XEROFITE (dal gr. ξηρός "secco" e ϕυτόν "pianta")
Così si chiamano quei vegetali con speciali adattamenti morfologici e biologici che li fanno resistere alla scarsezza o alla mancanza di acqua: prendono anche il nome di xerofile, in opposizione ad altre che si chiamano igrofite o igrofile. Fra questi due gruppi ne esiste uno intermedio detto delle tropofite cioè dei vegetali che, per parte dell'anno si comportano come xerofili e per altra parte come igrofili.
Nella xerofilia però non si considera l'umidità del terreno e dell'aria con criterio fisico, ma fisiologico: terreno e aria possono essere fisicamente umidi e fisiologicamente secchi. È secca fisiologicamente quell'atmosfera nella quale - a determinata temperatura - l'umidità contenuta è ben lungi dal raggiungere la saturazione, mentre è fisiologicamente secco un suolo umido, nel quale l'acqua contenuta è inerte per le radici delle piante, cioè non può essere da queste assorbita per un complesso di varie ragioni. Secondo A. F. W. Schimper i fattori che agiscono sulla xerofilia dei vegetali possono raggrupparsi in due grandi categorie: fattori che agiscono sulla presa dell'acqua e fattori che agiscono sulla traspirazione. Appartengono alla prima categoria: a) piccolo contenuto d'acqua nel terreno; b) ricchezza del terreno in sali disciolti; l'alta percentuale (dal 0,5% in su) rallenta e arresta la presa dell'acqua; c) ricchezza del terreno in acidi umici (piante palustri); d) basse temperature del suolo: un suolo gelato è fisiologicamente secco essendo l'attività delle radici, a bassa temperatura, molto ridotta o abolita.
I fattori che agiscono sulla traspirazione sono: a) la secchezza dell'aria; b) l'alta temperatura; c) la rarefazione dell'aria (nelle stazioni d'alta montagna); d) la luce.
Però alcuni autori per taluni vegetali negano che lo xerofitismo sia di origine ecologica, e lo collegano a cause filogenetiche, come fa Stopes per le Gimnosperme (The xerophytic character of the Gymnosperms: is it an ecological adaptation?, in New Physiologist, 1907).
H. del Villar (Geobotánica, Madrid 1929) mette lo xerofitismo in relazione con le piogge e con le speciali condizioni di temperatura delle regioni: se una precipitazione di 800 mm. annui è sufficiente a mantenere una vegetazione mesofita in zone temperate o temperate fredde, quando tale precipitazione avviene nella zona torrida e a basse altitudini, la quantità d'acqua è insufficiente, e determina nei vegetali l'insorgere dello xerofitismo; è importante perciò riconoscere com'è distribuita la pioggia durante l'anno.
Secondo lo stesso autore lo xerofitismo si divide in: subxerofitismo, mesoxerofitismo e iperxerofitismo collegati da forme intermedie.
Nella subxerofilia le piogge sono insufficienti a controbilanciare gli effetti delle alte temperature: così nascono le formazioni a savane delle latitudini intertropicali (llanos del Venezuela; campos del Brasile; palmares a Copernicia del Chaco; savane boscose a Piptadenia macrocarpa; savane africane a Baobab, e ad acacie ecc.). Forme di transizione fra la subxerofilia e la mesoxerofilia esistono nelle steppe a graminacee, come sono quelle della Pampa argentina e uruguayana.
La precipitazione di 800-1000 millimetri annui è elevata in clima temperato freddo, mentre nelle regioni intertropicali è ripartita irregolarmente durante l'anno in periodi brevi e quindi insufficienti.
Nella mesoxerofilia vera la precipitazione idrica è di 200 a 500 mm. annui, vi è un periodo di piogge minimo estivo e un periodo massimo che può coincidere o con la primavera o con l'autunno o con l'inverno. La vegetazione erbacea al giungere del caldo si dissecca e rimane la vegetazione legnosa: questo si osserva nella regione mediterranea propriamente detta, nella parte settentrionale del Chile centrale, nella parte meridionale della California, e nel NO. del Messico.
La pioggia ridotta a un minimo insufficiente determina l'insorgere dell'iperxerofilia: la vegetazione è scarsissima o manca del tutto; nascono così le formazioni desertiche.
Fra mesoxerofilia e iperxerofilia vi sono tutti i gradi di passaggio: fra questi si trovano i semideserti di A. F. W. Schimper che impropriamente si chiamano steppe, nome che H. del Villar riserva solo alle formazioni a graminacee. Spesso i semideserti derivano dalla distruzione di boschi o di formazioni mesoxerofile per opera dell'uomo, del bestiame o per altre cause.
Brenner ha studiato sperimentalmente in alcune specie di querce, coltivate, lo sviluppo di adattamenti xerofili e igrofili: ha visto che nelle foglie di Quercus pedunculata in seguito alla coltura asciutta si sviluppa il parenchima situato fra i nervi secondarî delle foglie come pure aumenta la profondità delle divisioni e quindi la grossezza dei lobi.
G. Bonnier coltivando piante di castagno, di faggio, di tiglio, ecc., a Parigi e a Tolone, ha osservato notevoli cambiamenti nel legno e nella struttura delle foglie. Mentre a Parigi, per il periodo di vegetazione più breve (178 giorni), si avevano foglie con 2 o 3 strati di tessuto a palizzata, stomi più numerosi e anelli legnosi più stretti, a Tolone invece con un periodo di vegetazione più lungo (260 giorni) si sviluppavano foglie con i solo strato di palizzata, stomi più scarsi, anelli legnosi più larghi.
Gli adattamenti xerofili si possono riunire in due gruppi: il primo è dovuto alla riduzione della traspirazione, l'altro deriva dalle particolari disposizioni che favoriscono la conservazione dell'acqua.
Fra gli adattamenti del primo gruppo sono compresi: 1. riduzione della superficie traspirante (un ramo di Spartium junceum con foglie in 3 ore al sole ha traspirato gr. 2,47 di acqua, mentre il medesimo senza foglie nelle stesse condizioni ha perduto per traspirazione solo gr. 1,32). A questa categoria appartengono piante di famiglie diverse che, per l'identità delle condizioni ambienti, presentano identità di forma (Cereus e Euphorbia a candelabro, ecc.); 2. ispessimento e cuticolarizzazione dell'epidermide che riduce il processo traspiratorio; 3. numero, forma e posizione degli stomi; rivestimenti pelosi e squamosi; squame delle gemme; foglie omobariche; 4. foglie verniciate e laccate; si osservano nelle piante che vivono in località aride e desertiche (specie di Baccharis, Ribes, Eschallonia, Fabiana, Larrea, ecc.). Nella flora nostrale le foglie laccate sono rare, ma sono laccate le squame delle gemme di Aesculus, Populus, ecc.; 5. superficie fogliare lucente che, per la riflessione dei raggi calorifici, diminuisce la traspirazione, come ha osservato Stahl in molte Orchidee anche nostrali; 6. riduzione degli spazî intercellulari; 7. sviluppo di idioblasti e ghiandole con olî essenziali; 8. presenza di mucillagine nelle cellule epidermiche; 9. concentrazione del succo cellulare; 10. foglie disposte perpendicolarmente e piante bussola; 11. resupinazione delle foglie; 12. movimenti delle foglie (specialmente nelle Leguminose, Ossalidacee, Zigofillacee, ecc.); 13. arrotolamento e ripiegamento delle foglie (questo si osserva in molte Graminacee delle steppe: stupa, Festuca, sparto, ecc.; in talune piante palustri, in taluni Muschi nella stagione secca, ecc.).
Sono particolari adattamenti per la conservazione dell'acqua invece: 14. lo sviluppo di tessuti ipodermici acquiferi ma specialmente nelle foglie (Peperomia, Nitraria, Restio, Hypoleuca, Ficus elastica, ecc.); 15. la presenza di spazî vuoti capillari come serbatoi d'acqua, osservati ad es. da Schimper nel Philodendron cannifolium; analoga funzione, hanno le speciali cellule capillari degli Sfagni e di altri Muschi (Leucobryum glaucum); 16. sviluppo di cisterne e di sacche acquifere (in talune Felci epifite e Bromeliacee, in molte Epatiche, nelle specie di Dipsacus: D. fullonum e silvestris, ecc.); 17. apparecchi per la condensazione dell'umidità atmosferica rappresentati da peli, squame, ecc., di speciale struttura; 18. spostamento dell'acqua nel corpo vegetale dalle parti vecchie alle più giovani, ecc.
I tipi di xerofite secondo B. Huber possono così raggrupparsi:
a) effimere: nascono dopo. le prime piogge (nel nostro clima a marzo) con ciclo vegetativo rapidissimo (Draba verna, Alyssum calycinum, Saxifraga trydactilites, ecc.); anche nei deserti, dopo la pioggia, si ha una flora effimera;
b) geofite: in modo analogo si comportano talune piante a tuberi, bulbi e rizomi delle zone steppose (Russia e Asia centrale) dopo le piogge e appartengono ai generi Tulipa, Hyacinthus, Bulbocodium, Anemone (hortensis, coronaria fulgens) e talune piante tuberose che fioriscono in primavera o in autunno nella regione mediterranea (Asphodelus, Crocus, Colchicum, ecc.).
c) piante legnose a foglie caduche delle regioni tropicali con periodi di pioggia alternati a periodi di lunga siccità: alcune di esse hanno fusti sotterranei sviluppatissimi come p. es. Andira laurifolia, il cui caule è epigeo per 1 m. e ipogeo per 10 m.; altre hanno i fusti grossi e succolenti (Baobab, Cavanillesia arborea e Chorisia crispifolia) o radici carnose e succose (Strophanthus Emini);
d) piante con radici profondissime; che s'osservano specialmente nei terreni sabbiosi e desertici: così nei deserti asiatici nelle formazioni a saxaul (Arthrophyton arborescens) le piante spingono le loro radici a 5-10 m. di profondità. Presso il canale di Suez un Tamarix aveva le radici lunghe 30 m. Lo stesso si osserva in molte piante delle dune sabbiose dei nostri litorali;
e) piante carnose o succolente e cioè piante a cauli carnosi e piante a foglie carnose;
f) piante capaci di resistere alla siccità; con forme arrotolate, accartocciate, con rivestimenti squamosi, formazioni a cuscinetto, ecc. tanto Tallofite (Muschi e Licheni) quanto Cormofite.
g) piante con alta pressione osmotica.
Bibl.: A. F. W. Schimper, Pflanzengeographie auf physiolgoischen Grundlage, Jena 1903; A. Neger, Biologie der Pflanzen, ivi 1908; B. Huber, in Handwörterbuch der Naturwiss., X, ivi 1934, pp. 702-720 (con bibl.).