ZECCHINO
. Questo nome così celebre non fu in origine che un aggettivo. Il ducato d'oro veneziano nel 1472 venne ufficialmente valutato al prezzo allora corrente di soldi 124 (lire 6 : 4) di piccoli, misura che veniva a stabilire un rapporto costantc tra la lira di piccoli e quella di grossi e per questo divenne la base di ogni transazione pubblica e privata e delle relative scritturazioni. Ma il ducato effettivo d'oro crebbe subito di prezzo e perciò il ducato da 124 soldi divenne moneta ideale, mentre l'aureo fu considerato merce soggetta a fluttuazioni e non più misura di valore. Per i pagamenti da farsi in oro si adottò la formula ducati d'oro in oro. Conseguenza naturale fu la preferenza data ai pezzi freschi di conio che presentavano minore presunzione di calo e di tosatura e finirono per fare aggio sugli altri, tanto che il 1° marzo 1543, un decreto del Senato con la Zonta prescriveva che il ducato d'oro veneziano novo de cecha non si potesse contrattare per più di L. 7 : 12 e il vecchio per più di L. 7 : 10. Ma di lì a poco, 12 gennaio 1544, un nuovo decreto stabiliva che il ducato d'oro veneziano tanto il nuovo di zecca quanto il vecchio si spendesse per L. 7 : 12. Il nuovo appellativo, sanzionato ufficialmente, venne accolto subito con favore perché toglieva di mezzo gli equivoci derivanti dalla parola ducato che rimase a indicare soltanto quello ideale da 124 soldi realizzato più tardi in argento (v. ducato; ducatone; giustina). Italianizzato in zecchino, si estese alle contrattazioni internazionali nelle quali ebbe parte preponderante: per indicare poi quelli freschi di conio vi si aggiunse la parola ruspidi o di padella. Il ducato o zecchino veneziano conservò sempre immutati l'impronta e la bontà, e anche il peso non ebbe se non due sole e insignificanti riduzioni (nel 1282 era tagliato a pezzi 667 per marca, gr. 3,56; nel 1491 a 67 e ½, gr. 3,352; nel 1570 a 68 e ½, gr. 3,494). A questa non comune stabilità si deve il credito immenso goduto dappertutto, specialmente nei paesi orientali dove era riputata la migliore delle monete d'oro e serviva non solo alla circolazione e all'ornamentazione ma costituiva la ricchezza delle famiglie e dei sovrani formando una riserva aurea che non sembra ancora totalmente esaurita. Per questo si ebbero imitazioni pressoché innumerevoli e molti stati diedero il nome di zecchino a nuove specie auree, se non in tutto conformi a quello veneziano, di bontà maggiore degli scudi d'oro e delle doppie. In Italia, oltre che l'impero austriaco per il Lombardo-Veneto, ne fecero il regno di Sardegna con la SS. Annunziata, la repubblica di Genova con S. Giorgio, Lucca col Santo Volto e S. Martino, la Toscana col fiorino rinnovato dai granduchi detto zeccnino gigliato e con un pezzo di tipo veneziano per il Levante detto zanobino dalla figura di S. Zanobi al posto di S. Marco, i papi a Roma e a Bologna, l'Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme a Rodi e a Malta e quasi tutti i piccoli principati anche per sola ostentazione. Oltre allo zecchino semplice si ebbero i multipli fino a quello massimo di cento zecchini e le frazioni del mezzo e del quarto. In un certo momento, quando si volevano monete equivalenti nei due metalli, la repubblica di Venezia coniò lo zecchino d'argento del valore di lire dieci con relativi spezzati del mezzo, del quarto e dell'ottavo, ma ebbe poca durata perché lo zecchino d'oro abbandonò presto tale parità e andò crescendo fino a lire 22.
Bibl.: Corpus Nummorum Italicorum, I (Savoia), tav. xxix, 2, 4; III (Genova), tav. xvii, 2, 5-6, 8-9; V (Milano, impero d'Austria), tav. xxvi, 4, 7, 14-15, 17; xxvii, 6-7; xxviii, 2; xxxi, 14-15; xxxii, 12; VII (Venezia, passim a ogni doge da Giovanni Dandolo a Marino Grimani); VIII (Venezia, a ogni doge da Leonardo Donà a Lodovico Manin), impero d'Austria, tav. xlii, 8-9; xliii, 17; xliv, 3, 10; xlv, 5, 21; X (Bologna, papi), tav. xvii, 1, 4, 7-8, 13; xviii, 5; xix, 6-8; xx, 10; xxi, 9-14, 21; XI (Lucca), tav. vii, 19-33; viii, 1-3; ix, 1; XII (Firenze), tav. xxiii, 2-3, 13; xxiv, 5, 17; xxv, 1, 17; xxvi, 6; xxvii, 8, 12, 14-15; xxxi, 20; xxxii, 2; E. Martinori, La moneta, ecc., Roma 1915, s. v. e tavv. CXLIII-CXLIV; N. Papadopoli Aldobrandini, Le monete di Venezia descritte ed illustrate, Venezia 1893-1919, 3 parti in 4 volumi, passim.