ZACCARIA da Saluzzo
ZACCARIA da Saluzzo (al secolo Giovanni Battista Boverio). – Nacque a Saluzzo nel 1568, figlio di Matteo, allora governatore del re di Francia, sotto il dominio del quale era caduto l’antico Marchesato. Nulla è noto riguardo alla madre.
Intrapresi gli studi giuridici, si laureò in legge nell’Università di Torino. La vocazione religiosa lo portò ad abbracciare l’Ordine cappuccino con il nome di Zaccaria. Entrato nel noviziato di Alessandria, vi fece la sua professione nel 1591. Perfezionati gli studi teologici e ottenuta l’ordinazione sacerdotale, mise le sue competenze nella dottrina e il suo zelo nell’apostolato a disposizione dell’intensa attività missionaria condotta nelle valli alpine del Piemonte e della Savoia. La predicazione antiereticale, fortemente incentivata dalla corte sabauda, vide impegnato Zaccaria in Val Susa (nel 1602-03 e nuovamente nel 1612), in Val Varaita e in Valle Po (1605-06), nonché a Thonon, in Savoia.
L’esperienza controversistica maturata in quegli anni venne condensata da Zaccaria nelle Demonstrationes symbolorum verae et falsae religionis, pubblicate nel 1617 a Lione, dov’era stato invitato a insegnare teologia (docenza successivamente svolta anche a Digione). Zaccaria, la cui produzione controversistica (concretizzatasi in quegli anni nella censura all’ex vescovo di Spalato, Marcantonio De Dominis, passato all’anglicanesimo) aveva ottenuto anche il plauso del cardinale Roberto Bellarmino, tornò in Italia nel 1620, all’indomani dell’istituzione della provincia cappuccina di Piemonte, voluta dalla corte torinese per svincolare i territori sabaudi al di qua delle Alpi dal controllo di Genova.
Nella nuova circoscrizione il frate saluzzese assunse ruoli di rilievo, come quello di definitore e di guardiano dei conventi di Torino, Mondovì e Saluzzo. L’orizzonte di Zaccaria non era però limitato al solo contesto subalpino. Nel 1623, infatti, in veste di consultore seguì il generale dell’Ordine, Clemente da Noto, nella visita alle province francesi e spagnole, mentre al suo ritorno, nel 1624, venne chiamato a Roma da Propaganda Fide come lettore nello Studium controversiarum del collegio di S. Bonaventura. Nell’Urbe Zaccaria venne a contatto con influenti personalità della Curia pontificia, fra le quali il cardinale Francesco Barberini (nipote di Urbano VIII), che lo volle a suo fianco come teologo nelle missioni diplomatiche compiute in Francia e Spagna fra il 1625 e il 1626.
Nonostante questi impegni il frate piemontese proseguì la sua intensa produzione sia in ambito giuridico (nel 1624 pubblicò a Torino un Directorium fori iudicialis) sia in ambito liturgico e rituale (nel 1626 diede alle stampe a Napoli il De sacris ritibus). Fu forse per la fama riscossa dalla pubblicazione di queste opere (le quali, peraltro, non furono immuni da «imprecisioni ed errori» tali da sollecitare anche un interessamento della congregazione dell’Indice; Borri, 2006, p. 204) che Zaccaria venne individuato dai vertici dell’Ordine come il soggetto più adatto a scrivere la prima storia ufficiale dei cappuccini.
L’esigenza di ricostruire le vicende dei cappuccini e di fissarne la memoria era già stata avvertita (anche in chiave legittimante) sin dalla fine del XVI secolo, quando, sulla scia dell’esperienza degli Annales redatti da Cesare Baronio, avevano iniziato a cimentarsi – senza peraltro giungere ad alcun concreto risultato – Mario Fabiani da Mercato Saraceno, Bernardino Croli da Colpetrazzo e Mattia Bellintani da Salò. Il fallimento di questi tentativi (riconducibili, in larga misura, ai contrasti interni fra una corrente ‘rigorista’ e un’altra ‘lassista’ emergenti anche nella trattazione delle origini dell’Ordine e della vicenda di Bernardino Ochino, il celebre predicatore rifugiatosi nel 1542 a Ginevra per aderire alla Riforma) portò, nel 1615, alla decisione di affidare l’impresa a Paolo Vitelleschi da Foligno, al quale, tuttavia, l’incarico venne revocato dodici anni dopo e assegnato proprio a Zaccaria. Il frate saluzzese, che avrebbe dovuto subito ricevere da quello folignate le scritture e i documenti precedentemente raccolti (cosa che, invece, avvenne solo parzialmente e con protratto ritardo per l’ostruzionismo di Vitelleschi), era stato chiamato a scrivere in latino, lingua preferita «come più comune a tutte le nazioni» (I frati cappuccini, a cura di C. Cargnani, 1988-1993, II, p. 1250).
L’intenso lavoro di Zaccaria trovò esito nel 1632, quando venne pubblicato a Lione il primo volume degli annali cappuccini, mentre il secondo apparve postumo (sempre nella città francese) nel 1639. L’opera, che aveva adottato l’impianto annalistico ricostruendo le vicende dell’Ordine (nel primo volume dal 1525 al 1580, nel secondo dal 1581 al 1612) mostrava marcate finalità encomiastiche e apologetiche, le quali non mancarono di attirare sull’autore sospetti e critiche, che appaiono riflesso «del perdurare di una profonda conflittualità fra i cappuccini, i francescani osservanti e gli ambienti inquisitoriali romani» (Gotor, 2005, p. 227).
Gli Annali, del resto, che già prima della pubblicazione erano stati sottoposti a censura preventiva da parte del S. Uffizio, nel 1652 vennero messi donec corrigantur all’Indice. L’impatto di questa decisione fu notevole, stante anche la fortuna che l’opera aveva riscosso grazie alle traduzioni (dapprima in italiano e spagnolo, poi anche in francese, tedesco e polacco) susseguitesi a partire dagli anni Quaranta del XVII secolo.
Le intricate vicende che riguardarono gli annali, specialmente dopo la loro messa all’Indice, contribuirono a determinare la «progressiva emarginazione culturale» postuma dell’opera e del suo autore (ibid.). Si tratta di una tendenza accentuatasi nel Novecento anche per il giudizio sostanzialmente negativo venuto dalla storiografia cappuccina che, facendo proprie e amplificando le osservazioni critiche già espresse da Ludwig von Pastor a inizio secolo, aveva accusato Zaccaria di insufficiente rigore critico e tacciato la sua opera di scarsa attendibilità.
Del credito riscosso da Zaccaria prima dell’intervento dell’Indice parrebbe essere testimonianza la decisione, assunta nel 1637 dalle autorità genovesi, di accogliere la proposta, formulata un anno prima dal cappuccino saluzzese, di consacrare la Repubblica alla Vergine, proclamandola regina di Genova. In quella città il frate si prodigò per alimentare il culto mariano e, in particolare, la devozione all’Immacolata Concezione, delle cui immagini egli promosse la collocazione nella cattedrale e nelle principali chiese.
Proprio a Genova venne chiamato, un’ultima volta, nel marzo del 1638 dal generale dell’Ordine, Giovanni Moriondo da Moncalieri. Da questi, al quale era legato da un’antica amicizia, Zaccaria venne assistito durante la malattia che lo colpì e lo portò alla morte, sopraggiunta il 31 marzo di quell’anno.
Opere. Demonstrationes symbolorum verae et falsae religionis adversus praecipuos ac vigentes catholicae religionis hostes, atheistas, Iudaeos, haereticos, praesertim Lutheranos, & Caluinistas, Lugduni 1617; Orthodoxa consultatio de ratione verae fidei et religionis amplectandae, Matriti 1623; Directorium fori iudicialis pro regularibus usui Fratrum Minorum qui vulgo Capuccini nuncupantur, Augustae Taurinorum 1624; De sacris ritibus iuxta Romanam regulam usui fratrum minorum s. Francisci, qui vulgo Capuccini nuncupantur accommodatis. Libri tres, Neapoli 1626; Annalium seu Sacrarum historiarum ordinis Minorum S. Francisci qui Capucini nuncupantur, I-II, Lugduni 1632-1639.
Fonti e Bibl.: Francesco da Sestri, Vita del P. Z. Boverio da S., diffinitore generale de’ Capuccini, Genova 1664; Bullarii Ordinis regestum, Analecta Ordinis minorum Capuccinorum, 1893, vol. 9, pp. 180-190 (in partic. p. 181); Lexicon capuccinum, Romae 1951, coll. 1851 s.; I frati cappuccini: documenti e testimonianze del primo secolo, a cura di C. Cargnoni, I-V, Perugia 1988-1993, ad vocem (così come segnalato nel vol. V, Indici, p. 801); Mariano D’Alatri, I cappuccini: storia d’una famiglia francescana, Roma 1994, p. 88; M. Gotor, “Un paradiso ombreggiato da oscuro enigma”: il moto delle origini e Bernardino Ochino nella storiografia cappuccina tra Cinque e Seicento, in Nunc alia tempora, alii mores. Storici e storia in età postridentina. Atti del Convegno internazionale..., Torino... 2003, a cura di M. Firpo, Firenze 2005, pp. 211, 218 s., 223 s., 227; G. Borri, La data di nascita di san Serafino da Montegranaro, in Spiritualità e cultura nell’età della riforma della Chiesa. L’Ordine dei cappuccini e la figura di San Serafino da Montegranaro, a cura di G. Avarucci, Roma 2006, pp. 201-204; G. Ingegneri, Storia dei cappuccini della provincia di Torino, Roma 2008, pp. 29, 44, 55, 64, 71, 108, 153-155, 179, 183; G. Crudo, Padre Z. Boverio da S. e le sue annotazioni sui frati cappuccini della Calabria (1525-1612), in Italia francescana, LXXXV (2010), pp. 499-530; V. Borniotto, L’identità di Genova. Immagini di glorificazione civica in età moderna, Genova 2016, p. 249; A. Concha Sahli, The true habit of St. Francis: the capuchins and the construction of a new franciscan identity, in Collectanea franciscana, LXXXVII (2017), 3-4, pp. 513-552.