipotizzare l'esistenza sul posto di tre camere funerarie, denominate «Wu Liang Ci», «Sala di Sinistra», forse dedicata a Wu Ban, e «Sala Frontale», dedicata a Wu Rong, a cui alcuni aggiungono una «Quarta Sala».
La superiore importanza attribuita al W. è dovuta, oltre che alla raffinatezza stilistica e alla complessità delle sue figurazioni, anche e soprattutto al fatto che è l'unico a poter essere deduttivamente ricostruito in modo completo.
Wu Liang (nato nel 78 d.C.) era un letterato della scuola del Nuovo Testo, che ispirò in prima persona la scelta e la disposizione dei motivi decorativi, globalmente interpretabili come una sorta di testamento morale e culturale atto a sintetizzare visivamente la Weltanschauung del defunto e venato da allusioni più o meno esplicite e critiche alla travagliata situazione socio-politica del suo tempo.
Il soffitto era originariamente occupato da figurazioni di esseri e oggetti portentosi di varia valenza (unicorno, drago, creature ibride, piante favolose, vasi e giade sacrificali), ma i danni subiti dalle lastre consentono l'identificazione di sole ventiquattro immagini, pari a circa la metà del totale. In esse è compendiata la complessa arte augurale dell'interpretazione dei portenti che, secondo la scuola Han del Nuovo Testo, non sarebbero stati altro che segni di apprezzamento o disapprovazione inviati dal Cielo come risposta e commento all'operato politico dell'imperatore e della classe dirigente.
Gli apici triangolari delle pareti E e O erano invece simmetricamente occupati dalle figurazioni frontali di due figure coronate e assise in trono, generalmente identificate con Dongwanggong e Xiwangmu, signori dei paradisiaci soggiorni d'immortalità posti sull'isola Penglai (E) e sui monti Kunlun e simbolo vivente dell'azione di yang e yin·, entrambi i personaggi appaiono affiancati da un corteggio di esseri alati ibridi e prodigiosi. I tratti iconografici esibiti dalle due raffigurazioni sono decisamente peculiari, e non trovano immediato riscontro in altre opere di analogo soggetto sin qui ricordate.
La porzione più estesa dei bassorilievi era distribuita fra le tre pareti E, O e di fondo, su cui si dipanava in bande sovrapposte e continue una fitta e ordinata galleria di quarantaquattro personaggi e situazioni esemplari tratti dalle Memorie Storiche (Shiji) di Si Ma Qian (dagli esordî mitici al periodo Han Orientale).
Sul registro superiore sono ritratti i dieci sovrani mitico- leggendarî (Fu Xi con Nü Wa, Zhu Rong, Shen Nong, Huangdi, Zhuan Xu, Di Ku, Yao, Shun, Yu e Xia Jie) e scene dalla vita di sette donne virtuose, tratte dal Lienü zhuan di Liu Xiang (80-9 a.C.); sul registro centrale compaiono invece diciassette scene aneddotiche con protagonisti maschili, scelti a esemplificazione di virtù morali come filialità, lealtà, onestà e amicizia. Tutti i personaggi dei due registri si susseguono da O a E e sono chiaramente identificati da iscrizioni didascaliche a cartiglio. Il registro inferiore, separato da un fregio continuo, ostenta invece una struttura compositiva di maggiore complessità. Il principale tratto distintivo è costituito da una scena di omaggio/ricevimento a corte, ambientata in uno sfarzoso padiglione a due piani fiancheggiato da due torri e da un imponente albero che si eleva sul lato sinistro. Al centro della sala sopraelevata e fra due ali di personaggi rappresentati di profilo e in positura reverente, troneggia frontalmente una figura coronata, variamente identificata con Xiwangmu (S. W. Bushell), lo stesso Wu Liang (Rong Geng e W. Fairbank), una non identificata regina o nobildonna (Feng Yunpeng e Feng Yunyuan) o il sovrano di Qi (Nagahiro Toshio); in anni più recenti (1989), Wu Hung vi ha invece ravvisato una metafora iconografica della sovranità, ovvero «il ritratto standardizzato di un imperatore Han, e in particolare quello di Gaozu, fondatore della dinastia».
Verso questo punto focale di maggiori dimensioni convergono dai lati due bande di figure sovrapposte: in alto spiccano i richiami alle eroiche imprese di sei sicarî politici che sacrificarono la vita a vantaggio dei loro signori e mandanti, assieme a due saggi ministri e a un'altra donna esemplare; in basso, due cortei con carri e cavalli fanno ala ai personaggi della scena centrale.
Nell'angolo inferiore sinistro della parete E, la figura inginocchiata di un ufficiale provinciale rende omaggio a un carro tirato da buoi e appartenente a un letterato-eremita o chushi. Il personaggio invisibile che si cela metaforicamente dietro l'umile mezzo di trasporto per rifiutare ogni coinvolgimento attivo nell'amministrazione burocratica dello stato sembra non essere altri che il defunto Wu Liang, ispiratore dell'intero ciclo decorativo, che con estremo e postumo gesto di modestia riduce la sua presenza a due semplici caratteri incisi in un cartiglio.
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