YAZIDI
. Nome di un gruppo di popolazioni ordinate a tribù, di origine e di lingua curda e con religione propria; detti comunemente adoratori del diavolo. Il loro nucleo principale è ora nella regione di Mossul, a Shaikhān, dove è il centro della religione yazidica e cioè il santuario dedicato allo Shaikh ‛Adī, e nel Gebel Singiār a 160 km. circa a est di Mossul. Il loro numero totale nella Mesopotamia e fuori è stato indicato con varie cifre (per lo più intorno ai 60.000), ma è certamente molto diminuito negli ultimi anni. Secondo l'annuario ufficiale dell'‛Irāq del 1937, essi sarebbero ridotti nel regno a 19.000 (o 17.000), di cui 11.000 nel Gebel Singiār. Nel Gebel Sim‛ān presso Aleppo vi è un altro nucleo meno numeroso di Yazidi, pastori seminomadi, forse tremila, che si dicono originarî del monte Singiār, di lì venuti forse nel sec. XIII, che parlano curdo; ve ne sono altri piccoli gruppi nella regione di Diyārbekr, nell'Armenia russa, nel Caucaso (Tiflis), in Persia. Sono fisicamente ben formati, laboriosi; dediti alla coltura della terra e all'allevamento del bestiame. La forma Yazīdī è araba (plurale Yazīdiyyūn: la forma femminile Yazīdiyyah è comunemente usata per indicare il complesso della setta): in bocca curda la pronuncia è Ezidi, Izidi. Altro nome arabo dato ai Yazidi è Dawāsin, sing. Dāsin (siriaco Dasnāyē), derivato dal nome della provincia religiosa a oriente di Mossul. Sono anche chiamati in turco Cyrāǵ Sândëren (o spegnitori di lampade) e in persiano Shaiôān peresht, "adoratori del diavolo".
Gli Yazidi credono in un Dio sommo ineffabile che è in relazione con il mondo attraverso sette angeli creatori sue emanazioni. Il primo in dignità è Melek Tā'ūs, o angelo Pavone, la figura dominante della religione yazidica; che è l'angelo caduto, ma non divenuto come in altre religioni, ad es. la cristiana, Satana, e non adorato in quanto diavolo, ma per la sua natura buona e la sua potenza di creatore; il nome di Pavone è in relazione con antiche leggende diffuse nel mondo orientale, secondo le quali il tentatore di Eva assume tale figura.
Scindendosi in una triade, la cui natura, del resto, non è del tutto chiara, Melek Tā'ūs si manifesta anche come Yazīd, cioè il califfo Ommiade Yazīd ibn Mu‛āwiyah (v.) e come Shaikh ‛Adī, cioè ‛Adī ibn Musāfir (un grande ṣūfī musulmano morto nel 1161 d. C. circa), discendente della famiglia califfale ommiade e sostenitore dei suoi diritti, che diviene figura centrale della religione yazidica. Incarnazione degli altri angeli e quindi partecipanti dell'adorazione sono considerati a mano a mano varî personaggi, tra cui grandi ṣūfī musulmani, o discendenti di ‛Adī, divenuti capi della comunità; con un procedimento ben noto in altre sette, nate, queste, nel mondo della Shī‛ah o movimento in favore della famiglia di ‛Alī. Il racconto della creazione è un tessuto di strane leggende, certo connesse con altre di sicura origine gnostica, e diffuse anche nelle sette alidi; il ricordo di Yazīd e della famiglia ommiade è bizzarramente deformato.
Gli Yazidi credono nella metempsicosi (anch'esso elemento gnostico), nell'immortalità dell'anima, nel paradiso per i giusti, mentre i peccatori, soggetti per punizione alla trasmigrazione in esseri inferiori, errano fino al giorno del giudizio. Il culto, in cui entrano molti elementi cristiani (battesimo, forme di comunione, ecc.) dovuti in parte, senza dubbio, ai contatti con comunità cristiane specialmente nestoriane, ma forse anche alla remota origine gnostica della religiosità yazidica, è assai complicato e ricco di riti strani. La preghiera è per lo più individuale. Parte essenziale del culto è il pellegrinaggio annuale al predetto santuario dello Shaikh ‛Adī; numerose sono le feste, tra cui principale quella del capo dell'anno. Gli angeli e anzitutto Melek Ṭā'ūs sono simboleggiati dai sangiaq, specie di insegne di metallo sormontate da una figura di pavone, che sono portati in giro nei villaggi yazidici per le questue. Sono numerosissimi gli interdetti. I libri sacri principali sono due, il Libro Nero e il Libro della Rivelazione, di cui abbiamo redazione araba e curda e che scritti in origine in lettere arabo-persiane, furono poi traslitterati in una speciale scrittura crittica. Credenze e pratiche dànno concordemente alla religione yazidica un carattere entusiastico e passionale, iniziatico e mistico, che corrisponde assai bene alla religiosità gnostica e più concretamente a quella delle predette sette estreme di origine alide.
La comunità ha un ordinamento di tipo teocratico; gli Yazidi sono divisi in due grandi categorie, laici (detti murīdān, con termine preso dal linguaggio sufico, in cui vuol dire aspiranti, e che indica bene la natura religiosa di tutta l'associazione yazidica), e chierici, divisi in più categorie, prima quella degli Shaikh in numero di cinque, discendenti dalla famiglia di ‛Adī; sono sotto di essi i Pīr, specie di preti, e varie categorie di diaconi e di inservienti, tra cui i cantori Qawwāl e i danzatori Kočiak, mentre i faqīr detti anche Qarabash, o teste nere, formano una specie di ordine o confraternita, che gode di molta influenza. A capo della comunità sono due autorità, una religiosa, il capo degli Shaikh, e il Principe dei Principi, o Capo supremo, appartenente a famiglia che pretende discendere da Yazīd ibn Mu‛āwiyah.
Varie ipotesi tentano spiegare il difficile problema delle origini di questa religione; ancora diffusa è quella che crede il nome della setta del tutto indipendente nella realtà da Yazīd ibn Mu‛āwiyah, nonostante la tradizione non solo musulmana ma anche yazidica, dichiara la relazione di ‛Adī con la setta stessa solamente casuale, e, indicando come etimologia la parola iranica Īzed che vale angelo, distacca completamente dall'Islām l'origine degli Yazidi, e ne considera la religione genericamente derivata, senza poterne specificare il modo, dal mondo iranico.
Un'altra opinione recentemente sviluppata è quella che, seguendo invece la tradizione musulmana, considera lo sviluppo della setta come nato dall'azione politico-religiosa in favore degli Ommiadi, ricostruisce di questa, dalla tradizione un poco obliterata, le fasi meno conosciute, ne stabilisce forme moderate ed estreme, la relazione tra di esse, e giunge a poter fondare, su una solida base storica, quella relazione tra Yazidi e tendenze estreme del partito filo-ommiade, che già appaiono adombrate nella tradizione musulmana e yazidica. Constatando poi, dopo tale premessa, la stretta correlazione delle dottrine yazidiche e del loro sviluppo, con quelle proprie alle sette estreme sciite (v. sciiti) a noi meglio conosciute (correlazione dovuta alla natura concorde dei due gruppi di fenomeni di contenuto analogo e solo di direzione diversa, e sorti nella stessa congiuntura storica), ne trae il criterio principe per la determinazione della origine delle dottrine yazidiche, assegnandola in modo principale ai contatti con le sette persiane manichee e mazdakite così ampiamente ispirate alla gnosi; ciò che, verità stabilita per le sette estreme sciite, appare conclusione che consegue necessariamente per quella yazidica.
Alla luce di questa ipotesi, resa tanto più probabile dalla origine ommiade dello Shaikh ‛Adī e dalla sua azione pro-ommiade, si spiegano agevolmente non solo il nome della setta, da connettersi sicuramente con Yazīd ibn Mu‛āwiyah, ma anche la venerazione per ‛Adī, che non è casuale, né ha a che fare con assonanza con Ādar, nome del capo degli Ized celesti iranici, come si suppone, ma è elemento fondamentale di tutto lo sviluppo; e le affinità, infine, delle dottrine yazidiche con quelle dei movimenti sciiti estremi (compreso l'isma‛ilismo [v. ismā‛īliti] in tutte le sue manifestazioni) e con quelle gnostiche, che attraverso l'anello delle sette persiane, giungono fino ai Yazidi. Né può infirmare tale ipotesi (che fa la Yazīdiyyah, cioè la più estrema delle direzioni filo-ommiadi, non un fenomeno islamico, ché dall'Islām è ormai lontanissima, ma certo un fenomeno sorto nel mondo islamico, e nelle condizioni politiche da esso create), la contraddizione tra l'ortodossia musulmana di ‛Adī e la sua inserzione in questo sistema tipicamente eretico, poiché la tradizione musulmana, giudiziosamente rintracciata e adoperata, ci mostra, e proprio a proposito di ‛Adī, il conflitto fra tendenze estreme e moderate in seno al movimento filo-ommiade, e accenna al prevalere, contro la volontà del pio ṣūfī patrono dell'atteggiamento moderato e ortodosso, delle prime, che portano, come alla divinizzazione di Yazīd, così anche a quella di ‛Adī, e alla cui vittoria si deve la formazione della setta yazidica quale essa è attualmente. Tanto più sotto i discendenti e i successori di ‛Adī si ripete, certo con minor resistenza da parte di essi, lo stesso processo di divinizzazione dei capi. Con questa ipotesi infine si disegna più nettamente, per ricerche di più ampio respiro, un fecondo criterio di coordinazione di una serie di fenomeni religiosi, che insieme con la setta yazidica sembravano relitti isolati, mentre essi possono essere, con prudenti ravvicinamenti, inseriti in un coerente insieme.
Con il ravvicinamento della setta yazidica al movimento ommiade si può anche ricostruire qualche fase della storia più antica della setta; per qualche periodo (specialmente per il sec. XIII) si ha qualche notizia concreta in fonti soprattutto siriache, nelle quali appaiono i Yazidi ordinati come confraternita, spesso in lotta con i cristiani nestoriani del paese circostante, che cercavano presso i Mongoli protezione contro di essi. Le recenti vicende dei Yazidi sono quelle di una povera minoranza che ha sofferto gravemente sotto i Turchi; e anche ora attraversano difficoltà, dovute pure alla lotta tra ‛Irāq e Siria per la delimitazione della regione del Gebel Singiār.
Bibl.: Per amplissime indicazioni bibliografiche v. G. Furlani, Testi religiosi dei Yezidi, Bologna 1930, e l'articolo realtivo ai Yazidi nell'Enciclopedia dell'Islam, redatto da Th. Menzel. L'ipotesi predetta è svolta da M. Guidi, in Origine dei Yezidi e storia religiosa dell'Islam e del dualismo, e Nuove ricerche sui Yezidi, in Riv. d. studi orientali, XIII, 1932; cfr. anche The Yazidis, past and present, di Isma'il Beg Chol, a cura di C. K. Zurayk, Beirut 1934 (in arabo, con notizie preziose sulla vita attuale dei Yazidi) e Abbas Azzaoui, Histoire des Yézidi, Bagdad 1935 (anche in arabo, sostiene l'origine islamica con elementi importanti tratti dalla tradizione musulmana).