Xunzi (noto anche come Xun Kuang e Xun Qing)
(noto anche come Xun Kuang e Xun Qing) Filosofo cinese (n. forse 310 - m. forse 215 a.C.). Fu originario dello Stato di Zhao, situato nel Nord della Cina, e visse durante gli anni di belligeranza che precedettero la definitiva unificazione della Cina, dovuta alle gesta del sovrano Zheng dello Stato di Qin, poi divenuto il primo imperatore (221-210 a.C.) della dinastia Qin. Della sua vita si conoscono svariati particolari, molti se raffrontati alla generale scarsità di notizie biografiche su pensatori della stessa epoca o più antichi. Brevi cenni biografici si conservano nello Shiji («Memorie di uno storico») di Sima Qian (n. forse 145 - m. forse 86 a.C.), come pure nella lunga biografia composta da Liu Xiang (79-78 a.C.), l’erudito che avrebbe poi raccolto molti dei suoi scritti. Fece parte dell’Accademia Jixia dello Stato di Qi, frequentando così non pochi eruditi e discutendo le più affermate e diffuse dottrine filosofiche dell’epoca. Come molti suoi contemporanei, X. girovagò da Stato a Stato e non di rado assunse anche importanti incarichi. È sicuramente uno dei più brillanti pensatori della tradizione confuciana, tanto da poter vantare in quel tempo un gran numero di discepoli, tra i quali celebri personalità come Li Si (n. forse 280 - m. 208 a.C.) e Han Feizi (➔). Contrariamente a Mencio (➔), X. sostenne la dottrina dell’originaria malvagità della natura umana (xing e): l’uomo nasce infatti con la brama dominante del guadagno (haoli); non si tratta di un desiderio particolare, ma di una disposizione naturale che mira esclusivamente all’ottenimento, in ogni occasione, del proprio personale beneficio. Questa è in verità la causa prevalente di ogni violenza e disordine. Ciò nonostante, l’uomo può con fatica estrema convertire tale originario stato in una benevola disposizione o addirittura in una condizione duratura di bontà (shan), soprattutto se recepisce l’influenza dei maestri e delle leggi, e si lascia guidare dai riti (li) e dalla rettitudine (yi). Più di tutto X. rimarcò la necessità dei primi per stabilire fra gli uomini l’ordine sociale e politico, riflesso diretto dell’ordine e dell’armonia celeste. Agire secondo il dettato dei riti è una modalità esclusiva dell’uomo (che in tal modo si afferma come il più nobile degli esseri sulla terra); così l’uomo porta a compimento l’opera creatrice e vivificatrice del Cielo (tian), fonte suprema di ogni regolarità dell’ordine naturale. Pertanto il saggio non deve applicarsi alla investigazione o conoscenza del Cielo, ma soltanto rivelarne la regolarità e i principi più profondi, per sostenere e preservare in partic. l’attività della vita sociale. L’uomo che conosce e che è capace di osservare e di fare esperienza delle cose del mondo può utilizzare le loro peculiarità per fissare e ordinare, per es., le regole di una lingua, con grande vantaggio della vita politico-sociale. Questo è evidente nella dottrina di X. della «rettificazione dei nomi» (zhengming) e della «rimozione dell’obnubilamento» (jie bi). La mente umana conosce le cose, fissando concetti e idee per descriverle e per identificarle. Questo non è un processo del tutto arbitrario, giacché discende dalla stessa esperienza umana delle cose nel mondo e dall’abilità, sempre umana, di organizzare, classificare e ordinare le sue esperienze. La scelta dei nomi è sì un atto convenzionale, ma necessario per identificare, significare e indicare le cose del mondo. Inoltre, l’esortazione di X. alla rimozione di ogni offuscamento dalla mente rivela quanto l’uomo sia dominato dalla parzialità di punti di vista, di dottrine e idee, smarrendo così la totalità della verità.