ZAGREO (Ζαγρεύς)
È la figura divina il cui mito venne assunto a base di tutta la dottrina soteriologica ed escatologica dell'orfismo.
Divinità originariamente agraria e ctonia, come proverebbero il nome ("Gran cacciatore" delle anime, Etym. Gudianum, 227, 37) e il fatto di essere stato identificato con Ade, Z. è di origine cretese, e aveva un culto mistico in Creta, ricordato in un noto frammento (coro) de I Cretesi di Euripide (fr. 472 Nauck, 2a ed.). Invece nell'orfismo Z. è il nome del secondo Dioniso (v.), figlio di Zeus e di Persefone, al quale spetta il dominio del mondo. Ma Hera gelosa istiga contro Z. i Titani, i quali attirano il fanciullo mediante giocattoli: una trottola, un rombo (un testo conservato da Porfirio, De abstin., 4, 19 ricorda "i tuoni" di Z. che, secondo R. Pettazzoni, sarebbero appunto il suono dei rombi rotanti mentre si celebravano i misteri), una palla, uno specchio, un astragalo; Z. cerca di sfuggire mutando forma, ma quando egli ha assunto quella di toro, riescono a catturarlo, lo sbranano e lo divorano crudo (secondo un'altra versione, cotto). Il cuore è tuttavia salvato da Atena e portato a Zeus. Questi lo mangia, da Semele genera poi un nuovo Dioniso e colpisce col fulmine i Titani, dalle cui ceneri nasce il genere umano.
Questo mito, che si ricostruisce attraverso varie fonti e che è narrato ampiamente da Nonno nel libro VI delle Dionisiache, contiene "tutti gli elementi fondamentali dell'antico sacrificio dionisiaco" (Turchi) e ha subito nell'orfismo un'elaborazione dottrinale per cui esso divenne il "dogma centrale" di questo mistero, pur lasciando ancora "trasparire i suoi tratti elementari primitivi e lo sfondo della religiosità agraria da cui emana" (Pettazzoni).
Bibl.: I. Schmidt, Zagreus, in Roscher, Ausf. Lexikon d. gr. u. röm. Mythol. VI, col. 532 segg. V. anche orfismo.