ZENODOROS (Zenodoros)
Bronzista e toreuta greco, forse di origine asiatica, vissuto nel I sec. d. C., autore della statua colossale di Mercurio nella Gallia e di quella di Nerone a Roma.
È considerato da Plinio uno dei maggiori artisti del proprio tempo e degno della tradizione antica: (Nat. hist., xxxiv, 46); giudizio confermato dall'ispirazione a modelli del IV sec. a. C. nella produzione toreutica e dalla ricostruzione delle opere maggiori, che rivelano un originale interprete del filone classicheggiante dell'ultimo ellenismo. Al servizio del governatore della Gallia, Dubio Avito, eseguì la copia di due preziose tazze d'argento cesellate da Kalamis 2° che Germanico Cesare aveva donato a uno zio di Dubio (Plin., Nat. hist., xxxiv, 47). Negli stessi anni, attorno alla metà del I sec., gli veniva commissionata la statua di culto della divinità nazionale degli Arverni, da tempo assimilata al Mercurio italico (Caes., De bello Gall., vi, 17, 1), ma forse anche allusiva al numen Augusti, la cui identificazione con Mercurio era frequente (v. mercurio); ciò spiega l'intervento delle autorità della Provincia nell'opera che sarebbe costata dieci anni di lavoro e una spesa di quaranta milioni di sesterzi (Ferri) piuttosto che 400.000 (Müller), letture entrambe autorizzate dai codici di Plinio (Nat. hist., xxxiv, 45). L'opera era collocata nel santuario montano identificato sulla cima del Puy-de-Dôme, a m 1.400, nell'Arvernia. L'eccezionale impresa valse allo scultore la commissione a Roma della statua di Nerone, che fu eretta nel vestibolo della Domus Aurea, gli ultimi anni del principato. Plinio poté vedere nell'officina di Z. il bellissimo modello di argilla e l'impianto del colosso alto 119 piedi e mezzo, quasi quaranta metri: mirabamur in officina non modo ex argilla similitudinem insignem, verum et de parvulis admodum surculis quod primum operis instauratifuit (Nat. hist., xxxiv, 46), dove è incerto se si tratti del castello di legno che reggeva all'interno la statua (surculus, ramo) o piuttosto della sottile ramificazione di tubature per lo sfiatamento durante la fusione.
Da tempo il Mercurius Arvernus è stato ricostruito come una figura seduta coperta parzialmente dal mantello, con nella destra il sacchetto del denaro e nella sinistra il caduceo, sulla scorta di numerose repliche provenienti dalla Gallia (Reinach, Sieveking); ma solo recentemente l'analisi esaustiva del tipo, condotta partendo dal bronzetto di Vienna (Beschi) ha permesso una soddisfacente ricostruzione dell'opera di Z., distinguendone le repliche da quelle dell'Hermes seduto di Corinto (Paus., ii, 3, 4). Di poco posteriore a questo, il Mercurio rappresenta una delle ultime versioni della figura di divinità seduta lisippea, arricchita di motivi tardo-ellenistici nella leziosa disposizione della clamide e nell'instabile equilibrio del busto, e di elementi iconografici romani nel marsupium col denaro e forse in alcune delle figure di animali che popolavano la roccia del piedistallo. (Il bronzetto proviene dal territorio veronese).
Quanto alla statua di Nerone, nonostante la celebrità del monumento, la ricostruzione è più difficile: una copia della testa viene considerato il ritratto del Louvre (v. nerone), ma è incerto se fin dall'inizio avesse la corona radiata o se questa fu aggiunta nella consacrazione al Sole sotto Vespasiano. L'immagine radiata dei dupondi neroniani fa credere tuttavia che Nerone Helios fosse il tema originario, ispirato al colosso di Chares a Rodi. Anche qui, dunque, una probabile impostazione lisippea per la figura stante, debolmente documentata da una moneta di Gordiano III (238-244); in questo tempo la figura era stata però alterata dalla trasformazione in Eracle con i tratti di Commodo e da una successiva restituzione al culto di Helios: infine era stato collocato nella mano destra un timone, ben visibile nella moneta. Si è supposto che originariamente la statua fosse posta su una quadriga che, alla rimozione del monumento dalla Velia per la costruzione del tempio di Venere e Roma, sarebbe stata impiegata come coronamento del Mausoleo di Adriano (Préchac); ma le fonti parlano solo dell'abile trasferimento del colosso in piedi presso l'Anfiteatro Flavio (v. decrianus). Le misure della base in laterizio, costruita in questa occasione, un quadrato di m 7,50, confermano l'imponenza del monumento, che era considerato insieme al Mercurio la più grande statua di bronzo che mai fosse stata innalzata (v. roma). Le osservazioni conclusive di Plinio a proposito di Z., che questi avrebbe abbandonato l'autentica tecnica del bronzo, adoperando anche oro e argento forniti in abbondanza da Nerone, fa pensare che egli in realtà abbia praticato un'accorta mescolanza di metalli nella fusione di alcune parti, per ottenere, come già Silanion, determinati effetti cromatici.
Monumenti considerati. - Repliche del Mercurio provenienti dalla Gallia: H. de Villefosse, in Revue Arch., 1883, p. 307; E. Espérandieu, Recueil géneral des bas-reliefs, statues et bustes de la Gaule Romaine, Parigi 1925, IX, n. 6610; J. Sieveking, in Münchner Jahrbuch d. bild. Kunst, n. s., I, 1924, p. 3 ss.; F. Staehelin, Die Schweiz in röm. Zeit, Basilea 1931, p. 422, fig. 33; C. Simonetti, in Arch. Anz., LIV, 1939, c. 481 ss., fig. 7; G. Faider-Feytmans, Recueils des bronzes de Bavai, in Gallia, Suppl. VIII, Parigi 1937, n. 16, tav. 22; E. Espérandieu-H. Rolland, Bronzes antiques de la Seme Maritime, in Gallia, Suppl. XIII, 1959, n. 145. Bronzetto da Montorio Veronese, Vienna, Kunsthist. Museum: E. von Sacken, Die antiken Bronzen des K. K. Münz- und Antiken-Cabinets in Wien, Vienna 1871, p. 49, tav. 20; L. Beschi, Verona romana, Verona 1960, p. 538, fig. 57; id., I bronzetti romani di Montorio Veronese, Venezia 1962, p. 31 ss., fig. 10-12, con bibliografia delle altre repliche. Hermes seduto di Corinto: Corinth, I, II; Cambridge 1941, p. 35 ss.; J. Caskey-H. S. Robinson, Ancient Corinth, A Guide, Atene 1960, p. 22 s.; L. Beschi, op. cit., p. 48 ss., esamina cinque repliche, delle quali fondamentale è quella di Baltimora: D. Kent Hill, Catalogue of Classical Bronze Sculpture in the Walters Art Gallery, Baltimora 1949, n. 35, p. 20, tav. II. Moneta di Gordiano III: F. Gnecchi, Medaglioni romani, Milano 1912, III, p. 89, tav. 104, 5; E. Nash, Pictorial Dict. of Anc. Rome, I, Londra 1961, p. 268, fig. 317.
Bibl.: H. Brunn, Gesch. der Griech. Künstler, Stoccarda 1889, I, p. 603; II, p. 401; J. Overbeck, Schriftquellen, n. 2273-2276; J. Gagé, in Mélanges d'archéologie et d'histoire, XLV, 1928, p. 106; S. Ferri, Il numen Augusti di Avallon e la probabile attività di Zenodoros nelle Gallie, Roma 1933; F. Préchac, in Rev. Ét. Lat., XV, 1937, p. 273; Ph. Pray Baber, Mercurius Arvernus, in Marsyas, IV, 1945-47, p. 19 ss.; M. A. Blanchet, in Bull. de la Societé nation. des Antiquaires de France, 1945-47, p. 159 ss.; S. Ferri, Plinio il Vecchio, Roma 1946, p. 70 s.; W. Müller, in Thieme-Becker, XXXVI, 1947, p. 461, s. v.; Fasti Arch., IV, 1949, n. 4318; G. M. A. Richter, Three Critical Periods in Greek Sculpture, Oxford 1951, p. 41; P. Willeumier, in Encicl. Univ. dell'Arte, V, 1958, p. 617-619, s. v. Gallo romani centri e tradizioni; F. Benoît, Mars et Mercure, Aix en Provence 1959; P. Reuterswärd, Studien zur Polychromie der Plastik, Griechenland u. Rom, Stoccolma 1960, p. 113; A. Frova, L'arte di Roma e del mondo romano, Torino 1961, pp. 218; 494; L. Beschi, I bronzetti romani di Montorio Veronese, Venezia 1962, p. 59.