BARBARO, Zaccaria
Figlio di Francesco, nacque nel 1422-23. Legato alla famiglia Vendramin, avendo sposato Clara, figlia del futuro doge Andrea, si diede tutto, seguendo la tradizione paterna, alla vita politica, ricoprendo le più alte cariche nel governo e nell'amministrazione veneziana. Verso il 1462 fu oratore della Repubblica presso il pontefice; capitano a Verona nel 1476, nel 1477 fu inviato con altri tre nobili nel Friuli, dopo l'invasione turca, per controllare le fortificazioni della regione. Nel 1478 fu tra gli elettori del doge Giovanni Mocenigo, e nel 1479 podestà di Padova. Nel 1482, quando era già savio del Consiglio, fu inviato a presidiare Brescia, e l'anno successivo fu uno dei savi eletti ad recuperandas pecunias.Nel 1485 fu tra gli elettori del doge Marco Barbarigo, e tra i correttori della promissio ducale. Al momento della morte era da parecchio tempo procuratore de citra.
Ma più che l'amministrazione, campo principale dell'attività del B. fu la diplomazia. Dopo di essere stato incaricato, nel febbraio 1469, di una ambasceria presso l'imperatore Federico III a Verona, fu eletto nel settembre 1471 oratore a Napoli, ove rimase sino a dopo il 3 sett. 1473. Qui egli riuscì ad ottenere dal re Ferdinando I aiuti militari per Venezia, impegnata nella guerra contro i Turchi: nel 1472 diciassette galere napoletane, e quattordici nel 1473, parteciparono alle operazioni marittime nel Mediterraneo orientale a fianco della flotta veneziana. Dopo altre ambascerie di minore importanza - il 16 luglio 1476 a Mantova, per le nozze di Paola, figlia dei marchese Ludovico Gonzaga, con Leonardo conte di Gorizia, e nel dicembre dello stesso anno a Milano, per presentare a Bona di Savoia le condoglianze della Signoria per l'uccisione di Galeazzo Maria Sforza - nel novembre 1479 fu inviato a Ferrara per cercare di distogliere il duca Ercole 1 dal fare sali a Comacchio. L'anno seguente fu inviato oratore a Roma, in un momento molto critico: infatti in occasione della spedizione turca contro Otranto gli fu ordinato di rimanere estraneo ad ogni negoziato per una impresa antiturca. Il 2 giugno 1481 il B., informato da Venezia della morte di Maometto II, portò la notizia al pontefice, che, per ringraziarlo, gli donò una chinea. Poco dopo egli lasciò Roma, dopo aver ottenuto da Sisto IV, per la chiesa di S. Marco ed altre chiese veneziane, una conferma delle indulgenze di cui esse già godevano; segno dei cordiali rapporti che intercorrevano tra Sisto IV ed il B. è il fatto che suo figlio Ermolao dedicò nel 1480 al papa la sua traduzione della Parafrasi di Temistio.
Un altro periodo di intensa attività fu per il B. quello della guerra di Ferrara. Due volte, nel 1482 e nel 1483, egli fu inviato ambasciatore al capitano generale Roberto Sanseverino, per decidere sulla condotta della guerra, e nel 1484 si incontrò a Cesena con il legato pontificio, il cardinale di Lisbona, per cercare, inutilmente, di giungere ad un accordo tra Venezia e Roma. Nell'agosto 1485 infine fu inviato a Milano per assicurare quella corte della estraneità della Repubblica agli intrighi di Roberto Sanseverino.
Malgrado tutti i suoi meriti, quando il 6 marzo 1491 suo figlio Ermolao fu creato dal pontefice patriarca di Aquileia, contro la volontà della Repubblica, gli fu ordinato a diverse riprese di indurre il figlio a rinunciare al patriarcato, ed anzi il 17 marzo 1491 fu pasta in Senato una "parte" per cui, se non fosse riuscito ad ottenere da Ermolao quanto voleva la Signoria, sarebbe stato bandito ed i suoi beni confiscati. La "parte" non fu presa, ma non per questo la situazione si sistemò. Inutilmente il B. si rivolse, tramite il Poliziano, a Lorenzo de' Medici perché intercedesse in favore suo e del figlio; dopo l'elezione di Alessandro VI, che si mostrò favorevole ad Ermolag, di nuovo gli fu ordinato di imporre a questo la rinuncia al patriarcato.
Morì a Venezia il 29 nov. 1492 affrontando la morte, almeno secondo quanto scrive Ermolao, con spirito cristiano e platonico. La sua orazione funebre fu pranunciata da Marco Antonio Sabellico.
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