Zhang Yimou
Regista cinematografico cinese, nato a Xi'an (Shaanxi) il 14 novembre 1951. Ha iniziato la carriera come direttore della fotografia (ha lavorato, tra gli altri, con Chen Kaige) prima di esordire dietro la macchina da presa con Hong gaoliang (1987; Sorgo rosso, tratto dall'omonimo romanzo di Mo Yan), Orso d'oro al Festival di Berlino del 1988. Ha poi ricevuto altri importanti riconoscimenti con Dahong denglong (1991; Lanterne rosse, tratto dal romanzo di Su Tong, Qiqie chengqun), Leone d'argento alla Mostra del cinema di Venezia, Qiu Ju da guansi (1992; La storia di Qiu Ju) e Yi ge dou bu neng shao (1999; Non uno di meno), entrambi vincitori del Leone d'oro a Venezia.
Con Hong gaoliang, opera ambientata negli anni Venti, Z. Y. ha inaugurato una trilogia dedicata alla figura della donna nella Cina feudale, proseguita con Ju Dou (1990) e Dahong denglong. In questi tre film Z. Y. compie i propri esperimenti cromatici e mette a punto uno stile dichiaratamente estetizzante per evidenziare l'angosciante rigidità di un universo chiuso e soffocante alla quale si devono sottomettere le logiche di potere e il rapporto tra i sessi. Qiu Ju da guansi, il suo primo film di ambientazione contemporanea, è incentrato sulla figura di una donna in cerca di giustizia per vendicare un torto subito dal marito. In Huozhe (1994; Vivere!), il regista torna alle forme dell'imponente affresco storico ripercorrendo 50 anni di storia cinese. È stato inoltre autore di Yao a yao yao dao wai pe qiao (1995; La triade di Shanghai) e You huan hao hao shuo (1997; Keep cool), in cui il suo stile viene radicalmente modificato; nel film infatti Z.Y. utilizza la macchina a mano in modo frenetico e nervoso (ricalcando forse in modo eccessivo lo stile più personale di Wong Kar-Wai) per ritrarre una Pechino contemporanea: bar pieni di luci e musica, grattacieli anonimi, telefoni cellulari. Yi ge dou bu neng shao evidenzia una violenta frattura tra l'approccio realistico alla vicenda e il compiaciuto sguardo narcisista del suo autore, segno di una visione che, dietro la consueta accuratezza formale, si ricicla stancamente.
bibliografia
M. Diana, Il cinema di Zhang Yimou, in Segnocinema, 1992, 58, pp. 8-12.
Zhang Yimou, il nuovo volto della Cina, in Cinema sessanta, 1992, 3-4, pp. 27-37.
Zhang Yimou, a cura di F. Merkel, Roma 1994.