FAINA, Zeffirino
Nacque il 9 febbr. 1826 a San Venanzo (Terni) da Venanzio e da Angelica Paolozzi. Il padre era un ricco proprietario terriero che venne ascritto nel 1842 al ceto nobile di Amelia e divenne nobile dei conti di Civitella con breve pontificio del 1858; il fratello Claudio fu insignito nel 1852 da Pio IX del titolo di conte di Civitella de' Conti, e lo stesso F. ottenne il titolo ereditario di conte da Vittorio Emanuele III con r.d. motu proprio 9 giugno e rr.ll.pp. 11 dic. 1904.
Nel 1833 il F. entrò come convittore nel collegio Pio della Sapienza di Perugia, dove rimase i dieci anni successivi. Uscito dal collegio, si iscrisse all'università e dopo tre anni conseguì la laurea in filosofia e matematica.
Allo scoppio della prima guerra d'indipendenza si unì al corpo di spedizione pontificio, giunto a Foligno nell'aprile 1848 agli ordini dei generale A. Ferrari, e fu assegnato al 20 reggimento volontari con il grado di tenente. Il 14 aprile fu nominato capitano "d'abbigliamento", mentre la divisione Ferrari era in marcia verso Bologna. Da qui un distaccamento di cui faceva parte il 2° reggimento volontari raggiunse Treviso, quindi Venezia, dove partecipò alla difesa della città.
Nel gennaio 1849, dopo la cancellazione dai ruoli degli ufficiali civici e volontari mobilitati che non erano passati nelle truppe regolari dello Stato, il F. tornò a Perugia. Qui, dopo pochi mesi, sposò Francesca Baldini, il cui padre Luigi, morto l'anno precedente, si era trasferito anni prima da Firenze nella città umbra, dove aveva fondato una ditta per il commercio dei bozzoli di bachi da seta; proprietario di case e negozi, egli era stato uno degli azionisti fondatori della Cassa di risparmio di Perugia, che aveva cominciato la sua attività nel 1844. Dopo la nascita della figlia Elvira, il F. perse presto la giovane moglie, la quale morì il 15 giugno 1850, lasciando il marito usufruttuario di gran parte dei beni di famiglia, comprendenti il Banco Baldini, con l'impegno di continuare a usare il nome del padre (per tale motivo il F. è spesso ricordato con il doppio cognome Faina-Baldini). Negli anni seguenti egli si occupò anche della direzione della filanda da lui installata nel 1853 nell'ex convento di S. Francesco delle Donne.
A tale industria dedicò particolare cura, adottando l'uso di macchine a vapore, una novità nella zona di Perugia, e realizzando l'ampliamento della filanda dopo pochi anni dalla sua apertura, con l'aumento del numero delle operaie impiegate da 60 a 200. Il F. ottenne nei decenni successivi numerosi riconoscimenti per la qualità della seta prodotta, ricevendo medaglie e diplomi in varie+ esposizioni italiane e straniere e il titolo di vicepresidente onorario della Società universale per l'incoraggiamento delle arti e dell'industria (fondata a Londra nel 1851).
Il F., nel frattempo, aveva iniziato a frequentare i ritrovi di quanti condividevano gli ideali patriottici, in particolare il salotto della principessa Maria Bonaparte Valentini, figlia di Luciano Bonaparte, giunta a Perugia nel 1858. Divenne così uno dei principali esponenti dell'ala più dinamica del movimento liberale perugino e, avendo stretti rapporti con rappresentanti politici di Torino e di Firenze, insieme con Nicola Danzetta propugnò fortemente e riuscì a ottenere l'ingresso del comitato perugino nella Società nazionale (Ugolini, p. 6).
Scoppiata la seconda guerra d'indipendenza, il 12 giugno 1859 Bologna insorse contro il governo pontificio, proclamando la volontà di annessione al Regno di Sardegna.
A Perugia tale notizia accese grandi entusiasmi e il F. fu tra coloro che, fidando nell'aiuto militare promesso da Firenze in caso di insurrezione, spinsero per un'azione immediata. La mattina del 14 giugno il F., Francesco Guardabassi, Nicola Danzetta, Carlo Bruschi e Tiberio Berardi si presentarono al delegato apostolico mons. Luigi Giordani, per dichiarare la volontà del popolo di partecipare alla guerra d'indipendenza e di offrire la dittatura al re di Sardegna. Il delegato allora si dimise dal suo ufficio e nel pomeriggio lasciò la città insieme con le truppe di linea; immediatamente fu costituito un governo provvisorio, di cui fecero parte coloro che si erano presentati a mons. Giordani come deputazione del popolo perugino, tranne Carlo Bruschi a cui fu affidato il comando di piazza. La nuova giunta indirizzò un proclama ai cittadini di Perugia con cui annunciava di essersi costituita e di aver offerto la dittatura a Vittorio Emanuele. Ma il 20 giugno le truppe papali, costituite da 2.000 Svizzeri comandati dal colonnello Antonio Schmid, giunsero alle porte della città e dopo poco più di tre ore di combattimento la costrinsero alla resa, dandosi poi a un brutale saccheggio "stragi di Perugia"). I membri del governo provvisorio, vista spezzata la resistenza dei difensori, abbandonarono la città, rifugiandosi in Toscana; pochi giorni dopo il F., che aveva portato con sé i documenti del governo provvisorio, giunse a Firenze. Il governo militare pontificio ordinò l'arresto e la confisca dei beni dei principali partecipanti all'insurrezione, tra cui il F., e non essendosi questi costituiti nei termini prescritti li condannò alla morte di esemplarità. Per alcuni difetti di forma fu annullata la sentenza e istruito un nuovo processo con il quale si attenuarono le pene di alcuni imputati, mentre al F. fu confermata la condanna a morte.
A Firenze egli mantenne contatti con gli altri esuli e con gli esponenti del movimento unitario, occupandosi dei sussidi destinati alle vittime di Perugia da un comitato appositamente costituito sotto l'amministrazione del marchese L. Niccolini. Per render noto ciò che era avvenuto dal 14 al 20 giugno, firmò e fece stampare, insieme con gli altri ex componenti del governo provvisorio, La insurrezione di Perugia. Relazione della Giunta di governo provvisorio con documenti (Firenze 1859). Fece inoltreparte della giunta superiore delle Marche e dell'Umbria, nata a luglio per favorire un'azione comune dei liberali umbri e marchigiani, e del Comitato d'emigrazione, trasformatosi poi in Commissione direttiva per le provincie romane soggette, costituita a Firenze il 31 dic. 1859, che aveva lo scopo di coordinare l'azione dei vari comitati sorti nell'Italia centrale in vista della progettata invasione dell'esercito piemontese.
Nel settembre 1860 fu tra i rappresentanti dell'Umbria nella deputazione inviata a Torino per invocare l'aiuto del re. Il 14 le truppe piemontesi comandate dal generale M. Fanti entrarono in Perugia; il F. poté tornare nella sua città e fu nominato tenente colonnello comandante in seconda della guardia nazionale, carica da cui si dimise a dicembre. Fu consigliere del commissario regio per l'Umbria marchese G. N. Pepoli, che lo incaricò di occuparsi dei problemi riguardanti l'industria, l'agricoltura e la pubblica beneficenza nelle speciali commissioni costituite per lo studio delle riforme necessarie alla regione. Nonostante il mazziniano L. Pianciani, nel 1861, sperasse di attirarlo nello schieramento democratico, il F. fu sempre fedele all'ideologia moderata della Destra, pur dichiarandosi pronto a favorire il cammino delle riforme.
Affiliato alla massoneria dal 1854 circa, dopo la liberazione di Perugia aderì alla loggia governativa denominata "Fede e lavoro" costituita da Tiberio Ansidei, di tendenza moderata. In seguito, dopo essersi associato alla nuova loggia "Francesco Guardabassi", nata nel 1881 dalla fusione delle logge "Fede e lavoro" e "Fermezza", egli partecipò sempre meno alla attività di questa, finché negli anni '90 il suo nome non comparve più negli elenchi massonici perugini.
Il 4 apr. 1861 il F. si unì in matrimonio con Luciana Valentini, figlia della principessa Maria Bonaparte, da cui ebbe quattro figli. Egli riprese quindi le attività interrotte nel periodo dell'esilio, e in particolare tornò a occuparsi della ditta commerciale Baldini, intensificando il settore del commercio dei bozzoli. Continuò a interessarsi della direzione del Banco Baldini e, negli anni immediatamente successivi all'Unità d'Italia, che videro la crisi di numerosi istituti di credito, divenne tesoriere della Cassa di risparmio di Perugia, di cui fu presidente dal 1872 (la Cassa di risparmio si fuse nel 1889 con la Banca perugina di sconto, assumendo il nome di Banca di Perugia, che nel 1904 fu assorbita dalla Banca commerciale italiana, della cui amministrazione centrale il F. fece poi parte).
La notevole disponibilità di capitali gli consentiva un'intensa opera di valorizzazione dei poderi ereditati dal padre e successivamente ampliati con altri acquisti; si dedicò soprattutto ai vigneti della tenuta di Collelungo, coltivati secondo metodi razionali e spesso innovatori, la cui produzione abbondante e di qualità fu apprezzata nel corso degli anni in numerose esposizioni e concorsi.
La sua fama di agronomo gli valse la nomina a presidente di varie commissioni giudicatrici di concorsi e socio di circoli agrari. Fu inoltre promotore e poi consigliere del Circolo enofilo italiano di Roma, e fu designato a presiedere la commissione istituita nel 1889 dal ministero delle Finanze per "coadiuvare l'Amministrazione ... nel lavoro di coordinamento del testo unico di legge e nella preparazione del nuovo regolamento per l'attuazione della legge sui tributi degli spiriti" (Gazzetta ufficiale, 13 luglio 1889, n. 166, p. 2319). Nel 1893 fu nominato ispettore ampelografico.
Il F. ricoprì inoltre numerose cariche nell'amministrazione locale. Dopo il plebiscito di annessione alRegno d'Italia divenne consigliere, poi vicepresidente e, nel 1891, presidente nel nuovo Consiglio provinciale, alle cui discussioni partecipò soprattutto in materia di bilanci, economia e finanze. Dal 1864 fusupplente della Deputazione provinciale, quindi deputato ordinario dal 1867. I problemi di cui si interessò più attivamente furono l'istituzione e il regolamento della Cassa delle pensioni per gli impiegati dell'amministrazione provinciale e la costruzione e manutenzione di strade, ponti e ferrovie. Fu inoltre consigliere comunale di Perugia per diversi anni e consigliere comunale, poi sindaco e assessore di Marsciano. Nel 1873 fu eletto deputato alla Camera, prima per il secondo collegio elettorale di Perugia, poi per il primo, ricoprendo tale carica per cinque legislature, dalla XI alla XV, e il 7 giugno 1886 fu nominato senatore.
Nella società perugina il F. mantenne una posizione di rilievo anche nell'ambito sociale, promuovendo e partecipando a opere di beneficenza, e in quello culturale, sostenendo l'istituzione di una Società filarmonica e ospitando nella sua casa uno dei salotti letterari della città. Fu membro d'onore dell'Accademia di belle arti e ricevette molte onorificenze ufficiali (fu nominato cavaliere dei Ss. Maurizio e Lazzaro, e poi ufficiale e commendatore dello stesso Ordine, ufficiale, quindi commendatore della Corona d'Italia, e infine cavaliere di gran croce).
Morì a Perugia il 17 giugno 1917
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