ZAFFERANO (lat. scient. Crocus sativus L.; fr. safran; sp. azafan; ted. Safran; ingl. safron)
Pianta tuberosa perenne della famiglia Iridacee, con tubero solido ravvolto da tuniche scariose, sottili, semitrasparenti, brunastre da cui nasce un ciuffo di foglie (dopo lo sviluppo dei fiori) strettamente lineari, lanceolate, con una linea biancastra nel mezzo; i fiori sono grandi, riuniti da 2 a 3 in una stessa pianta e hanno un perianzio fatto di sei tepali violacei con striature più oscure, saldati inferiormente in un lungo tubo, tre stami e un ovario infero triloculare, sormontato da un lungo stilo diviso all'estremità in tre stimmi larghi, incavati, denticolati all'apice e di un colore rosso aranciato caratteristico, assai odorosi. Il frutto è una capsula trigona con numerosi semi.
Questa pianta, secondo alcuni autori, è propria dell'Asia occidentale, secondo altri invece la sua area di origine (tenuto conto delle altre specie di Crocus affinissime al C. sativus e descritte col nome di C. Orsini, C. Cartwrightianus, C. Th0masii) andrebbe dall'Italia centro-meridionale al Kurdistan.
Coltura. - Lo zafferano un tempo era coltivato abbastanza estesamente, perché si usava come sostanza colorante per prodotti alimentari, per bevande, e veniva adoperato in profumeria e in medicina. Ora il suo uso, soprattutto come colorante, è straordinariamente ridotto e quindi la sua coltivazione è limitata ad alcune zone dell'Italia alla Francia meridionale, alla Spagna e a talune località dell'Africa settentrionale.
In Abruzzo lo zafferano si coltiva in altipiani di 600-700 m. nella provincia d'Aquila, riparati da montagne e quindi non troppo stemperati: si concima il terreno con letame ben decomposto e si lavora in autunno o in primavera, ripetendo la lavorazione in maggio e facendo un'irpicatura in agosto-settembre prima della piantagione. Bisogna aver cura che la terra sia bene sminuzzata, perché, se troppo compatta, nuoce alla fioritura.
I tuberi da piantare devono essere scelti accuratamente, scartando quelli troppo piccoli, lesionati o malati e scegliendo quelli medî, ben. globosi, che generalmente sviluppano molti fiori: è bene togliere ad essi la tunica esterna prima di piantarli, per assicurarsi che siano buoni, lasciandoli poí qualche giorno al sole per uccidere le eventuali spore di funghi parassiti che si fossero annidati sotto le squame.
I tuberi si mettono in solchi aperti con la zappa e con l'aratro, larghi 20-25 cm. e profondi da 15 a 18 cm.; distanziandoli fra loro da 5 a 10 cm. e distanziando i solchi da 40 a 50 cm. per poter permettere le lavorazioni e la raccolta. A seconda della loro grossezza e delle distanze adottate, occorrono da 500 mila a 1 milione di tuberi per piantare un ettaro di superficie.
La cura colturale più importante è di mantenere il terreno ben pulito, libero dalle cattive erbe e di sorvegliare le piante, asportando e distruggendo subito quelle malate per evitare il propagarsi d'infezioni.
Appena si mostrano i giovani germogli si fa una leggiera rincalzatura, che si ripete più volte, accompagnandola con sarchiature fino alla fioritura.
Le foglie si sviluppano subito dopo i fiori e persistono fino al maggio; quando cominciano a disseccarsi si possono falciare e somministrare ai bovini: da 1 ha. se ne ricavano da 7 a 10 quintali.
I fiori (a seconda dell'andamento delle stagioni, del clima, delle località) nascono dopo le prime piogge d'autunno in settembre-ottobre, e la loro raccolta talora si prolunga fino ai primi di novembre e dura in media una ventina di giorni. Bisogna raccogliere i fiori al mattino o alla sera, quando sono ben sviluppati, e non nelle ore calde del giorno in cui il sole li ha un po' appassiti; la raccolta si fa ogni giorno e magari due volte al giorno, per evitare che gli stimmi perdano il loro aroma. Subito dopo raccolti devono essere mondati prima che appassiscano, togliendo gli stimmi e badando che non vi si mescolino stami e impurità.
L'essiccazione degli stimmi dev'essere fatta con cura, tenendoli in strati per un certo tempo all'ombra e poi esponendoli con cautela su stacci di crine o canestri di vimini al calore di un braciere acceso ricoperto di cenere e senza tizzoni perché non faccia fumo, che danneggerebbe l'aroma della droga, la quale col disseccamento perde 4/5 del suo peso.
La raccolta dei tuberi per rinnovare le coltivazioni si fa nei mesi di giugno-luglio, preferibilmente con tempo umido.
Un zafferaneto dura in media tre anni e dopo dev'essere completamente rinnovato, perché le piante si esauriscono e la fioritura diviene stentata e scadente.
Malattie e cause nemiche. - La malattia più grave è la Rhizoctonia crocorum o "malattia della morte", che uccide i tuberi dopo averli invasi col suo micelio formando dei grossi sclerozî alla superficie: per combatterla bisogna distruggere le piante malate, non ripetere le coltivazioni di zafferano prima di 6 o 8 anni e disinfettare il terreno col solfuro di carbonio.
Vi è poi una specie di carie che attacca le foglie e i tuberi e anche questa, che si sviluppa nei terreni argillosi durante le primavere piovose, si combatte con la distruzione delle piante malate.
Le anguillule perforando i tuberi favoriscono l'attacco dei microrganismi e dei funghi del marciume. Anche i topi rosicchiando i tuberi possono arrecare danni e così pure lepri e conigli che mangiano le foglie e i fiori.
Droga. - Dev'essere costituita dei soli stimmi che nella droga secca si presentano in forma di filamenti elastici di colore rosso bruno particolare e di odore e sapore acuti caratteristici. Quando la droga è polverizzata, al microscopio non deve rivelare la presenza di granuli di polline. La falsificazione più frequente è data dall'aggiunta dei fiori di Carthamus tinctorius o zafferanone: inoltre si aggiungono i petali di Calendula arvensis o della polvere d'ocra o della curcuma, ecc.
Per avere 1 kg. di zafferano occorrono in media da 100.000 a 140.000 fiori: un ha. di terreno coltivato con cura e in stagione favorevole può dare nel 2° anno circa 40 kg. di droga, mentre nel 1° anno ne dà solo 10-15.
Gli stimmi, iscritti anche nella 5a ed. della Farmacopea ufficiale (stigmata croci), contengono il glucoside crocina già chiamato policroite, sostanza colorante gialla, e picrocrocina, sostanza amara (detta anche amaro di zafferano): vi è anche olio etereo.
La droga in farmacia serve alla preparazione del collirio astringente giallo, del laudano del Sydenham e della tintura di zafferano; inoltre serve a colorare le paste alimentari e i formaggi, ad aromatizzare alcuni cibi, ed è usata anche in profumeria.