MACHIAVELLI, Zanobi
Nacque a Firenze nel 1418 o nel corso dell'anno successivo da uno Iacopo, di cui si fa menzione nel Libro rosso dei debitori e creditori della Compagnia di S. Luca (Poggi, p. 67).
La data di nascita si evince da un documento del Catasto fiorentino risalente al 1457-58, in cui uno Zanobi di Iacopo di Piero Machiavelli - da identificare con ogni probabilità con il M. nonostante l'assenza di riferimenti alla sua attività pittorica - dichiara di avere 39 anni (ibid.).
Complesso appare lo sforzo di tracciare un profilo della prima attività del M. sulla base dei pochi lavori autografi, tutti databili a partire dal settimo decennio.
Vasari (p. 53) lo considerava allievo di Benozzo Gozzoli; ma la notizia sembra priva di fondamento dal momento che questi era più giovane del M. di qualche anno. Non è da escludere tuttavia, essendo documentata la sua attività pisana in età matura ed essendovi riscontrabili elementi stilistici riferibili, sia pure latamente, alla maniera di Gozzoli, che il M., nella sua produzione matura, avesse subito una certa influenza dalle opere di Benozzo presenti in città.
Nell'attribuirgli un piccolo corpus di dipinti, buona parte della letteratura recente - a partire dalle osservazioni di Berenson (1932 [1969] e 1950), non sempre, tuttavia, dovutamente sostenute sotto il profilo argomentativo - ha voluto inserire la produzione giovanile del M. entro la costellazione delle botteghe gravitanti nell'orbita della cultura artistica di Filippo Lippi e di Francesco di Stefano detto il Pesellino.
Padoa Rizzo (pp. 320 s.) ha proposto di riconoscere la maniera della sua prima maturità sulla base di diversi riscontri stilistici, non sempre convincenti, con le opere firmate e con quelle presunte, nelle due miniature di un offiziolo conservato presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze (Ashb., 939) raffiguranti una Natività (c. 1r) e un Re David (c. 117 r) e databili alla seconda metà del sesto decennio.
La prima tavola certa del M. è lo sportello laterale di un polittico disperso, raffigurante S. Giacomo apostolo e una Madonna Annunciata nella cuspide, firmato e datato 1463 e conservato presso gli Staatlichen Museen di Berlino.
A esso si possono accostare cronologicamente, in ragione di alcune analogie stilistiche che confortano l'ipotesi attributiva, i due pannelli laterali di polittico della National Gallery di Londra, raffiguranti, rispettivamente, i Ss. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista e i Ss. Marco e Agostino. Nello stesso museo si conservano inoltre la Madonna in trono col Bambino e angeli musicanti tra S. Nicola da Tolentino e un santo vescovo, da un lato, e i Ss. Bartolomeo e Monica (o forse Chiara da Montefalco), dall'altro, assegnata al M. per via delle somiglianze dei santi dei laterali con il S. Giacomo di Berlino e con gli altri due scomparti londinesi. Il polittico, databile all'inizio del settimo decennio, palesa, soprattutto nella tavola centrale, una marcata derivazione dalle strutture compositive e dalle fisionomie di Lippi; tale derivazione risulta, tuttavia, assai meno evidente nelle tavole sicuramente iscrivibili nel suo corpus, tanto da far cautamente pensare - volendo mantenere l'attribuzione - a un'opera di collaborazione. La presenza del santo di Tolentino ha indotto Davies (p. 323) ad associare al polittico di Londra uno scomparto di predella con S. Nicola da Tolentino che salva un uomo impiccato ingiustamente (Amsterdam, Museo nazionale), assegnato al M. da Berenson sia pure senza argomenti (1932 [1969], p. 179). Tale associazione è stata opportunamente messa in discussione da Schmidt (p. 278), che ne ha, in ogni modo, confermato l'attribuzione in linea con la letteratura precedente, pur sottolineando la riferibilità dei caratteri stilistici alla maniera del Beato Angelico piuttosto che a quella di Lippi.
Forse da porre nell'arco cronologico compreso tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, durante un primo presunto soggiorno pisano (Padoa Rizzo, p. 322; Carli, 1994, p. 177), sono due pale d'altare firmate che, occorre rimarcarlo, presentano uno stile non facilmente "conciliabile" con quello dei dipinti di Londra e Amsterdam.
Si tratta della Madonna in trono col Bambino e i ss. Bernardino, Marco, Ludovico e Girolamo (Dublino, National Gallery of Ireland) e della Madonna in trono col Bambino e i ss. Antonio da Padova, Silvestro, Ranieri e Francesco (Pisa, Museo nazionale di S. Matteo), proveniente dalla chiesa dell'ex monastero di S. Croce in Fossabanda presso Pisa. A esse si deve accostare, per le notevoli affinità specialmente con il dipinto pisano, la Madonna in trono col Bambino e s. Bartolomeo, s. Maddalena, un santo vescovo e s. Antonio da Padova (Lucca, Museo nazionale di Villa Guinigi), proveniente dalla chiesa dell'ex monastero di S. Maria a Fregionaia presso Lucca. Allo stesso periodo è stato ricondotto inoltre un S. Nicola da Tolentino conservato presso la Biblioteca di Fivizzano, la cui assegnazione al M. si fonda su una testimonianza settecentesca che ne registrava la presenza nella locale chiesa di S. Giovanni Battista (Vasoli, p. 23).
Berenson (1932 [1969], p. 181), seguito dalla critica successiva, aveva attribuito al M. anche una tavola (Boston, Museum of fine arts) raffigurante la Madonna in trono col Bambino e i ss. Sebastiano, Andrea, Bernardino, Paolo, Lorenzo e Agostino, ritenuta generalmente ascrivibile alla produzione del settimo decennio, benché con ampie oscillazioni all'interno del periodo.
La pala è stata posta in relazione da Padoa Rizzo (p. 321) con i dipinti londinesi, con i quali pare effettivamente condividere alcune proprietà stilistiche, di una matrice riconducibile però, anche secondo Kanter (p. 150), alla cultura figurativa del Beato Angelico. La difficile reperibilità di tali connotati nelle opere autografe di Berlino, Dublino e Pisa, distinte peraltro da alcuni arcaismi (come nella capigliatura della Vergine) meno evidenti nel dipinto di Boston, suggerisce di pensare o a un deciso spostamento della cronologia - data la poco probabile sovrapposizione di stili così diversi nello stesso periodo - oppure, più radicalmente, a un'ipotesi attributiva differente. Ciò dovrebbe inoltre indurre a valutare con molta prudenza l'inserimento nel catalogo del M. dell'Annunciazione di S. Martino a Mensola, derivata dai modelli angelichiani attraverso la mediazione di un'opera di identico soggetto di Zanobi Strozzi (Londra, National Gallery). L'assegnazione al M., più volte ripetuta anche di recente (Melli), non si basa però su elementi solidi, a meno di non congetturare una sua attività giovanile nell'orbita dell'Angelico - ritenuto in passato persino maestro del pittore (Matteoli, p. 139) - di cui però non rimane praticamente traccia nella maturità e di cui mancano indizi probanti.
La generale connotazione "lippesca" e una serie di riscontri morfologici con i dipinti cui si è fatto cenno hanno consentito di proporre peraltro, a partire dagli studi di Berenson (1950), l'iscrizione nell'opera del M. di un gruppo di Madonne con Bambino, ritenute per lo più collocabili tra la metà del sesto decennio e la metà di quello successivo.
Fanno parte del gruppo la Madonna col Bambino e angeli della Galleria Pallavicini di Roma, datata alla prima metà del sesto decennio (Zeri, 1959, p. 170) e la tavola di identico soggetto e analoga struttura, ancorché ampiamente ridipinta, che si conserva alla Yale University Art Gallery di New Haven, CT, considerata da Zeri (ibid.) più tarda. Prossima alle due opere è anche una Madonna col Bambino e angeli del Musée du Petit-Palais di Avignone, la cui attribuzione per comunicazione orale di Roberto Longhi è confermata da Laclotte e Mognetti (n. 121). Ai due dipinti menzionati occorre altresì accostare la Madonna col Bambino della Raccolta d'arte sacra di Fucecchio, che Bellosi riteneva precedente al S. Giacomo di Berlino, nonché la Madonna col Bambino del Musée des beaux-arts di Besançon, di difficile datazione. Anche in questo caso è necessario rilevare che, nonostante questo insieme di opere presenti un'omogeneità stilistica facilmente riconducibile a un unico autore, il suo orizzonte figurativo non pare confrontabile in modo sempre significativo con la maniera delle pale d'altare autografe del M., consigliando cautela nell'accogliere le tradizionali attribuzioni. Per la stessa ragione pare difficile esprimersi intorno alla Madonna col Bambino della Public Art Gallery di Dunedin (Nuova Zelanda), già ascritta al M. da Berenson (1950, p. 346), ma plausibilmente ricondotta da Lachi (p. 106) alla bottega del Pesellino e del Maestro della Natività di Castello.
Il 12 marzo 1464 il M. ricevette un pagamento per la realizzazione di tre lunette, perdute, per la badia fiesolana, raffiguranti una Pietà, S. Agostino e S. Monica (Fabriczy).
Un documento del Catasto fiorentino datato 1469 attesta che il M. era all'epoca sposato con una Caterina, dalla quale aveva avuto quattro figli, due maschi e due femmine (Poggi, p. 67); mentre l'anno seguente Benedetto Dei annota la presenza della sua bottega tra quelle dei pittori attivi a Firenze.
Al 1474 risale la pala firmata con l'Incoronazione della Vergine tra i ss. Giovanni Battista, Francesco, Maddalena e Pietro e angeli musicanti (Digione, Musée des beaux-arts) proveniente, come la tavola del Museo di S. Matteo, da S. Croce in Fossabanda.
L'opera presenta figure dai lineamenti molto marcati e quasi caricaturali, assai distanti dallo stile di Lippi e assimilabili a quelli della Madonna col Bambino e i ss. Giovanni Battista, Girolamo, Antonio Abate, Maddalena e un donatore, già in collezione Livijn e ora di ubicazione ignota (Berenson, 1932 [1969], p. 324, fig. 180), attribuita al M. proprio per la stringente somiglianza con il dipinto di Digione.
Verosimilmente vicina all'Incoronazione dal punto di vista cronologico è anche una Madonna in trono col Bambino (Avignone, Musée du Petit-Palais), già inserita nel corpus del M. da Berenson (1963, I, p. 124). Lo stesso studioso (1963, II) ascriveva al pittore - ancora senza produrre argomenti - tre scomparti di predella con Storie di s. Girolamo (S. Girolamo toglie la spina al leone, Esequie di s. Girolamo, Apparizione di s. Girolamo a s. Agostino) conservati in collezione privata, cui è stata collegata da Terzaghi, per la chiara uniformità stilistica e tematica, un'altra tavoletta, anch'essa in raccolta privata, rappresentante S. Girolamo perdona i ladri per il furto dell'asino; l'intera predella, forse completata da una Morte di s. Agostino (Padoa Rizzo, pp. 321, 323 s. n. 9) è stata posta dalla stessa Terzaghi (p. 90) in suggestiva relazione con la pala ex Livijn. Inoltre, pur senza ritenerla necessariamente decisiva per l'attribuzione al M., si può osservare la ricorrenza di un'analoga soluzione figurativa per la rappresentazione del terreno in primo piano nella tavoletta con S. Girolamo che toglie la spina al leone, nella pala di Boston e nella predella di Amsterdam.
Tra il 28 settembre e il 7 nov. 1476 sono ricordati nei Registri di spesa del duomo di Pisa alcuni pagamenti al M. per un dipinto che doveva essere collocato nel transetto dell'Annunciata. Tuttavia non è chiaro se l'opera, raffigurante "delli animali", fosse stata portata a termine (Bacci, p. 127).
Un documento catastale del 1480 riporta la dichiarazione del figlio Piero che, nel rifiutare l'eredità lasciatagli dal genitore, attestava la morte del M., avvenuta il 7 marzo dell'anno precedente. Non trovandosi nei Libri dei morti fiorentini notizie relative alla scomparsa del M., è verosimile che egli fosse morto lontano dalla sua città, probabilmente a Pisa, dove aveva lavorato negli ultimi anni.
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