Yahya ibn Adi, Abu Zakariyya ibn Hamid al-Takriti
Traduttore, filosofo e teologo cristiano di origine siriaca (Takrīt 893 - Baghdad 974). Teologo cristiano monofisita (giacobita), fu prima allievo alla scuola di Abū Bišr ibn Yūnus Mattā e al-Fārā ́bī e poi scolarca di questa stessa scuola di logica. Y.ibn.‛A. è una figura di rilievo dell’aristotelismo arabo. Assai importante fu la sua opera di traduttore e di revisore di precedenti traduzioni che fece di lui uno dei protagonisti del rinnovamento degli studi aristotelici (G. Endress). Gli si deve l’edizione di Platone (Leggi, Timeo), di Aristotele (notevoli, per es., le traduzioni di parte della Fisica e della Metafisica, oltre che quelle delle opere logiche (per es., Categorie, Topici, Elenchi sofisitici) e dei commentatori (Teofrasto, Alessandro di Afrodisiade, Temistio, Olimpiodoro). Scrisse diversi commenti (essenzialmente ad Aristotele) e numerose opere originali che è possibile distinguere in filosofiche e teologiche. Le prime si differenziano in relazione agli argomenti (logica, fisica, matematica e infine metafisica o questioni di teologia islamica; fra queste, spicca «Il Trattato sull’unità [o sull’affermazione dell’unità] divina», al-Maqāla fī l-tawhīd); le seconde comprendono sia scritti esegetici sia – e sono le più interessanti – scritti teologici (Sulla Trinità; Sull’incarnazione). In genere si può dire che Y.ibn.‛A. testimoni un forte interesse per l’applicazione della filosofia (e della logica in partic.) alla teologia: le opere teologiche sfruttano gli strumenti logici e terminologici della filosofia, quelle filosofiche rivelano spesso un interesse più o meno diretto per la teologia. Non si tratta quindi di rinvenire in Y.ibn. ‛A. un sistema filosofico (la trattazione di cosmologia che gli è attribuita appare spurio), ma di ricostruire la sua lettura filosofica delle più importanti questioni dottrinali del cristianesimo. La Trinità è ricondotta, per es., prima ai tre attributi di generosià, sapienza e potere, e poi alla triade aristotelica di intelletto (‛aql-Padre), intelligente (‛āqil-Figlio) e intelligibile (ma ‛aqūl-Spirito Santo), in cui, pur coincidendo in virtù dell’unità dell’intellezione, ciascuna delle tre nozioni è distinta dalle altre. Degne di menzione sono, infine, il Tahdhīb al-akhlāq («Il perfezionamento della condotta») – opera che, ispirata all’etica greca, giunge comunque a esaltare la felicità e la virtù supreme che non sono di questo mondo – e vari scritti di logica, tra cui «L’eccellenza della logica» (quasi interamente perduto) e «Il trattato in cui si rende evidente la differenza tra le due arti, quella della logica filosofica (al-manṭiq al-falsafī) e quella della grammatica araba», riconducibili alla disputa che oppose per tutto il 10° sec. i sostenitori della logica aristotelica a quelli della grammatica. Alla scuola di Y.ibn.‛A. va ricondotta la formazione di diversi intellettuali della Baghdad del tempo, musulmani o cristiani; fra di essi Abū Sulaymān al-Siǧistānī al-Manṭiqī, il ‘Logico’ (m. 985/dopo il 1001), Abū ‛Alī ‛Isā ibn Zur‛a (m. 1008), ibn al-Samḥ (Abū ‛Alī ibn al-Samḥ al-Naṣrānī, m. 1027), e Abū l-Ḫayr al-Ḥasan ibn Suwār (soprannominato ibn al-Ḫammār; m. dopo il 1017). Anche il musulmano Abū Ḥayyān al-Tawḥīdī (m. 1023), uno dei più vivaci testimoni dell’attività intellettuale dell’epoca, fece parte del circolo del maestro cristiano.