MISHIMA, Yukio (pseud. di Kimitake Hiraoka)
Scrittore giapponese, nato a Tokyo il 14 gennaio 1925, morto a Tokyo, suicida, il 25 novembre 1970. Le sue opere, ispirate a un estetismo puro, sono di un'assoluta originalità, pur rivelando una profonda conoscenza della letteratura classica giapponese e di quella occidentale. Caratterizzato nel primo periodo dallo scetticismo e dal nichilismo propri di una generazione che in gioventù si era trovata a vivere nel caos morale e nel vuoto spirituale del dopoguerra, si volge poi alla tradizione e ai valori nazionali, evoluzione cui contribuisce l'influenza della scuola romantica giapponese. È autore anche di drammi, tutti accolti con grande favore. Dopo la fine della guerra pubblica diverse novelle, ottenendo poi pieno riconoscimento con Kamen no Kakuhahu (1949; trad. it. Confessioni di una maschera, Milano 1969), sul tema delle deviazioni sessuali, tema anche di Kinjiki ("Piaceri proibiti", 1952), mentre in Aono Jidai ("L'età verde", 1950), fa assurgere giovani traviati a rappresentanti dei tempi. Nel 1954 ottiene il premio letterario Shinchōsha per il romanzo Shiosai (trad. it. La voce delle onde, Milano 1961). In Kinkakuji (1956; trad. it. Il padiglione d'oro, Milano 1962) tratta con sottile analisi psicologica un fatto di cronaca, l'incendio dell'antico tempio da parte di un giovane storpio. Fra le altre sue opere: Utage no ato (1960; trad. it. Dopo il banchetto, Milano 1964) e Ken ("La spada", 1963). Yūkoku ("Patriottismo") e Eirei no Koe ("La voce degli eroi caduti", 1966) sono espressione dell'evoluzione ideologica verso il nazionalismo che viene maturando in lui; proclama infatti la necessità del ritorno allo spirito tradizionale, e traduce l'idea in azione attiva con la fondazione, fra l'altro, dell'associazione nazionalista Tate no kai, "Società dello Scudo". L'ultima sua grande opera è Hōjōno Umi ("Il mare della fertilità"); appena finito di scriverla, il 25 novembre del 1970, accompagnato da membri della Tate no kai, irrompe nel quartiere delle Forze della difesa in Tokyo, lancia un appello alle truppe incitandole all'azione per ripristinare i valori morali e spirituali del Giappone, e compie quindi uno spettacoloso suicidio rituale, che suscita un'immensa e profonda impressione in tutto il paese. Ricordiamo ancora Natsuko no bōken ("Le avventure di Natsuko", 1951); Gogo no eikō (1963; trad. it. Il sapore della gloria, Milano 1967).