ZECCA
Il termine z. in italiano indica specificamente il luogo di produzione della moneta e l'istituzione che ne governa l'attività e l'organizzazione. Per esteso tuttavia, specialmente nella tradizione numismatica, indica anche il prodotto, tanto che molti degli studi dedicati a una z. raramente danno notizie dell'edificio, dedicandosi principalmente alle monete prodotte da quella zecca.Le notizie sugli edifici che ospitarono le z. del passato, e le loro tracce materiali, sono spesso frammentarie ma non rare: una ricerca più attenta darebbe risultati nuovi, utili per una migliore comprensione della produzione della moneta dal punto di vista tecnico e istituzionale, anche perché la stessa ubicazione di una z. - in una torre comunale o in una casa privata - è di per sé un documento sull'organizzazione statale.Z. deriva dall'arabo sikka, strumento usato per coniare (v.Conio), e per estensione il prodotto dell'operazione (Toll, 1970-1971, p. 128; Bosworth, Darley-Doran, 1997); l'edificio e l'istituzione della z. in arabo sono definiti dal termine dāralḍarb (İnalcik, 1965). Già Muratori (Antiq., II, 1739; "moneta, officina, ubi nummi cuduntur") ne riconobbe l'origine araba ("at nos a Persarum aut Arabum lingua didicisse videmur"). La forma sicla, che si trova per prima in documenti del regno di Sicilia del sec. 13°, è stata fatta derivare da siclus-siglo ('moneta presso gli ebrei'; Du Cange, 1938) o da altri termini (Degli Abati Olivieri Giordani, 1783, p. 264, n. 253): la relazione lessicale sikka-sicla deve tuttavia essere studiata considerando tutta la documentazione italiana. Sembra comunque che il termine z. sia derivato alla lingua italiana dalle z. arabonormanne di Sicilia, e passato, con la mediazione sveva e angioina, all'Italia centrosettentrionale nel corso dei secc. 13° e 14°, sostituendo gradualmente il termine moneta. In Toscana, nei secc. 13°-14°, oltre a moneta e a zeccha, è documentato il termine bulgano in un'isola linguistica tra Siena, Arezzo e Volterra (Travaini, 1988, pp. 42-43).Le z. antiche e medievali potevano essere grandi stabilimenti operanti con una precisa divisione del lavoro, oppure piccoli impianti, che per attrezzature e tecnologia non si differenziavano molto dalle tante officine di falsari privati clandestini, allestite in grotte o cucine: occorrevano una fornace, del metallo, e capacità di produrre conî. La tecnologia necessaria era simile a quella di fabbri e orefici.Le più antiche z. note ebbero sede nell'ambito di santuari: la prima z. di Roma si trovava sul Campidoglio, presso il tempio di Giunone ammonitrice (Iuno moneta) e integrata poi nel complesso monumentale del Tabularium, con un collegamento con la sede dell'Aerarium nel tempio di Saturno, dove si conservavano i metalli preziosi e la moneta coniata. Fu probabilmente in coincidenza della distruzione di questa sede nell'incendio dell'80 d.C. che la nuova z. imperiale fu edificata, sotto Domiziano, nell'area dell'od. basilica di S. Clemente presso il Colosseo: era questa un'imponente costruzione rettangolare delimitata da muri esterni in opera quadrata, con pavimenti battuti in cementizio, organizzata in ambienti aperti su un cortile interno; il complesso subì una ricostruzione radicale nella seconda metà del sec. 3°, e già nel 4° vi aveva sede un luogo di culto cristiano (Coarelli, 1991-1994; Burnett, in corso di stampa). Non si hanno notizie del sito della z. di Roma fino alla fine del Trecento, quando la si trova ubicata presso il Campidoglio e l'arco di Settimio Severo, nell'area quindi della z. repubblicana (Martinori, 1917, p. 44).La dislocazione della z. riflette spesso la qualità dell'organizzazione statale. Vitruvio (De architectura, V, 2, 1), anche se non menziona esplicitamente la moneta, pone accanto al foro aerarium, carcer, curia. L'erario, come massimo ufficio finanziario, era generalmente legato alla zecca.Se non tutte le z. rispondono a questo schema, molte, e certamente le più importanti, vi si adeguarono nel tempo: a Siena, Firenze, Pisa e Venezia fu così fin dalle origini della zecca. In altri casi, tuttavia, lo Stato non esercitò un controllo forte sull'ubicazione della z. fino a tempi relativamente recenti, quando l'uso di macchinari determinò la necessità di impianti fissi, non più trasportabili nelle varie sedi private. Elementi comuni a molte z. erano un cortile interno, necessario per smaltire fumi e vapori venefici delle varie operazioni metallurgiche, e la vicinanza di fonti d'acqua, come fiumi o fossati.Le z. imperiali romane più importanti operavano con un sistema di officinae, la cui numerazione era in alcuni casi indicata sulle monete a scopi di controllo e contabilità. Questo sistema è documentato nelle fonti medievali - ma non sulle monete - per le grandi zecche. Si può immaginare una struttura simile a quella di botteghe parallele, che spesso erano situate in locali vicini, aperti su un cortile. Così pare fosse l'antica z. dell'agorá di Atene (Thompson, Wycherley, 1972, pp. 78-79), e così la z. imperiale di Roma. ln un cortile o portico era situata la moneta auri a Ravenna nel 5° secolo. Sotto le arcate del portico quindi si trovavano le varie officine e gli operai venivano controllati individualmente, rendendo difficile un interscambio tra di loro.Le grandi z. imperiali romane e medievali erano organizzate con una precisa divisione del lavoro e specializzazione della manodopera (fusori, tagliatori, incisori, saggiatori, carbonai, malleatori o coniatori, e poi notai, scrivani, controllori, conservatori dei conî), e rappresentano un capitolo importante nella storia del lavoro, anche se ancora poco studiato (Travaini, 1988, pp. 45-52). Tra il sec. 13° e il 15° alcune delle principali z. europee erano gestite da imprenditori italiani, banchieri o mercanti, che portavano con sé altra manodopera specializzata, segno dell'esperienza raggiunta in Italia in questo settore, oltre che della disponibilità di capitale, necessario per l'appalto (Spufford, 1988a, pp. 194, 282ss.).Le z. più importanti vennero separate amministrativamente secondo la produzione (z. per l'oro, z. per l'argento), pur restando nello stesso edificio; così a Brindisi, Firenze, Venezia. Nel regno di Sicilia in età sveva, fino al 1229, la z. per l'oro era a Messina, mentre i denari di mistura erano prodotti a Messina per la distribuzione in Sicilia e Calabria e a Brindisi per le restanti province dell'Italia meridionale. Federico II di Svevia, nel 1229, decise di creare una z. per l'oro anche a Brindisi, affiancandola alla z. che produceva denari. Questa si trovava in una parte della domus che era appartenuta all'ammiraglio Margaritus; la parte restante della domus, che era stata donata nel 1215 all'Ordine teutonico, fu ripresa da Federico II di Svevia per ampliare l'impianto della z., che nel 1231 produsse i famosi augustali d'oro (Travaini, 1994, p. 156).Per talune z. del sec. 5° alcuni studiosi hanno proposto l'esistenza di sedi separate, l'una, nel palazzo imperiale, per la produzione di moneta aurea sotto il diretto controllo dell'imperatore, e l'altra, la moneta publica, per le monete di bronzo. Così fu forse a Costantinopoli, dove la moneta publica nel sec. 5° si trovava nei pressi della porta d'Oro, mentre la z. per l'oro era nel Grande Palazzo, all'estremità orientale della città (Kent, 1994, pp. 38-39). Nel palazzo la z. risultava ancora nel 1185 e nel 1201, saccheggiata durante rivolte (Grierson, Mays, 1992, p. 61; Morrison, in corso di stampa). L'ipotesi di tale separazione, tuttavia, non sempre è accettabile (per Ravenna: Panvini Rosati, 1978, pp. 306-307; Gorini, 1992, p. 210; per Salonicco e Roma: Grierson, Mays, 1992, pp. 65, 68; Kent, 1994, pp. 31-37). Nel sec. 13° la moneta auri di Ravenna era ancora un riferimento urbano (Fantuzzi, 1901-1904, VI, pp. 244-245, 248).Le principali z. italiane dell'Alto Medioevo risultano ubicate nella zona del foro romano, luogo del mercato: così a Milano nell'879 si nomina il "foro publico non longe a moneta", e a Verona nel 1104 il "foro iuxta moneta" (Lopez, 1953, p. 30, n. 55); anche a Pavia la chiesa di S. Cristina alla Moneta era nei pressi dell'antico foro (Brambilla, 1883, p. 384ss.). In contrasto con l'ubicazione centralizzata è la z. di Treviso, che nel 773 risulta fuori delle mura urbane ("terra qui est astar fora ex porta, silicet ad iuxta monita pupliga"; Lopez, 1953, p. 30, n. 55).Lo statuto di Lucca del 1308 ordinava che tutte le monete fossero battute in loco curte reggia, ma forse non vi era una struttura fissa, se nel 1345 e nel 1387 si trova la z. attiva in locali diversi, rispettivamente in contrade San Pietro Cigoli e San Dalmazzo (Lopez, 1953, p. 31, n. 56; Vanni, in corso di stampa).Z. di palazzo che si muovevano seguendo il sovrano (moneta palatina) sono documentate in diversi periodi: così per i sovrani merovingi e carolingi - secondo lo studio di Lafaurie (1976), dove si presentano anche le monete battute da s. Eligio monetarius - o per i papi.Anche gli eserciti si muovevano spesso con attrezzature per coniare in campo la moneta per le spese di guerra: monetieri sono documentati con l'esercito di Carlo I d'Angiò in Tunisia nel 1270 (Sambon, 1893, p. 345), ma le monete non sono identificabili. Coniazioni eseguite 'per dispetto' sotto le mura di una città nemica sono note nell'Italia del Trecento (Grierson, 1979; Lenzi, 1997). In questi casi si può immaginare che almeno parte dei conî fossero preparati nella z. principale e inviati in campo. Anche in situazioni normali, nell'età antica come nell'Alto Medioevo, i conî potevano essere prodotti in una z. principale e poi distribuiti a z. periferiche: così sembra fosse avvenuto per alcune serie longobarde, merovinge e carolinge (Grierson, Blackburn, 1986, pp. 61, 99, 197), come pure nel califfato abbaside.Questa era una pratica normale nella produzione della moneta anglosassone e anglonormanna: i monetieri nelle diverse città producevano la moneta nelle proprie case con conî ricevuti da Londra (Mayhew, 1992, p. 106; Stewartby, 1992, p. 78; Metcalf, in corso di stampa). A Londra la z. è documentata con certezza nella Torre, dal tempo di Edoardo I nel 1279, mentre prima aveva sede, con il cambio, in case prese in affitto nel quartiere degli orefici presso la cattedrale di St Paul (Mayhew, 1992, p. 111; Cook, in corso di stampa). Nel 1450 si fecero lavori alla z. nella Torre, e tra l'altro si rinforzarono con lastre di ferro, catenacci e raccordi i sedili dei monetieri, che erano dei veri e propri banchi di lavoro, e con scomparti per conservare parte degli attrezzi (Mayhew, 1992, pp. 177-178). Banchi di questo genere sono stati individuati negli scavi di una z. in Norvegia nell'ambito del palazzo arcivescovile di Trondheim, di impianto databile tra la fine del sec. 14° e gli inizi del 15°: la parte principale della z. è composta da un locale (m 2128) con un gran focolare su un angolo, il pavimento e tre o quattro banchi di lavoro rettangolari in legno (cm 50150), con un rinforzo centrale per sopportare la battitura (Mösgård, 1994; Risvåg, in corso di stampa). Banchi di questo tipo, con spalliere alle due estremità, sono illustrati in alcune incisioni del sec. 16° (Caspar, 1974, p. 56, n. 11, del 1520). A Canterbury nel sec. 13° gli zecchieri del re operavano in una sede nel quartiere finanziario: gli zecchieri dell'arcivescovo pagavano un affitto alla Corona per lavorare nella stessa sede.A Parigi nel 1296 le due z. dell'oro e dell'argento erano organizzate in edifici eretti dal re Luigi IX; la nuova z. edificata nel 1396 presso il Louvre aveva una cappella e un chiostro, e una grande cucina e case per i monetieri (Spufford, 1988b, p. 9).Una fase più matura delle istituzioni medievali è dunque segnata dall'acquisto di locali pubblici per una z. fissa, o dalla costruzione di edifici a essa destinati propriamente, senza dover ricorrere a locali in affitto. In Italia si hanno molti esempi precoci di tali sistemazioni. Uno dei primi esempi nell'Occidente medievale è quello del Comune di Genova, che nel 1164 acquistò locali presso la cattedrale di S. Lorenzo, dove erano tutti i principali uffici pubblici; nel 1385 la z. si trovava presso il ponte del Pedaggio sive Raiba grani e probabilmente a O del palazzo S. Giorgio. La z. di Parma nel 1260 era in un edificio di proprietà comunale, presso una porta delle mura vicino al fossato: lo statuto impegnava il podestà a non alienare la domum monetae, ma a darla in locazione al migliore offerente nel caso non fosse attiva la produzione (Affò, 1789, pp. 32-33). Anche a Pisa il Comune aveva il controllo dei locali della z., sita presso S. Zeno (Violante, 1954, pp. 130, 157). A Siena la z. aveva sede nel palazzo Comunale, che fu fin dall'inizio costruito, nel 1169, per ospitare tutti gli uffici finanziari del Comune, tanto che esso si poteva chiamare indifferentemente anche z.: bulganum sive palatium comunis (Le Biccherne, 1984, pp. 4-12); nel 1262 vi si fecero costruire una volta e opera di muratura dell'intero impianto per prevenire incendi ("fiat volta in dicto bulgano et dogana, per totum, sicut trahit a plano et venit Campus Fori") e una cisterna; si prevedeva inoltre anche la conservazione dei conî presenti e futuri, quindi di un archivio della z. (Il Constituto, 1897, pp. 126, 157-158).A Venezia la z. ebbe sempre sede nei pressi di Rialto, dapprima in vari locali presso S. Bartolomeo e il Fondaco dei Tedeschi, del sec. 13°; nel sec. 14° si trovava già in alcuni locali nella piazzetta, opposta al Palazzo Ducale, che furono ampliati nel 1319 verso gli attuali giardinetti: qui si svolse gran parte dell'attività di coniazione in oro e argento, mentre la produzione del biglione aveva sede nei pressi della chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo, e parte delle operazioni di raffinamento dei metalli si eseguiva pure altrove, a causa dei fumi nocivi.Nella prospettiva di sviluppo organizzativo delle z. si deve considerare anche l'accentramento di diverse piccole z. in un grande unico complesso a Kutná Hora in Boemia nel 1300 ca., per ottimizzare la coniazione nei pressi delle miniere: un consorzio di imprenditori italiani fu incaricato della riorganizzazione, e ciascuna delle varie z. esistenti fino a quel momento nella regione continuò a operare nel nuovo impianto come unità separata in una delle officine che si aprivano sul cortile, detto 'cortile italiano' (Porteous, 1969, p. 102; Spufford, 1988b, p. 13).A proposito della concentrazione del lavoro di z. in un unico sito è interessante un documento di Strasburgo del 1150 ca., nel quale si dice espressamente che lo scopo è il controllo vicendevole del personale ("Locus autem percutiende monete est iuxta piscatores. In una autem domo percutiendi sunt denarii, ut omnes invicem opera manuum suarum videant"; Jesse, 1924, p. 195, nr. 324).La z. dei Patriarchi di Aquileia ebbe varie sedi, in case private presso il mercato Vecchio, ma anche per un certo periodo dal 1238 a Udine, dove, nel torrione Vecchio, sarebbero state identificate nel 1662 le tracce di una z. (Bernardi, 1975, p. 42). Altre z. troviamo insediate in torri, per una migliore sicurezza: così quella di Lucca in una torre collegata al palazzo Pubblico tramite un ponte; Concioni (1990, p. 147) ha illustrato la tarsia di Ambrogio e Nicolao Pucci (Lucca, Mus. Naz. di Villa Guinigi), raffigurante la detta torre. La torre della Z. a Firenze aveva sede presso il palazzo Pubblico, sul sito della loggia dei Signori, per la cui costruzione fu demolita nel 1374; non si sa esattamente quando il nuovo edificio fosse stato realizzato nei pressi, ma i resti più antichi della z. che fu poi inglobata negli Uffizi sono attribuiti a Michelozzo (Saalman, 1968). La z. dei vescovi di Volterra ebbe sedi diverse; nel 1216 il vescovo impegnava diversi beni per un prestito, ma escludeva "palatium, domos monetae, vineam episcopi de castelli" (castello di Montieri; Lisini, 1909, p. 265); nel 1315 la z. operava nel castello di Berignone, ma vi era anche una z. comunale attiva in Volterra nel 1316 (Lisini, 1909, p. 283).La prima z. papale nel Contado Venassino fu impiantata a Pont-de-Sorgues, sita nella parte antica del castello: nel 1322, in preparazione della prima emissione di fiorini d'oro, si ordinò di consolidare i muri e le serrature della z. in modo che i monetieri non potessero avere accesso alla casa di Berengario, né viceversa (Bompaire, 1983, pp. 143-144). Quando Avignone passò al papato nel 1348, la regina Giovanna I d'Angiò fece trasferire la sua z. a Saint-Rémy, e ad Avignone fu battuta la moneta papale (Martinori, 1907, pp. 241, 255).A Savona nel 1348 si fece fabbricare una casa per la z. (Promis, 1864, p. 20). A Napoli non si coniarono monete dopo la metà del sec. 9°; con la riforma monetaria del 1278, Carlo I d'Angiò vi aprì una nuova z., che installò nelle cucine del castel Capuano: sicurezza e diretto controllo regio ne erano alla base. La z. fu poi esercitata in una casa di proprietà Fieschi, che era appartenuta a Pier delle Vigne, ove restò fino al 1325, quando dovette essere trasferita in alcune case private presso la chiesa di S. Maria la Nova. Solo nel 1333 fu acquisita la casa dei fratelli Somma presso S. Agostino, dove fu definitivamente installata la z. con gli archivi, uffici, correntemente noti con il nome di Sommaria (Sambon, 1912, p. 186; De Seta, 1981, p. 85; Palmieri, 1998).A Bologna l'ubicazione della z. sottolinea il passaggio dei diversi poteri: la prima z. di cui si ha notizia nel 1200 ebbe sede in una casa privata, ma poco dopo già si trovava nel palazzo del Podestà. Sotto la signoria di Taddeo Pepoli e dei Visconti l'officina della z. compare nuovamente in case private. Ebbe poi sede in una cappella di una chiesa, presso il palazzo.Nel 1317-1318 la z. di Treviso aveva sede vicino al duomo, presso la domus dell'appaltatore, il tintore Lanzillotto; danneggiata questa domus in un incendio, il tintore, avendo perduto anche la sua officina di tintoria, il mangano e altri beni, chiese al Comune un risarcimento e nuovi locali; esso mise a disposizione una casa in capite Fontici, che doveva però essere completata: Lanzillotto offrì al Comune un prestito in denaro (343 lire, 3 soldi e 4 denari), nonché pietra e legna per i lavori di costruzione (Perini, 1904, pp. 63-67). In molti altri casi la z. aveva anche locali per l'alloggio del personale.I casi esaminati mostrano un diverso coinvolgimento dello Stato nella gestione e quindi nella sede della zecca. Grosso modo, e con le dovute eccezioni, sembra che dove la gestione era diretta, la z. si trovava in locali pubblici se non direttamente nel castello o nel palazzo comunale; dove la gestione era data in appalto a banchieri o mercanti, la z. aveva sede spesso in case private.Nel caso di piccole z. bastavano locali modesti e attrezzature minime, purché vi fosse la necessaria competenza metallurgica, e allora la differenza tra z. ufficiale e z. privata era solo nella legalità o meno del prodotto. Così molti falsari operavano in z. clandestine 'domestiche' (Müller, 1993), e il medico falsario scoperto nel 1391 a Evian teneva la sua officina in un locale sotto la colombaia: dall'inventario rimastoci sappiamo che l'attrezzatura era composta da una fornace a due mantici, e strumenti di varie forme e misure (Carbonelli, 1906; Travaini, 1986). L'interno di una z. con fornace a due mantici è illustrato nella Spietzer Chronik del 1485 a Berna (Caspar, 1974, fig. 7).
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