Artista multimediale giapponese (n. Matsumoto 1929). Trasferitasi a New York nel 1958, qui ha dato espressione a un profondo disagio esistenziale attraverso la produzione di opere quali le celebri infinity nets (tele nere della lunghezza di decine di metri su cui dipinge reticoli composti da impercettibili e innumerevoli punti, ansiogena rappresentazione dell’infinità dello spazio) e le soft sculptures (manufatti decorativi ed elementi di arredo di interni realizzati in materiali morbidi, spesso carichi di metafore falliche), giungendo verso la fine degli anni Settanta a realizzare intense performance di forte valenza erotica. Cifra stilistica di K. è la proliferazione dei motivi puntiformi, dotati del potere ipnotico di rappresentare inarginabili dissolvenze psichiche, che si trasformano in pois sui corpi dipinti dei partecipanti alle sue performance o che decorano capi di abbigliamento e pelletteria (collaborazione con la maison Louis Vuitton, 2012, rinnovata nel 2022 con la collezione Creating infinity); presente alle edizioni della Biennale del 1966 e del 1993, sue opere sono esposte in importanti musei e in mostre permanenti nelle principali città del mondo. Autrice del testo autobiografico Mugen no ami (trad. it. Infinity net: la mia autobiografia, 2013), tra le sue principali retrospettive si segnalano quelle tenutesi al Whitney Museum of American Art di New York City (2012), all'Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, D.C. (2017) e alla Tate Modern di Londra (2022).