ZACCARIA (ebraico Zĕkaryāh[u], "Jahvè si ricorda [di lui]"; greco Ζαχαρία[ς])
Nome di vari personaggi biblici, sia dell'Antico Testamento sia del Nuovo, dei quali i principali sono i seguenti:
1. Zaccaria, figlio del sommo sacerdote Joiada, e che fiorì ai tempi di Joas (Gioas re di Giuda). Morto che fu Joiada, a cui Joas doveva la sua elevazione al trono, il re seguì il partito idolatrico dei maggiorenti del regno, e poiché Z. si opponeva rimproverando al popolo la sua infedeltà, fu lapidato con la complicità del re nell'atrio stesso del tempio di Gerusalemme (II Cronache, XXIV, 20-22).
2. Zaccaria profeta. Undicesimo dei profeti minori il cui ministero si svolse tra i Giudei rimpatriati in Gerusalemme dall'esilio babilonese, dall'anno 520 a. C. in poi, contemporaneamente al ministero di Aggeo.
Era di stirpe sacerdotale, e figlio di Barachia; probabilmente era nato in Babilonia, e si era trasferito in Palestina insieme con i rimpatrianti, animato com'essi da propositi di restaurazione religioso-nazionale. Sennonché questi propositi si erano urtati a Gerusalemme con gravissime difficoltà pratiche; la restaurazione materiale del tempio - dalla quale si era cominciato - era rimasta sospesa pochi mesi dopo il suo inizio, avvenuto verso il 536; il fervore primitivo si era raffreddato, e non si pensava più seriamente a riprendere quei lavori che pur dovevano costituire il primo atto del risorgimento nazionale in patria. L'intervento di Aggeo li fece riprendere; quello di Z. li affrettò sempre più e li accompagnò almeno fino a che furono molto avanzati: è assai probabile, ad ogni modo, che Z. ne vedesse anche il compimento, avvenuto nel 516 a. C. Altro non si sa della sua vita. Riguardo allo Zaccaria figlio di Barachia, di cui si dice in Matteo, XXIII, 35, che fu ucciso fra il tempio e l'altare, v. sotto.
Il libro di Zaccaria. - Si divide in due parti. La parte prima (capp. I-VIII) ha una sezione che si riferisce all'anno 520, e una sezione che si riferisce al 518 a. Cr. La prima sezione (capp. I-VI) narra otto visioni notturne, che sono altrettanti simboli non sempre chiari: la visione del cavaliere fra i mirti; quella della quattro corna e dei quattro fabbri; quella dell'uomo con la cordicella di misura; quella del sommo sacerdote Josua accusato da Satana davanti all'angelo e da questi purificato; quella del candelabro d'oro e delle due olive; quella del rotolo volante; quella della donna dentro l'anfora; quella delle quadrighe fra i monti. Queste visioni si riferiscono in genere alle aspettative del regno messianico. La seconda sezione (capp. VIl-VIII) prende occasione da un quesito proposto, se si dovesse osservare il digiuno in memoria della distruzione del Tempio, per affermare che Dio ricerca giustizia e bontà invece di digiuno, onde rendersi degni dell'instaurazione messianica. La parte seconda (capp. IX-XIV) è di tipo differente, e consta di due discorsi profetici. Il primo (capp. IX-XI) annunzia il giudizio di Dio contro le nazioni pagane (Siri, Fenici e Filistei), e per contrapposto la salvezza d'Israele che nel regno messianico sarà sotto il governo di un buon pastore; il secondo (capp. XII-XIV) predice l'insurrezione degl'idolatri contro il popolo di Giuda e di Gerusalemme, il trionfo messianico su di essi e la gloria futura di Gerusalemme.
La parte prima di questo libro (capitoli I-VIII) è attribuita senza discussioni dai critici moderni a Z. Il resto invece (capitoli IX-XIV), sia da parecchi cattolici sia dalla massima parte degl'indipendenti, è negato a Z. e attribuito a epoche differenti: alcuni l'attribuiscono, almeno in parte (capitoli IX-XI), a prima dell'esilio babilonese e della caduta del regno di Samaria (721 a. C.), altri invece al tempo del predominio greco (gli Yāwān "Ioni", nominai in Zaccaria, IX, 13, sarebbero i Macedoni o i Seleucidi). Alcuni studiosi, tuttavia, hanno sostenuto che anche la parte seconda di Zaccaria può essere assegnata allo stesso autore della parte prima, sia per ragioni di stile, sia perché i concetti espressi nella parte seconda sono alquanto diversi ma non contrastanti con i precedenti.
È notevole, a ogni modo, che in Matteo, XXVII, 9, il passo di Zaccaria, XI, 12-13, in cui si parla dei trenta sicli d'argento, sia attribuito non a Zaccaria, bensì a Geremia, ove invece non si trova alcun passo di tal genere. In forza di questa attribuzione, si è pensato da taluni che nel sec. I d. C. la parte seconda di Zaccaria fosse attribuita a Geremia.
3. Zaccaria, padre di Giovanni Battista. Era di stirpe sacerdotale e della classe di Abia, la quale era l'ottava delle 24 classi sacerdotali nel turno di servizio al tempio di Gerusalemme (I Cronache, XXIV, 7-18; cfr. Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, VII, 14, 7). Un giorno ch'era di servizio, gli apparve l'angelo Gabriele preannunziandogli l'imminente nascita di un figlio che sarebbe stato il precursore del Messia. Stentando egli alquanto a credere, poiché Elisabetta sua moglie era sterile e ambedue erano avanzati in età, e domandando perciò un segno che lo convincesse della veracità dell'annuncio, l'angelo gli predisse che sarebbe stato muto da quel momento fino alla nascita del figlio. Così avvenne, e Z. riacquistò la favella solo in occasione della circoncisione del neonato allorché pronunziò il cantico Benedictus (v.). Così è narrato al principio del Vangelo di Luca, I; per il resto, v. giovanni battista.
4. Zaccaria figlio di Barachia, che fu ucciso "fra il tempio e l'altare". A questo personaggio allude Gesù Cristo solo in Matteo, XXIII, 35, mentre nel passo parallelo Luca, XI, 51, pur confermandosi il particolare dell'uccisione, è omessa la paternità "figlio di Barachia". È un'antica questione di esegesi biblica l'identificazione di questo personaggio. Il particolare dell'uccisione nel tempio si riscontra nel Zaccaria del num. 1, di cui parlano le Cronache; ma quello era figlio di Joiada, non di Barachia. Era invece figlio di Barachia Zaccaria profeta, ma nessun documento allude alla sua uccisione nel tempio; tanto più - come osservava già S. Girolamo (in Matth., XXIII, 35) - che ai tempi del profeta Zaccaria il tempio era ancora in rovina. Lo stesso S. Girolamo ricorda l'opinione di alcuni, che ritenevano trattarsi di Zaccaria padre di Giovanni Battista (num. 3), che sarebbe stato ucciso nel tempio perché fattosi araldo del Messia Gesù: ma giustamente egli la respinge, come provocata da leggende apocrife. Quasi tutti gli studiosi perciò ritengono che il personaggio in questione sia lo Zaccaria del num. 1, a cui per equivoco è stata attribuita la paternità di Zaccaria profeta (equivoco in cui sono caduti anche antichi rabbini); di questo scambio, secondo gl'interpreti cattolici, è responsabile o un ignoto amanuense o il traduttore di Matteo dall'aramaico in greco: secondo lo stesso S. Girolamo, il Vangelo detto dei Nazareni (che sarebbe derivato dal Matteo aramaico) aveva nel passo in questione, non già "figlio di Barachia", ma "figlio di Joiada", che è la vera paternità dello Zaccaria ucciso nel tempio.
Un'opinione, già espressa da altri e recentemente rimessa in onore (Wellhausen, Loisy, ecc.), vuole che il passo di Matteo in questione alluda piuttosto a quel Zaccaria "figlio di βάρεις (varianti: Βαρούκου; βαρισκαίου)" che fu ucciso dagli Zeloti nel tempio nell'anno 68 d. C. (cfr. Flavio Giuseppe, Guerra giudaica, IV, 5, 4, § 335 segg.); in tal caso, quindi, il passo non sarebbe stato pronunciato da Gesù Cristo, bensì attribuitogli dall'evangelista a uccisione avvenuta. Ma la somiglianza - non uguaglianza - dei due nomi (Barachia e Baruch [= βάρεις, ecc.]) è un argomento troppo debole per giustificare tale interpretazione; d'altra parte la menzione dell'uccisione di Zaccaria (figlio di Joiada), come ultimo dei misfatti commessi da Giudei, si spiega perfettamente con la considerazione che la sua uccisione è narrata nelle Cronache (v.) che stavano in fondo ai libri sacri del canone giudaico.
Bibl.: Per il profeta Z., oltre ai commenti a tutti i profeti minori citati alle singole voci (abacuc; abdia; aggeo; amos, ecc.; cfr. bibbia), v.: I. Halévy, Le prophète Zacharie, in Revue sémitique, 1908, pp. 413-54; 1909, p. 1 segg.; J. W. Rothstein, Die Nachtgesichte des Sacharja, Lipsia 1910; I. Kremer, Die Hirtenallegorie im Buche Zacharias, Münster 1930.