Zenone di Elea
Zenone di Elea (490 - 425 ca a.C.) filosofo greco. Allievo di Parmenide, è presentato dalla tradizione come difensore delle idee del maestro. La teoria parmenidea dell’immutabilità, unità e indivisibilità dell’essere veniva attaccata in nome del senso comune, che attesta invece la realtà del divenire, della molteplicità e della divisibilità. Zenone si propose di difendere la dottrina del maestro, dimostrando che, se si assumono tesi contrarie a quelle eleatiche, da esse derivano conseguenze ancora più assurde. Sembra che egli abbia ideato quaranta paradossi a sostegno della teoria dell’unità e indivisibilità dell’essere e contro l’ipotesi della pluralità degli enti, e quattro contro il movimento (→ Zenone, paradossi di). Questi paradossi utilizzano una forma di dimostrazione, quella per assurdo, che consiste nell’assumere provvisoriamente un’ipotesi, nello svolgerla logicamente, fino a dedurne una contraddizione, un assurdo appunto. La conclusione, che è necessariamente falsa, prova che la stessa ipotesi iniziale deve essere tale e permette così di stabilire la validità dell’opinione contraria. Per il ricorso a questo tipo di argomentazione, Zenone fu definito inventore della dialettica, intesa come arte della confutazione.
Gli argomenti di Zenone hanno avuto un’importanza fondamentale per il pensiero matematico. La matematica pitagorica aveva rappresentato gli enti come insiemi finiti di punti, finché la scoperta degli irrazionali non aveva mostrato come le grandezze spaziali constassero di un numero infinito di parti. Ciò appariva paradossale perché, come Zenone stesso rilevava, ciò che consta di infinite parti, per quanto piccole, dovrebbe essere illimitatamente grande. Zenone ebbe l’indubbio merito di mettere a nudo con argomenti logici le difficoltà legate al concetto di infinito: sarebbe spettato ai matematici il compito di individuare i metodi per trattare questa dimensione dei loro oggetti senza cadere in contraddizioni. È stato necessario elaborare una teoria quale l’analisi infinitesimale per poter risolvere le contraddizioni legate al problema dell’infinito.