Yeelen
(Mali/Burkina Faso/Francia/RFT 1984-87, 1987, Yeelen ‒ La luce, colore, 105m); regia: Souleymane Cissé; produzione: Souleymane Cissé per Atriascop/Les Films Cissé/Les Films du Carrosse/UTA/Westdeutscher Rundfunk; sceneggiatura: Souleymane Cissé; fotografia: Jean-Noël Ferragut, Jean-Michel Humeau; montaggio: Dounamba Coulibaly, Andrée Davanture, Jenny Frenck, Nathalie Goepfert, Marie-Catherine Miqueau, Seipati N' Xumalo; scenografia e costumi: Kossa Mody Keita; musica: Salif Keita, Michel Portal.
Nianankoro si allontana dal villaggio per sfuggire alle ire del padre, Soma, geloso dei suoi poteri magici. Per Soma, che rappresenta la tradizione magico-religiosa più ottusa, il sapere divino del Komo deve restare prerogativa degli iniziati. La madre consiglia a Nianankoro di raggiungere uno zio che può aiutarlo a completare il suo apprendimento e gli affida l'occhio magico del koré (il koré è l'ultimo livello dell'iniziazione bambara). Mentre il padre lo insegue attraverso il deserto, Nianankoro viene catturato dai peul, ma conquista il loro rispetto quando, grazie ai propri poteri, ne sconfigge i nemici. Pur essendo stato invitato dal re a restare nel villaggio, Nianankoro è deciso a ripartire. Il re gli affida allora Attou, la più giovane delle sue mogli, perché ne curi la sterilità, ma il giovane perde il proprio onore accoppiandosi con lei. Confessa al re la propria colpa e ottiene il permesso di portare la ragazza con sé. Dopo essersi purificati nelle acque di una cascata, i due giovani arrivano dallo zio. La ragazza aspetta un bambino da Nianankoro. Lo zio profetizza che i bambara perderanno la libertà, ma dal ventre di Attou nascerà il liberatore dalla maledizione. Dopo aver ricevuto dallo zio l'ala del koré, Nianankoro vi inserisce l'occhio magico. Ora può finalmente affrontare il padre in un duello per entrambi mortale, che si conclude in un'abbagliante esplosione di luce. Un bambino scopre nella sabbia due uova di struzzo, simbolo della vita, e le porge ad Attou. Insieme, si incamminano.
Quinto lungometraggio di Souleymane Cissé, film 'maledetto' per le difficoltà occorse nei quasi tre anni della realizzazione ‒ il reperimento dei finanziamenti, le tempeste di sabbia, la morte dell'attore Ismaila Sarr, la malattia del direttore della fotografia, le minacce delle società segrete… ‒ Yeelen è un film che "ci obbliga a ripensare tutto il cinema" (Ch. Tesson). Pur conservando molti elementi del racconto orale africano, non soltanto vi operano contaminazioni di genere, dal western alla fantascienza, ma l'immagine, l'iscrizione dei corpi nell'ambiente vi acquistano un peso inconsueto nel cinema africano. Scegliendo di narrare un viaggio iniziatico che ha luogo nel lontano passato della grande tradizione storica del Mali, il film si pone come sfida consapevole al cinema antropologico occidentale. Il regista si allontana dai problemi del suo paese e dell'Africa contemporanea, senza però abbandonare la vocazione politica che anima tutte le sue opere: "Trattare la cultura africana è fare comunque politica", afferma Cissé. Il regista non si limita a mettere in scena, attraverso le figure del padre e del figlio, il conflitto tra il vecchio e il nuovo, ma impone una riflessione sulle tradizioni e sulla cultura dell'Africa, e sulla necessità di recuperarle per preservare e rafforzare un'identità sempre più minacciata: una questione centrale, affrontata in modo cruciale da quegli scritti di Frantz Fanon che tanta importanza avranno per le cinematografie dei Sud del mondo. "Ho ambientato la mia storia dieci secoli fa, in modo che i giovani ritrovino la nozione profonda della loro cultura", dichiara Cissé; e il suo film affonda le radici nella paura di non riconoscersi, di perdere tutto. Il tema della rivalità e dello scontro è quello sotteso alla storia di tutte le guerre (è l'animale che c'è in ciascuno di noi, come sostengono i bambara), mentre quello della conoscenza (l'animismo come apprendimento, possibilità di orientamento) chiama in causa ciò che della conoscenza acquisita si può e si deve fare.
"Avete sempre a che fare con Souleymane Cissé che avanza nel suo tempo, nella sua luce, nel suo vento", afferma ancora il regista, e queste immagini delle origini, in cui sono in gioco le forze di una natura che nel cinema e nella cultura dell'Africa sono motore delle cose, aprono e chiudono il cerchio del tempo. Il bianco abbacinante che conclude lo scontro tra il padre e il figlio ‒ e che ha spinto qualcuno a definire il film il 2001: A Space Odyssey africano ‒ è lo stesso su cui si aprirà il successivo Waati (Il tempo, 1995). Yeelen, come recita il titolo, è la luce nella sua potenza di vita e nella sua violenza mortale, lo scontro tra la notte e il giorno; è la vittoria del giorno e della rinascita (come ci dice il finale del film) nell'eterno dualismo che regola l'esistenza bambara, la conoscenza che ci consente di ricominciare; ma è anche il cinema come momento di illuminazione, che impone a Cissé di 'sognare' i film prima di 'adattarli' alle condizioni reali di ripresa. Non soltanto come guardare il mondo, ma anche cosa è guardare il mondo: sono queste le domande che Cissé sembra porci attraverso uno sguardo che scopre la bellezza, la violenza e la grazia delle cose, riunendo mitico e tragico (A. de Baecque). Se l'eroe attraverso la sua morte garantirà il futuro del suo popolo, i personaggi femminili non solo svolgono la funzione di aiutanti, ma soprattutto testimoniano l'importanza delle donne nei racconti tradizionali africani: in particolare la madre di Nianankoro, depositaria del sapere e della saggezza, figura protettiva e maestra di iniziazione, e Attou, compagna nella quale si ripongono le speranze del futuro e madre che dà inizio a un nuovo mondo. Il figlio è frutto dell'unione tra una donna peul e un uomo bambara: forse Cissé vuole con questo dirci che il futuro del Mali, dell'Africa, forse del mondo, sta nell'unione e nella pace dei popoli. Yeelen ha vinto nel 1987 il Premio della Giuria al Festival di Cannes.
Interpreti e personaggi: Issiaka Kané (Nianankoro), Aoua Sangaré (Attou), Nyamanto Sanogo (Soma), Balla Moussa Keita (re peul), Soumba Traoré (madre di Nianankoro), Ismaila Sarr (lo zio), Youssouf Tenin Cissé (figlio di Attou e Nianankoro), Koké Sangaré (capo del Komo).
Ch. Tesson, Genèse, in "Cahiers du cinéma", n. 397, juin 1987.
J. Lajeunesse, La lumière, in "La revue du cinéma", n. 428-429, juillet-août 1987.
S. Cissé, Yeelen, in "Cahiers du cinéma", n. 400 (suppl.), octobre 1987.
A. de Baecque, Cela s'appelle l'aurore, in "Cahiers du cinéma", n. 402, décembre 1987.
M. Diawara, Souleymane Cissé's Light of Africa, in "Black film review", n. 4, 1988.
A. Caron, Yeelen, in "Jeune cinéma", n. 186, février-mars 1988.
G. Adair, The artificial eye, in "Sight & Sound", n. 4, Autumn 1988.
J. Leahy, Yeelen, in "Monthly film bulletin", n. 658, November 1988.
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F. Chiacchiari, Yeelen, in "Cineforum", n. 285, giugno 1989.
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