zakat
zakāt s. ar., usato in it. al femm. – L’elemosina rituale, z., riveste una particolare importanza nell’islam in quanto è uno dei cinque pilastri della religione, insieme all’attestazione di fede, alla preghiera, al digiuno e al pellegrinaggio; essa è una sorta di imposta-elemosina che si preleva dal patrimonio dei musulmani benestanti e viene destinata essenzialmente a favore dei poveri e dei diseredati della comunità. Nel Corano il verbo zakā («essere puro», ma anche «prosperare») e i suoi derivati, vengono usati tanto per indicare il retto comportamento, che l'elemosina (XXIII, 4; XIX, 31, 55, XLI, 7) e la decima (VII, 156). Ai linguisti arabi appare chiaro come nella parola z. sia sotteso il concetto della purificazione del patrimonio attraverso l'azione, particolarmente meritoria, di far dono dei propri beni. Sulla base delle prescrizioni coraniche e della tradizione profetica, i giuristi costruirono, nel corso dei primi due secoli dell’islam, una teoria della z., precisando i beni tassabili (bestiame, prodotti agricoli, oro, argento e merci), il minimo imponibile, le aliquote dovute, il sistema di esazione e le norme di distribuzione. Ne risultò un sistema ispirato a criteri di giustizia sociale, in cui la comunità musulmana si presenta come una grande famiglia in cui i fratelli più ricchi sono tenuti a sovvenire ai bisogni di quelli più poveri poiché la ricchezza è un dono di Dio, una grazia che il ricco deve riconoscere permettendo ai meno fortunati di goderne insieme a lui. L’odierna dottrina economica islamica pone la z. al centro dell’impianto islamico di welfare e ne sottolinea la funzione di liberare la comunità dalla povertà, incoraggiando ciascuno a trasferire parte dei beni ai poveri. Si pone l’accento sulla riabilitazione e il recupero dell’autosufficienza, facendo sì che il povero ridiventi un membro produttivo del gruppo sociale. La z. ha un preciso fine economico: mettere in circolazione la ricchezza accumulata, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi socio-economici considerati prioritari: garantire un livello minimo di esistenza a tutti e assicurare l’uso produttivo delle risorse economiche per il benessere materiale della società. La z. è stata introdotta come imposta obbligatoria annua nelle legislazioni di alcuni paesi: Arabia Saudita (decreto del 13/5/1951), Libia (l. 89/1971), Pakistan (Zakat and Ushr ordinance n. 18 del 1980), Sudan (l. 3/1984 e 1389/1986), Yemen (l. 9/1996). In Malaysia, dove è stata istituzionalizzata nel 1974, la z. viene regolamentata e amministrata dai singoli stati federali tramite i Consigli islamici. Alcuni paesi islamici hanno creato organi para-statali per la raccolta e la distribuzione della z., come la Giordania (l. 35/1944, abrogata nel 1978 e sostituita nello stesso anno dallo Zakat fund act), il Bahrein (l. 8/1979), il Kuwait (l. 5/1982), gli Emirati arabi uniti (l. 37/1984). In Egitto e Marocco esistono proposte di legge per l’introduzione obbligatoria della zakāt. In Egitto, in base alla l. 66/1971, la Banca sociale Nāsir raccoglie e distribuisce le offerte volontarie; l’art. 3 della l. 48/1988 ha autorizzato anche le Banche islamiche e gli sportelli Banca islamica alla raccolta della z. – prelevata dai conti dei clienti o proveniente da donazioni – che viene distribuita in collaborazione con l’università di al-Azhar del Cairo e il ministero degli Awqāf. Con i fondi della z. vengono finanziati ospedali, centri di assistenza, nonché concessi crediti alle categorie bisognose. Un interessante esperimento di raccolta volontaria e distribuzione della z. tramite un organo parastatale è la Zakat house (Dār al-zakāt) del Kuwait, formalmente sotto le dipendenze del ministero degli Awqāf, ma con una propria autonomia amministrativa e finanziaria. Si occupa di pubblicizzare e sponsorizzare in vario modo la raccolta della z., coordina una serie di comitati e associazioni che operano a livello locale, elabora e gestisce i progetti a cui sono destinati i fondi raccolti. In linea generale gli organismi autonomi (fondi, comitati, banche) o semi-autonomi (agenzie parastatali) si dimostrano molto più efficaci nella raccolta e distribuzione della z. rispetto ai casi in cui ciò avviene a livello di amministrazione centrale dello Stato (Arabia Saudita, Pakistan, Sudan), sia per la loro migliore capacità di raggiungere il possibile 'contribuente' attraverso campagne pubblicitarie mirate e l’uso di Internet, sia per la maggior trasparenza e affidabilità che il pubblico riconosce loro. L’introduzione della z. nel sistema fiscale dei moderni stati islamici richiede il riadattamento di alcune sue norme. La tradizionale classificazione dei beni tassabili che rispecchiava una società mercantile e rurale del passato viene superata per includere nuove fonti di reddito, in particolare il lavoro dipendente e le libere professioni, che sono diventate le principali forme di reddito nel contesto urbano. Le stesse finalità della z. sono state rilette alla luce delle esigenze moderne cercando di favorire investimenti con finalità produttive piuttosto che forme di pura assistenza. Nel dibattito sull’applicazione della z. si riscontrano alcune linee comuni relative soprattutto alla rielaborazione del minimo imponibile, all’ampliamento della base impositiva e alla ridefinizione dei beneficiari. I giuristi musulmani contemporanei hanno radicalmente ripensato le tradizionali categorie dell’oro e dell’argento, inserendo nel calcolo del minimo imponibile ogni forma di detenzione del capitale liquido. Vengono elencati, in modo non tassativo, i conti correnti e i depositi bancari, le azioni e le obbligazioni, i titoli, i contratti di assicurazione, le partecipazioni a fondi di investimento. Essi vengono tassati in quanto fonti di reddito. Arabia Saudita, Sudan e Kuwait prelevano la z. anche su stipendi e salari. Le moderne legislazioni fissano un minimo imponibile piuttosto basso (pari al valore di 85 gr. di oro puro e circa 600 gr. di argento), così da allargare la fascia di possibili contribuenti. Per tutti i beni assimilati all’oro e all’argento e per le merci il minimo imponibile si calcola in base al valore di mercato dell’oro nello Stato di residenza del soggetto sottoposto a zakāt. L’imposta dovuta è del 2,5%. Per quanto riguarda la tassazione delle imprese, un punto molto controverso nel dibattito contemporaneo sull’applicazione della z. riguarda i capitali fissi. La legge islamica classica prevede un’imposta sulle merci e sui redditi, mentre sono esclusi gli strumenti di lavoro degli artigiani e questo porterebbe a un’esclusione del capitale fisso delle imprese. Oggi alcuni economisti tenderebbero a includerli poiché ogni forma di capitale è tassabile. Viceversa, altri ritengono che l’introduzione di una simile imposta inciderebbe negativamente sulla crescita dell’industria e del commercio – che nei paesi islamici necessitano, in genere, del supporto statale – per cui, in questi settori, deve essere prelevata solo un’imposta sul reddito. Le leggi sulla z. mantengono il tradizionale minimo imponibile per i prodotti agricoli e per il bestiame; le aliquote applicabili ai prodotti agricoli sono rimaste quelle del 10% e del 5%, a seconda che il terreno sia irrigato naturalmente o artificialmente. Buona parte della moderna speculazione sulla z. si è incentrata sulla definizione dei beneficiari. Alcune categorie, contemplate dal diritto classico (Corano IX, 60), si considerano decadute o comunque hanno perso di importanza: questo riguarda «gli schiavi», «i debitori» e «coloro i cui cuori devono essere ammansiti». La z. è intesa principalmente per i poveri e le categorie deboli (orfani, vedove, anziani, portatori di handicap). La moderna interpretazione dell’espressione coranica «per la lotta sulla via di Dio» ne ha ampliato la definizione permettendo che i fondi della z. possano essere investiti per difendere e promuovere l’islam tramite attività di vario tipo, dalla formazione di personale religioso, all’organizzazione di conferenze, alla distribuzione di scritti islamici, nonché per la costruzione di moschee e scuole religiose. Ultima metamorfosi del lungo cammino di questo pilastro dell’islam dal medioevo a oggi sono gli zakāt calculators, formulari elettronici che permettono di calcolare, e in genere anche di pagare online usando una carta di credito, la zakāt. Molti siti islamici hanno al loro interno uno zakāt calculator per raccogliere fondi con cui finanziare progetti assistenziali o sponsorizzare attività di studio e diffusione dell’islam. Esistono varie tipologie di calculators, alcuni sono solo un supporto elettronico per il calcolo della z. ma non permettono il pagamento online, altri consentono di pagare la z. solo su alcuni beni, in genere oro e denaro (partendo dal minimo imponibile di 85 gr. d’oro), altri, invece, rispettando la visione classica della z., inseriscono più categorie di beni (denaro, depositi, assicurazioni, merci, bestiame, prodotti agricoli). Il portale www.al-islam.com è tra i più noti e consultati siti di informazione e divulgazione dell’islam. Al suo interno è disponibile uno zakāt calculator in sette lingue (arabo, inglese, francese, malese, indonesiano, tedesco e turco). La z. si può pagare nelle principali valute mondiali, calcolandola in base all’anno solare, lunare o in base ai giorni di possesso dei beni, a partire dal minimo imponibile il cui valore è stabilito in base alla quotazione giornaliera del metallo prezioso nel luogo di residenza del contribuente.