FATTIBONI, Zellide
Nacque a Cesena il 10 dic. 1811, primogenita di Vincenzo e di Anna Armandi.
Il nome inconsueto le fu imposto dal padre per evocare Zello, un villaggio dell'Imolese del quale, nel suo peregrinare in qualità di geometra censuario, aveva evidentemente conservato un buon ricordo. È anche probabile che l'avversione al governo clericale e la frequentazione delle logge massoniche lo spingessero a ricercare nomi estranei alla tradizione cattolica, visto che le altre tre figlie furono chiamate Clato, Elettra e Demarista.
Fin dall'infanzia fu avvolta dallo spirito esaltante ed esaltato di amor patrio che si respirava in una famiglia i cui membri furono di volta in volta soldati di Napoleone e di Murat, cospiratori e partecipi di tutte le insurrezioni contro il potere pontificio esercitato direttamente o attraverso le guarnigioni straniere, e di conseguenza perseguitati, detenuti, esiliati. Il padre, accusato di complicità in un moto carbonaro più immaginato che tentato (quello di Macerata del 1817), fu imprigionato quando la F. aveva sette anni e scontò un decennio di carcere a Civita Castellana. Così la famiglia visse (tra crescenti difficoltà economiche) e la F. crebbe alimentandosi del culto e della nostalgia del martire lontano, della lettura e, si può dire, quotidiana meditazione delle lettere che egli poteva non di frequente far pervenire, dell'attesa relativa a provvedimenti di clemenza che non venivano mai. E questo clima dolente si riprodusse più tardi quando egli, dopo i moti del 1831, fu profugo a Corfù, e finì per diventare una costante dell'ambiente domestico, percorso da tutte le illusioni e percosso da tutte le frustrazioni che si alternarono per quasi un cinquantennio.
Dalla mente e dall'anima della F. fu così rimosso ogni confine, cancellata ogni distinzione fra le circostanze della vita familiare e le vicende della storia d'Italia e, in particolare, dello Stato papale: tanto più che, unica delle quattro sorelle, non si maritò e assistette amorosamente fino all'ultimo i genitori per sentirsi poi vocata a coltivare la venerazione per i loro nobili' atti e i loro alti ideali. I quali ella finì con l'anteporre ai propri stessi principi religiosi, fino a rinunciare ripetutamente ai sacramenti piuttosto che dichiararsi pentita di avere votato al plebiscito per l'annessione alla monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele.
La F., fra opere di assistenza e corrispondenza con vecchi amici del padre, visse pressoché ignorata anche dalla maggioranza dei concittadini fino a quando, nel 1885, uscì a Cesena, per i tipi di Giuseppe Vignuzzi, il primo volume delle sue Memorie storico-biografiche al padre suo dedicate, nel quale si rivelò, producendo profonda impressione - come scrisse N. Trovanelli in occasione della sua morte nel collettivo numero unico -, "la calda ispirazione dell'autrice, a dispetto di qualunque mancanza di letterarie pretese, anzi appunto perciò". La F. si risolse a pubblicare queste memorie, che comparvero entro il 1888 in tre volumi (1793-1832, 1833-1855, 1856-1875) per complessive 970 pagine, proprio concependole come un monumento funebre eretto in onore dei genitori e, in essi, di tutta la loro generazione cui si riconosceva il merito di "avere fatto l'Italia".
Fu infatti con simili argomenti che il conte Saladini la persuase a devolvere alle spese di stampa la somma che la vecchia signora era riuscita a risparmiare "per provvedere - dice ella stessa - una corona di bronzo da depositare sulla tomba di quei dilettissimi". È la vita quotidiana di una famiglia borghese di Romagna intrecciata con le vicende storiche alle quali i suoi membri hanno partecipato direttamente o di riflesso, narrata senza fronzoli, con schiettezza appena velata da qualche nebbia romantica. È un libro, corredato di lettere, proclami e documenti, che vuole scongiurare l'oblio di tante lotte e tanti sacrifici sostenuti personalmente o comunque nell'ambito familiare, ma che finisce per illustrare tutta una regione, tutto un periodo storico. È significativo che G. Carducci abbia inserito nel primo volume della sua celebre antologia Letture del Risorgimento italiano (Bologna 1896) alcune pagine della F. (e precisamente quelle relative all'impresa di Gioacchino Murat con il celebre proclama di Rimini del 1815), unica donna - oltre a Giuseppina Benso di Cavour, presente con una testimonianza sui giorni di agonia del grande zio - che compare fra i più bei nomi delle lettere e della storiografia italiane, da V. Alfieri a U. Foscolo, da G. Parini a N. Tommaseo, da A. Genovesi a C. Botta.
È lecito pensare che la F. sarebbe stata molto lusingata da questo implicito riconoscimento: infatti non era forse immune da "letterarie pretese", come invece scriveva il Trovanelli che, evidentemente, nel 1891 non aveva ancora preso visione dei manoscritti da lei lasciati e successivamente da lui stesso depositati nella Civica Biblioteca Malatestiana. Questa attività letteraria della F. consiste in un lungo racconto, datato 185 6 e intitolato La fanciulla del popolo, e in ben otto commedie (Il duello, L'avaro, Un matrimonio ai bagni, Edvige, Il principe di Armenia, Elisa, Un assassinio morale, Una lezione), qualcuna delle quali presente in più d'una copia "per avere, evidentemente, figurato - come sospetta A. Angeli, pronipote della F. - in qualche concorso letterario di cui l'abitudine stava incominciando nella penisola". Si tratta di una produzione dove le tenui nebbie romantiche cui si è fatto cenno a proposito delle Memorie diventano pesanti romanticherie: respiro affaticato e affaticante, intrecci lagrimosi, situazioni risapute, circostanze macchinose, fine lieto o quanto meno edificante. Gli autori a cui la mente subito corre sono A. Dumas padre o addirittura E. Scribe.
Morì a Cesena il 7 genn. 1891.
Fonti e Bibl.: Per Z. F. Ricordo dei funebri avvenuti il 9 genn. 1891, Cesena 1891; R. Belluzzi, Z. F., Cesena 1891; A. Angeli, Z. F. patriota e scrittrice (1811-1891), in La Piè, XXXIX (1966), pp. 279-282.