CANAL, Zaccaria
Nacque a Venezia il 25 ott. 1685 da Gerolamo e da Marina Vendramin. Dopo alcune esperienze amministrative di secondaria importanza il 31 marzo 1716 fu eletto per la prima volta savio di Terraferma e in questa carica fu confermato per i sei anni successivi con la sola eccezione del 1718. La prima occasione di imporsi tra i patrizi della nuova generazione che ambivano a una rapida carriera politica fu l'ambasceria in Spagna cui fu destinato nel 1724. Raggiunse Madrid il 1º novembre dopo un viaggio piuttosto agitato.
Diplomatico vigile e attento alle vicende politiche europee e alla situazione interna della Spagna, il C. si impegnò anche per la rinascita del commercio veneto ormai quasi completamente scomparso nella penisola iberica. Cercò tra l'altro di scegliere i consoli veneti nelle città di Alicante e Cadice, ma non riuscì a raggiungere significativi risultati: ad Alicante, in mancanza di veneziani, fu costretto ad affidare la carica a un ricco commerciante genovese, mentre a Cadice nessun suddito veneto accettò il suo invito ad assumere l'incarico (dispaccio del 24 ag. 1726).
Il 7 nov. 1726 il C. fu nominato ambasciatore in Francia; sostituito a Madrid il 3 maggio 1727, giunse a Parigi il 1º giugno dello stesso anno.
Da anni la Repubblica di Venezia si era chiusa in una prudente ma rigorosa neutralità e così l'ambasceria nella capitale francese aveva perso il grande rilievo che nel passato soleva avere per un patrizio ambizioso e impaziente di emergere. Al C. non restava che manifestare le sue doti di vivace e scrupoloso osservatore, riferendo sui maneggi diplomatici che si intrecciavano tra le principali corti europee. I suoi dispacci sono densi di informazioni sui complessi negoziati tra Inghilterra e Spagna per l'applicazione delle clausole del trattato di Utrecht relative all'asiento e al vascello di permesso che gl'Inglesi invìavano annualmente a Portobello e sulle controversie tra Impero e Paesi Bassi a causa del commercio con le Indie della città di Ostenda. Numerose anche le notizie sull'inquieta situazione religiosa della Francia: le polemiche sorte già da molti anni in seguito alla bolla Unigenitus e al rifiuto del cardinal de Noailles di accettarla sono attentamente seguite dal C. che può alla fine del 1728 annunciare con la soddisfazione del cattolico fedele all'ortodossia l'avvenuta ritrattazione del tenace arcivescovo di Parigi. Nonostante Parigi fosse sede prestigiosa e centro di una brillante vita di corte, il C. era deluso della sua inattività. Già agli inizi del 1728persino il suo compito di informatore gli pareva ormai poco fecondo e si lamentava che la "sterilità di notizie" fosse giunta a tal segno che mancava interamente la materia con cui scrivere al Senato (dispaccio del 2 genn. 1728).
Così sin dal 13 febbraio successivo cominciò a sollecitare il governo per essere richiamato, ma solo nell'aprile del 1730 giunse a Parigi Alvise Mocenigo, destinatogli come successore.
Poco dopo il suo rientro il C., che il 28 giugno 1730 era nuovamente stato eletto savio del Consiglio, ebbe finalmente l'occasione di ricoprire una carica diplomatica che gli consentiva di dar prova delle sue capacità e della sua volontà di azione. Venne infatti destinato, nello stesso anno, a sostituire nella sede di Roma Barbon Morosini, proprio mentre la S. Sede stava prendendo concrete iniziative per concedere la franchigia alla città di Ancona in vista di un rilancio dell'attività conunerciale della città adriatica naturalmente a tutto danno degli interessi veneziani.
Energica e abile, ma nel complesso priva di uno sbocco positivo la sua azione diplomatica; come ha osservato il Caracciolo (1963, pp. 554-556), il C. cercò di suggerire al governo veneziano di non limitarsi a un'azione difensiva ma di reagire all'istituzione del porto franco ad Ancona stipulando accordi commerciali con Avignone e la Francia, individuando nell'iniziativa pontificia un aspetto di un più ampio piano diplomatico della S. Sede e dell'Impero ai danni di Venezia. La necessità di seguire da vicino la vicenda del porto di Ancona diede al C. l'occasione di conoscere molto bene Clemente XII, da poco asceso al soglio pontificio: nella consueta relazione, presentata in Senato il 14 genn. 1732 - un documento conciso, secco ed efficace nei giudizi -, è delineato un ritratto tutto "politico" del nuovo papa. Il C. nei due anni di permanenza a Roma ha potuto constatare che i diplomatici di Spagna, Francia, Impero operano dentro e fuori la città "a talento" e che Clemente XII, nuovo al triregno e desideroso di assaporare in modo integrale "il gusto della sacra illimitata autorità", ascolta pochi, non chiede mai consigli e finisce per prendere precipitosamente le sue decisioni. Secondo il C. l'unico criterio sicuro di comportamento nei confronti dello Stato pontificio per tutto ciò che attiene alle questioni temporali è di farne poco conto e di agire nei suoi riguardi "con aria superiore e lesiva". In realtà questo atteggiamento era consentito agli Stati dotati di grande potenza e prestigio e guidati da una energica volontà politica: questo non era certo allora il caso di Venezia e la mancanza nella relazione di qualunque accenno alla questione di Ancona forse non è casuale. Di lì a qualche anno la controversia per il patriarcato di Aquileia avrebbe dimostrato chiaramente quali Stati potevano permettersi di ostentare noncuranza e superiorità nei confronti della S. Sede.
Rientrato a Venezia alla fine del 1731, il C. riprese la sua partecipazione alla vita politica veneziana, ricoprendo ancora cariche di notevole importanza: savio del Consiglio (29 sett. 1732), provveditore sopra monasteri (12 maggio 1742), savio alla Mercanzia (3 ott. 1743); il 30 apr. 1735 aveva anche ottenuto l'ambita nomina a procuratore di S. Marco de ultra.
Morì a Venezia il 27 marzo 1746.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Senato, Dispacci ambasciatori, Spagna, filze 145, 146, 147; Francia, filze 217, 218, 219; Roma, filze 252, 253, 254; Expulsis papalistis, filze 16, 17; Senato, Relazioni ambasciatori, Roma, busta 23; Segretario alle voci, Elezioni del Senato, regg. 21, 22, 23; Ibid., M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, p. 222; Venezia, Civico Museo Correr, Archivio Morosini-Grimani, mss. 229, mm. P. D. 177; cod. Cicogna, mss. 3068/III; Bologna, Bibl. univ., Mss. Ital. 9 M (31). Sul C. cfr. inoltre: A. Schiavetti, Oratio de Zacharia Canali Divi Marci procuratore, Venetiis 1735; Raccolta di vari componimenti poetici per il gloriosissimo ingresso alla dignità procuratoria di... Z. C., Venezia 1735, Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, s. 3, Francia, a cura di R. Moscati, Milano 1943, p. XXII; A. Caracciolo, Ildibattito sui "porti franchi" nel Settecento: genesi della franchigia di Ancona, in Riv. stor. ital., LXXVI (1963), pp. 538-58;Id., Le port franc d'Ancône. Croissance et impasse d'un milieu marchand au XVIIIe siècle, Paris 1965, pp. 67, 69.