XENIA (Ξένια)
Xènion o (più spesso) xènia, è l'antica denominazione dei doni all'ospite in genere o più specificamente degli alimenti inviati agli ospiti nelle stanze messe loro a disposizione dal signore della casa.
Questa parola è citata in questo duplice senso sin da Omero. Naturalmente essa può anche avere il significato generale di accoglienza dello straniero o della ospitalità stessa, come insegnano le iscrizioni. In epoca romana imperiale prevale il significato di dono all'ospite ed allora ciò coincide spesso con hospitium e s'avvicina anche abbastanza al concetto di ἀποϕόρητα. Marziale ha dato al suo xiii libro di distici il titolo di Xenion ed al xiv libro quello di ᾿Αποϕόρητα, dove x si riferisce sempre ad alimenti nel più ampio senso della parola, mentre con gli ἀποϕϕόρητα del xiv libro sono intesi regali particolari, come libri ecc. La notizia di Vitruvio (vi, 7, 4) va interpretata nello stretto senso di questa parola, in relazione al fatto che, al secondo giorno di permanenza degli ospiti, l'anfitrione mandava usualmente degli alimenti nelle stanze degli ospiti affinché potessero prepararli personalmente. Ciò era inteso allo scopo che gli ospiti, i quali il primo giorno avevano mangiato alla mensa della casa, non fossero ostacolati nella loro libertà d'azione per l'ulteriore durata della loro permanenza e potessero disporre liberamente del loro tempo. Vitruvio riferisce anche sul genere di questi doni: pollame, uova, verdura, frutta e altri prodotti della campagna (pullos, ova, holera, poma reliquasque res agrestres) ed aggiunge la notizia che i pittori avrebbero rappresentato queste cose anche in dipinti (picturis imitantes) e che questi sarebbero stati chiamati xenia. Da questa notizia si deducono tre fatti: primo, che i dipinti di x. dovevano essere strettamente connessi con l'usanza dell'ospitalità; ciò significa che ornavano le piccole stanze appositamente costruite a destra e sinistra della casa greca, come domuncolae, per albergare gli ospiti, o che ornavano forse soltanto le dispense. In secondo luogo, che difficilmente si può dare a questi dipinti un'interpretazione che non sia quella di illustrazioni di questi doni agli ospiti, dai quali hanno preso il nome. In terzo luogo, che non doveva generalmente trattarsi di opere ad alto livello artistico, ma piuttosto di motivi decorativi. Vitruvio non tramanda, infatti, alcun nome di pittore. Perciò appare assai improbabile la supposizione dello Schefold che, dopo un piacevole trattenimento, gli ospiti o il padrone di casa avrebbero offerto questi dipinti come doni votivi.
È dunque difficilmente ammissibile che si possa stabilire una qualche connessione diretta tra questi x. e le nature morte della pittura romana, spesso dichiarate identificabili con dipinti di xenia (v. natura morta).
Bibl.: M. Brillant, Dict. Ant., V, pp. 1008 ss., s. v. Xenion; E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., Monaco 1923, p. 947; G. E. Rizzo, Pittura ellenistico-romana, Milano 1929, pp. 64 ss.; 70; K. Schefold, Pompejanische Malerei, Basilea 1952, p. 183 ss.; F. Eckstein, Untersuchungen über die Stilleben aus Pompeji und Herculaneum, Berlino 1957, p. 31; O. Elia, Xenion, ecc., Napoli 1958; J.-M. Croisille, Les natures mortes campannies, Bruxelles-Berchem 1965.