XUANJI
In cinese significa letteralmente «strumento ruotante di giada di prima scelta» ed è il termine con il quale veniva definito un particolare disco in giada utilizzato assieme a un determinato tubo d'osservazione anch'esso dello stesso materiale; questi due oggetti costituiscono quelle che possiamo chiamare «giade astronomiche», ossia strumenti in giada utilizzati anticamente in Cina per le osservazioni celesti.
I x. sono una variante dei più noti dischi bi: dischi piatti con un foro al centro il cui diametro è c.a 1/3 di quello totale.
I più antichi dischi bi sono stati ritrovati in tombe della dinastia Shang (XVI-XI sec. a.C.) fino all'ultima dinastia Qing (1644-1911) e, secondo la tradizione, essendo di giada dovevano impedire la putrefazione del cadavere; venivano anche utilizzati nei riti e nelle cerimonie più importanti, quelle in cui si doveva esprimere l'autorevolezza dell'officiante, come l'omaggio agli antenati e alle divinità; spesso erano incisi con motivi imperiali (drago con nuvole e tamburo del tuono). Il numero di dischi bi restituito dai siti archeologici è molto elevato; si può dire che fossero di prammatica in ogni tomba nobiliare (in particolare quelle regali); gli esemplari di x. noti sono in numero inferiore ai bi, ma comunque se ne conosce un buon numero. La prima fonte letteraria che menziona i x. è il Zhou Bi Suan Jing («Canone per i calcoli gnomonici della dinastia Zhou»), il più antico testo di matematica cinese, composto da autori ignoti in un lungo arco di tempo che va dal I sec. a.C. al VII sec. d.C.
I x., a differenza dei bi che hanno il bordo liscio, presentano una dentellatura sulla circonferenza esterna; questo particolare intaglio del bordo è suddiviso in tre sezioni equidistanti tra loro e coprenti un arco di uguale lunghezza; l'intaglio di ogni settore dentellato consiste in un solo o in una serie di scalini di cui il primo è più pronunciato degli altri; a ogni arco dentellato se ne alterna uno dal bordo liscio; inoltre, su di una faccia del disco sono incise due linee trasversali poste tra loro quasi perpendicolarmente.
Il materiale usato per gli esemplari più antichi è la nefrite (silicato di magnesio e calcio), compatto, tenace, di colore verde o verde-grigio; tale tipo di materiale è prevalente sino all'epoca Ming (1368-1644).
I dentelli della giada negli x. sembra siano stati modellati con l'usuale tecnica dell'abrasione mediante sabbia intrisa d'acqua, strofinata sulla superficie da incidere con una sottile asticella di bambù (il più antico modello di trapano tubolare); le due righe quasi perpendicolari, che ai primi studi sembravano essere casuali segni lasciati dalla sega dell'intagliatore, sono invece stati eseguiti consapevolmente e, probabilmente, incise con un punteruolo.
Quanto all'uso dello x., la complessa tesi esplicativa vuole che esso fosse usato in coppia con il tubo d'osservazione, ossia una canna forata alle due estremità che, posta sull'occhio e puntata verso la volta del cielo, serviva a isolarne una regione poco estesa in modo da poter seguire a vista gli spostamenti di un corpo celeste; lo strumento accoppiato allo x. era lo cong, un particolare tubo d'osservazione in giada di sezione quadrata ma con il canale interno, il foro oculare e quello obiettivo circolari: in pratica, una sorta di parallelepipedo rettangolo forato da cui sporgevano due estremità cilindriche. Lo cong veniva inserito nel x., puntato verso il cielo e fatto ruotare fino a che sui denti intagliati del disco non sistemavano ordinatamente la costellazione dell'Orsa Maggiore in una sezione dentellata, le stelle di un'altra costellazione chiamata Confine Orientale del Palazzo Purpureo nell'altra, e α Ursae Minoris sui denti della terza sezione; in questa configurazione, nel foro centrale del tubo cong era visibile β Ursae Minoris. Una siffatta disposizione stellare, tale da soddisfare i denti e i settori del disco, è stata possibile in tempi risalenti circa al 600 a.C. (data dei più antichi x. in nostro possesso) quando per trovare il Polo Nord celeste di allora bisognava puntare proprio β Ursae Minoris che pur distando da esso ben 6,5o (quasi 13 volte il diametro della luna) era tuttavia il punto luminoso più vicino. Inoltre, le due linee incise sul disco dovevano indicare l'una la direzione del coluro solstiziale e l'altra serviva da traguardo per allineare la sezione quadrata del tubo cong quando veniva inserito nel disco.
Questa teoria che considera lo x. uno strumento di orientamento (seppure approssimato) per lo studio del cielo, non toglie al disco le sue caratteristiche di pregiato manufatto, sicuramente tenuto in grande considerazione rituale visto che era in giada e, alla stregua dei più «tradizionali» dischi bi, prezioso documento per lo studio dell'evoluzione della mineralogia e della lavorazione della giada nell'antica Cina (v. anche giada).
Bibl.: H. Michel, Sur les jades astronomiques chinois, in Mélanges Chinois et Bouddhiques, IX, 1951, pp. 153-160; J. Needham, Science and Civilisation in China, III, Cambridge 1959, p. 334 ss.; I. Iannaccone, Misurare il cielo: l'antica astronomia cinese, Napoli 1991.
)