XOANON (ξόανον)
Il termine è generalmente impiegato a designare simulacri di divinità estremamente antichi e venerabili. La derivazione accettata dal verbo ξέω), lisciare, levigare, conferma l'assunzione che almeno per massima parte gli xòana dovessero essere di legno (v. legno).
Un passo di Callimaco concernente l'idolo della Hera di Samo sostituito dal più recente simulacro di Smilis, fissa in termini precisi l'opposizione tra una ἄξοος σανίς e un ἔργον εὔξοον, tra la grezza trave e l'opera levigata, e di conseguenza implica uno stadio di considerevole evoluzione tecnica e di consapevolezza artistica (Kall., fr., 105). Abbiamo d'altra parte notizie di xòana in avorio, in lamina metallica, in argento (Luc., De Dea Syria, 390), acrolitici e persino in marmo. E se una certa uniformità nell'impiego del termine s'incontra in Pausania, a cui sono naturalmente dovute gran parte delle notizie pervenuteci, sorprendenti e quasi inspiegabili appaiono altri casi riferiti da altri autori. Euripide, ad esempio, chiama x. il cavallo di Troia (Troades, 525), che non è un simulacro di divinità e tanto meno una statua di culto. Mentre estensioni di termini altrettanto serie, e certo non dovute a ragioni poetiche, ci appaiono in passi di Strabone in cui ad esempio è chiamata x. la colossale statua di Agorakritos della Nemesi di Ramnunte (ix, 395). Ugualmente vengono detti xòana le colossali statue crisoelefantine di età pienamente classica dello Zeus di Fidia e della Hera Argiva di Policleto, o l'Apollo Sminthèus di Skopas, che era presumibilmente in marmo.
In definitiva né la materia impiegata, né l'arcaicità reale o imitata valgono a distinguere uno xòanon. Abbiamo infatti notizie di xòana eseguiti ancora in età romana, mentre per statue arcaiche anche in legno il termine non è di necessità impiegato. È evidente che nell'accezione degli antichi il termine comportava un carattere di arcaicità o di primitivismo che lo rendevano immediatamente identificabile. A noi, peraltro, in mancanza di qualsiasi testimonianza monumentale sicura, resta assai difficile determinare quale differenza intercorra tra uno x. e una statua di divinità dell'età arcaica.
Da quanto sopra già risulta come sia inapplicabile anche il criterio delle dimensioni. Difatti gli xòana, erano generalmente intagliati in un tronco, e in conseguenza dovevano rientrare in quel tipo di immagini di culto di piccole dimensioni e pericolosamente asportabili come i Palladia. Peraltro Pausania usa i due termini àgalma e xòanon per la colossale Atena di Platea, dorata e acrolitica (ix, 4, 1). Nello stesso modo abbiamo notizie di xòana nudi, vestiti, con vesti reali da cambiare secondo usi rituali, dorati, seduti o stanti. Per lo x. di Afrodite in Delo, opera di Daidalos, viene anche impiegata la forma di erma.
È ugualmente impossibile identificare tutti gli xòana con statue di culto. Sappiamo infatti di x. duplicati come le due immagini di Eileithyia in Atene o di xòana sulla strada (Paus., iii, 19, 7; i, 36, 2) a cui difficilmente potremmo assegnare questa qualifica. Ancora più singolare è il caso degli xòana di legno ricordati a Platea nelle feste Daìdala in onore di Hera Nympheuomène (Paus., ix, 2, 7), che sembrano dover rientrare nella categoria degli anathèmata.
Altri autori famosi dell'età tardo-arcaica e severa vengono ricordati come autori di xòana, così Kallon, Kalamis, Myron (Paus., vii, 23, 6). Peraltro la maggior parte degli xòana vengono riferiti a Daidalos, e anzi un passo di Pausania sembra formulare una essenziale identità tra i due termini Xòana = Daidala (ix, 3, 2). In realtà un elemento favoloso o magico diviene quasi sempre un carattere essenziale per uno xòanon. Vi è, ad esempio, notizia di uno x. che giunse fluttuando sulle onde da Delo sino al Peloponneso: di un'immagine di Dioniso intagliato nell'albero presso cui era stato ucciso dalle Baccanti Penteo. Allo stesso modo vi è quasi sempre notizia di dedicanti famosi nel mondo del mito o di origini celesti. Così l'immagine di Artemide Orthia a Sparta si diceva fosse quella rapita da Oreste e Ifigenia dal santuario in Tauride: mentre lo x. di Afrodite a Tebe era stato dedicato da Armonia o i due simulacri di Eileithya in Atene da Fedra (Paus., i, 18, 5), gli xòana dedicati da Danao ad Apollo, Artemide e Zeus in Argo (Paus., ii, 19, 6, 7).
Nello stesso modo gli xòana partecipano delle qualità magiche delle immagini primitive: di conseguenza abbiamo xòana in ceppi, come quello di Enyalios (Paus., ii, 15, 10), misteriosi e inaccessibili come quello forse solo a metà umano di Eurynome, xòana su cui si posava della polvere quando se ne domandava l'aiuto contro la siccità.
Numerose statuette lignee riemerse negli ultimi tempi in Grecia e in Sicilia sono state salutate come degli xòana. Così dei frammenti di un'immagine negli strati superiori di Cnosso (A. Evans, The Palace of Minos, iii, p. 518), o le tre statuette corintizzanti da Palma di Montechiaro (v. Vol. iv, fig. 624) che peraltro sembrano appartenere piuttosto alla classe degli anathèmata. Con qualche maggiore autorità può esser presentata in questo modo una statuetta lignea di Hera con alto pòlos recentemente rinvenuta nel-l'Heraion di Samo.
Bibl.: P. Gardner, in Journ. Hell. St., X, 1890, p. 133 s.; Fr. Poulsen, in Jahrb., XXI, 1906, p. 189 ss.; Fl. Bennett, in Amer. Journ. Arch., XXI, 1917, p. 8 ss.; E. Benveniste, in Rev. de Philologie, n. s., VI, 1932, p. 118; W. Deonna, Dédale, 1931, passim; Ch. Karouzos, Περικαλλὲς ῎Αγαλμα, Atene 1945; R. Bianchi Bandinelli, in Enc. It., XXXV, p. 825; Ch. Picard, Manuel d'archéologie, I, 1935, p. 163 ss.