WUTAI SHAN
Gruppo montuoso che si erge nella parte settentrionale dell'odierna provincia cinese dello Shanxi con cime che si aggirano sui 3.000 m, formando una barriera naturale tra essa e quella dello Hebei. Tradizionalmente identificato con il Qingliang Shan, a cui accenna il «Sūtra della Ghirlanda Fiorita» (Huayanjing, sanscrito Avataṃsaka sūtra) come la favolosa dimora del Bodhisattva Mañjuśrī, il W. è stato meta di pellegrinaggi da parte di devoti provenienti da tutta l'Asia orientale. La sua fama, peraltro, raggiunse i regni buddhisti fioriti lungo la Via della Seta e, attraverso di essi, l'India. Ne forniscono testimonianza una serie di fonti scritturali e, in modo spettacolare, l'affresco ritrovato a Dunhuang nella grotta 61, dedicato a quanto pare da una principessa khotanese, il quale riproduce le caratteristiche che il centro di culto doveva avere nel X sec. d.C., con le stazioni più importanti oggetto di visita da parte dei pellegrini.
Dall'epoca dei Wei Settentrionali (424-532 d.C.) nella zona cominciò a sorgere un gran numero di monasteri e cappelle, che raggiunsero l'apice della prosperità sotto i Tang (618-906). È a quest'epoca che risalgono le maggiori testimonianze artistiche legate al culto buddhista del Wutai Shan. Esse sono conservate soprattutto nel monastero chiamato Foguang Si, situato lungo la strada di accesso al complesso montuoso da S, che a quel tempo era il passaggio più naturale per raggiungere il sito dalla zona delle capitali Luoyang e Chang'an. Lungo questa stessa via, ma più a S, a 20 km dalla cittadina di Wutaixian, si trova inoltre il monastero chiamato Nanchan Si, anch'esso in possesso di un patrimonio artistico di notevole valore risalente alla medesima epoca.
Sia il Foguang Si che il Nanchan Si compongono un capitolo importante nella storia dell'architettura cinese, poiché vi si trovano le più antiche strutture lignee ancora in piedi. La sala principale del Foguang Si (Dong dadian o Da fodian) è ciò che rimane del complesso ricostruito dopo la persecuzione antibuddhista dell'845 d.C. Essa si sviluppa in larghezza su un fronte di 34,08 m e su 18,12 m di profondità, aderendo quasi completamente sul retro al fianco del monte. La struttura imponente rivela nella configurazione del tetto lievemente ricurvo le caratteristiche dell'architettura coeva, quali si vedono nelle raffigurazioni murali trovate a Dunhuang. La sagoma del tetto, a quest'epoca solo leggermente arcuata, acquisterà nel corso dei secoli la curva sempre più pronunciata caratteristica dell'architettura cinese.
La costruzione risale all’857 d.C. Di quasi un secolo più antica ma di dimensioni più ridotte (11,75 m di larghezza per 10 m di profondità) è, invece, la sala principale del Nanchan Si, edificata, a quanto pare, nel 782 d.C. Completamente restaurata nel 1974-75 dopo un rovinoso terremoto, essa è tanto più preziosa in quanto le costruzioni lignee dell'VIII sec. sono testimoniate quasi esclusivamente da esempî giapponesi.
In entrambi i templi si trovano esemplari di coroplastica contemporanei ai padiglioni lignei nei quali sono alloggiati. Mentre le statue del Nanchan Si (in tutto 17, tra le quali immagini di Śākyamuni e altri personaggi, insieme a gruppi di Samantabhadra e di Mañjuśrī con i loro accoliti) non hanno ancora ricevuto grande attenzione dagli studiosi, quelle del Foguang Si sono state sottoposte ad analisi abbastanza accurata nell'ambito dello studio delle tendenze stilistiche del medio e tardo periodo dei Tang.
In effetti, le 35 immagini in stucco policromo, perfettamente conservate anche nella loro disposizione originale sull'altare, costituiscono una rarità. Esse possono essere ricondotte a un filone artistico prevalente nella prima metà del IX sec., che presenta forti analogie con le sculture marmoree scoperte nel 1959 nel sito dello Anguo Si, uno dei grandi monasteri nella capitale Chang'an (ora Xi'an). Queste statue contribuiscono a chiarire i dettagli della scultura buddhistica del tardo periodo dei Tang, fornendo una chiave di lettura anche per gli sviluppi artistici successivi di cui abbiamo testimonianza in Corea e soprattutto in Giappone per la seconda metà del IX secolo.
Le immagini, di dimensioni monumentali, con i Buddha che superano i 5 m di altezza, sono divise in cinque gruppi. I tre principali hanno al centro rispettivamente Śākyamuni, Amitābha e Maitreya, mentre ai lati estremi troviamo Mañjuśrī (anche se vi è chi propone di leggere questa immagine come una raffigurazione particolare di Guanyin/Avalokiteśvara) sul leone e Samantabhadra sull'elefante.
Agli estremi dell'altare si ergono due «guardiani» (tian wang) in armi, nella consueta postura terrifica. Da sottolineare, infine, è la presenza di due esempî di ritratti scultorei, raffiguranti i due benefattori (un monaco e una dama devota) cui si deve la ricostruzione del tempio.
Nella sala sono state trovate anche tracce di pitture parietali di soggetto vario assai simili a quelle di Dunhuang, che rimandano anch'esse a una datazione attorno alla metà del IX secolo. Particolarmente ben conservata è quella dietro il piedistallo della statua di Śākyamuni, rappresentante l'episodio della sconfitta di Māra.
Ancora all'epoca dei Tang risalgono i due cippi in pietra con sūtra iscritti (jingchuang) posti di fronte alla sala principale, ricchi di motivi floreali e animali. Inoltre, cinque delle sei pagode funerarie situate nelle vicinanze del Foguang Si sono anteriori al X secolo. Tra di esse è senz'altro da ricordare una pagoda in mattoni a forma di catino rovesciato, forse la più antica testimonianza di questa tipologia in Cina, e la «Pagoda della luce immacolata» (Wugou jingguang ta), venuta alla luce nel 1950, le cui ricche decorazioni marmoree (l'immagine di Śākyamuni è ora conservata nella sala del tempio) sono preziosi esemplari scultorei della metà dell'VIII secolo.
Bibl.: K. Ōno, T. Hibino, Godaizan («Il Wutai Shan»), Tokyo 1942; Liang Ssuch'eng, China's Oldest Wooden Structure, in Asia, luglio 1941, pp. 384-387; E. Marchand, The Panorama of Wu-t'ai Shan as an Example of Tenth Century Cartography, in Oriental Art, XXII, 1976, 2, pp. 158-173; M. M. Rhie, The Fokuang ssu, Literary Evidences and Buddhist Images, New York-Londra 1977; Ν. Shatzman Steinhardt, Nanchan si Main Hall, in N. Shatzman Steinhardt (ed.), Chinese Traditional Architecture, New York 1984, pp. 102-107.