Zhang Binglin
Filosofo cinese (Yuhang 1869 - Suzhou 1936). Educatosi nello studio dei testi della tradizione confuciana, poté in seguito raggiungere una rigorosa formazione filologica, grazie alla guida di Yu Yue (1821-1906), raffinatissimo e rinomato studioso. Visse gli anni più turbolenti e drammatici della dinastia mancese dei Qing (1644-1911), distinguendosi per impegno rivoluzionario e attivismo propagandistico. Dopo il fallimento delle iniziative riformistiche dei Cento giorni nel 1898, Z.B. contribuì, dal Giappone, alla campagna rivoluzionaria contro la dinastia mancese e in opposizione ad alcuni riformisti, quali Kang Youwei (➔) e Liang Qichao (➔). Il suo coinvolgimento nelle vicende politico-sociali dell’epoca fu totale, e in più occasioni venne arrestato e condannato a periodi di vera prigionia. Scrisse molti articoli per vari fogli di lotta politica (Guomin bao, Subao); in Giappone, aderendo al movimento di Sun Yat-sen, divenne il più attivo animatore del «Giornale del popolo» (Minbao), la voce ufficiale e più influente dei rivoluzionari. Contestò con fervore la legittimità della dinastia e quindi del governo mancese, affermando l’idea di una stirpe o di un lignaggio completamente cinese (Hanzu), distinto dagli altri e unito da una storia comune e da uno stesso idioma. Si intende allora l’accorata esortazione di Z.B. allo studio della storia e della lingua, inteso come l’unica via per riaffermare l’«essenza nazionale» (guocui). In questa prospettiva e da sostenitore della Scuola del vecchio testo (Guwenjia), Z.B. vide in Confucio uno storico, più che il fondatore di una religione o il sovrano senza corona, come invece credeva la teoria più diffusa in quell’epoca. Altrettanto deciso fu il suo rifiuto di tutto ciò che giungeva dall’Occidente, e cioè l’idea di un sistema politico di natura parlamentare, la religione cristiana e le differenti concezioni di progresso, essendo tutto ciò utile soltanto a nutrire velleità e inutile, invece, per migliorare la moralità umana.