Zenone di Cizio
Filosofo greco, fondatore della scuola stoica (336-35 a.C - 264-63 a.C). Figlio di un mercante di Cizio (nell’isola di Cipro), esercitò inizialmente la professione paterna; costretto (forse a causa di un naufragio) a fermarsi ad Atene, si avvicinò alla filosofia, divenendo discepolo del cinico Cratete, in cui probabilmente Z. vedeva incarnarsi l’ideale autarchico di vita che gli scritti di Platone e i Memorabili di Senofonte rappresentavano come tipicamente socratico. Successivamente subì l’influsso anche dei megarici Stilpone e Diodoro Crono, e dei platonici Senocrate e Polemone. Intorno al 300 a.C. fondò una sua scuola, che derivò il nome di stoica, o, più semplicemente, di Stoa (lat. Porticus), dalla Στοὰ ποικίλη, il «Portico dipinto» (così chiamato per le pitture di Polignoto che lo adornarono) in cui ebbe sede. Secondo la tradizione – che del resto attribuisce tale scelta a numerosi filosofi stoici – morì di morte volontaria. Suo successore nella direzione della scuola stoica fu Cleante. Difficile è distinguere con precisione le concezioni di Z. nell’ambito di quel complesso dottrinale che fu in gran parte comune a tutto lo stoicismo antico, con cui esse appaiono fuse nella tradizione; questa difficoltà si estende anche alla trattazione più estesa del suo pensiero che ci sia pervenuta, e cioè al cap. 1° del VII libro delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio, dedicato a Zenone. Secondo Diogene (VII, 39), va fatta risalire proprio a Z. la distinzione della filosofia in tre parti: fisica, etica e logica da lui introdotta nel Περὶ λόγου e successivamente accolta dagli stoici successivi. Tratto caratteristico della figura di Z. è l’energia con la quale le originarie dottrine morali del cinismo sono riprese e trasmesse alla tradizione stoica, che in seguito ne attenua gli aspetti più estremi (come l’ἀναίδεια, la proverbiale «svergognatezza» cinica): così, per es., si ritrova in lui la tipica indifferenza cinica per ogni norma etico-giuridica che si discosti dalla semplice e autosufficiente naturalità del vivere (da cui la negazione di ogni autonomia familiare e statale, in nome di un ideale comunistico e cosmopolitico). Accanto a questo motivo di rigorismo etico, Z. manifesta d’altronde un vivo interesse per i problemi gnoseologici, logici e linguistici, in cui si evidenzia anche l’influsso esercitato su lui dai maestri megarici e accademici. Centrale è inoltre l’idea della natura intesa come logos presente sia nell’uomo sia nell’Universo, capace di unificare la fisica e l’etica. Secondo le indicazioni di Diogene Laerzio, Z. compose le seguenti opere, di cui ci restano per lo più pochi frammenti: Πολιτεία («Lo Stato»); Περὶ τοῦ κατὰ φύσιν βίον («Della vita conforme a natura»); Περὶ ὁρμῆς ἢ περὶ ἀνϑρώπον φύσεως («Dell’istinto o della natura umana»); Περὶ παϑῶν («Delle passioni»); Περὶ τοῦ καϑήκοντος («Del dovere»); Περὶ νόμου («Della legge»); Περὶ τῆς ‛Ελληνικῆς παιδείας («Dell’educazione greca»); Περὶ ὄψεως («Della vista»); Περὶ τοῦ ὅλου («Dell’universo»); Περὶ σημείων («Dei segni»); Πυϑαγορικά («Dottrine di Pitagora»); Καϑολικά («Universali»), Περὶ λέξεων («Dei modi stilistici»); Προβλήματα ‛Ομηρικά («Questioni omeriche»); Περὶ ποιητικῆς ἀκροάσεως («Della lettura dei poeti»); Τέχνη («Arte retorica»); Αύσεις («Soluzioni»); ’´Ελεγχοι («Confutazioni»); ’Απομνημονεύματα Κράτητος («Memorie di Cratete»). Non citati da Diogene Laerzio, ma diversamente attestati, sono inoltre: Διατριβαί («Dissertazioni»); Εἰς ‛Ησιόδου Θεογονίαν («Sulla Teogonia di Esiodo»); Περὶ λόγου («Logica»); Περὶ οὐσίας («Dell’essere»); Περὶ φύσεως («Della natura»); Χρεῖαι («Aneddoti morali»).